Uomo riprenditi in mano il tuo futuro e l’avvenire della Terra. Matteo Tafuro. Nola
Uomo riprenditi in mano il tuo futuro e l’avvenire della Terra
di Matteo Tafuro
I nobili e i borghesi, nei tempi passati, usavano trascorrere parte dell’anno in residenze di campagna, così da poter vivere all’aria aperta e sperimentare un mondo che in città gli era precluso.
Con il trascorrere dei secoli le località montane e il mare hanno rimpiazzato questo modello di villeggiatura e la campagna è finita per diventare un luogo di semplice produzione agricola.
Da non molti anni a questa parte, noi figli sostenibili abbiamo riscoperto la campagna, come lo spazio vivente delle nostre tradizioni per appagare l’incessante desiderio di ritrovare un ambiente più naturale e meno forgiato dall’uomo e dalle sue pretese.
Dopo decenni di immunità è nato il fenomeno dell’agriturismo, che in un’accezione nobile si potrebbe definire come il tentativo di riconnettere i contadini con la gente di città attraverso il fascino di un ambiente mai scomparso.
Le cascine, le masserie, le case coloniche, i poderi, le aziende agricole si sono attrezzate nel migliore dei modi per offrire ospitalità.
Un, seppur breve, soggiorno in una di queste strutture è un’esperienza unica e indimenticabile, che permette di assaggiare cibi genuini e introvabili nei supermercati, offre la possibilità di rilassarsi visitando luoghi suggestivi o semplicemente chiacchierando con chi vi abita. Un’esperienza, questa, davvero esaltante, perché si gode della possibilità di conoscere da vicino quei protagonisti della natura che spesso si vedono solo sulle pagine di un libro o in un cartone animato, come gli animali da cortile.
Ma, di contro, se analizziamo il fenomeno da un punto strettamente turistico/economico salta subito all’occhio la deleteria tendenza ad omologare tali strutture alle nostre vituperate abitudini, così nascono sempre di più luoghi dotati di ogni comfort che sviano dalla diversità che invece dovrebbero farvi incontrare.
Il contadino che c’è in me sa bene che la fatica e il sudore e molto spesso il declino dell’architettura delle strutture sono parte fondamentale della mia amata campagna nolana.
Nietzsche proclamava il ritorno alla terra in opposizione al cielo, che indicava come il luogo dell’ingannevole illusione soprannaturale.
Ma io sono il testimone, vivente e non smentibile, che esso più di altri avvicina l’essere umano al trascendente, anche se non in modo così immediato.
Ricordo ancora con passione, quando ho percorso con i miei compagni la campagna pugliese in piena estate, mi trovavo su una strada sterrata in aperta campagna, camminavo tra campi di grano e lunghi filari di vigneti e ne ricevevo forti sensazioni ed emozioni ma, di per sé, nulla di più.
Dopo ore di cammino mi sono accorto di non aver ancora alzato o abbassato lo sguardo sulle spighe bionde e rigonfie o sugli accennati grappoli di uva, i miei pensieri avevano preso il sopravvento e continuato il loro corso e così mi sono trascinato dietro il mio vissuto quotidiano, fatto di treni soppressi, in ritardo e in avaria.
Non è facile staccare la spina e immergersi nella realtà altra che sto attraversando.
So perfettamente cosa fare, ho bisogno di rieducarmi alla bellezza della campagna, non viverla soltanto come luogo estetico o il posto delle agognate grandi abbuffate debitamente innaffiate, occorre rallentare sempre di più.
E’ vero siete in continua lotta con il tempo ed escogitate mille astuzie tecnologiche per governarlo e piegarlo alle vostre esigenze.
Comprate i macchinoni per giungere alla meta sognata nel più breve lasso di tempo e per fare più in fretta non vi incontrate più di persona, ma vi mandate messaggi. Bla bla bla, sono tutti sedativi, il tempo il vostro tempo non si cura di voi prosegue e si consuma.
L’industrializzazione dell’agricoltura ha provato, forse riuscendoci, ad imprimere alla terra i propri ritmi.
La tentazione di far timbrare il cartellino a vacche e peperoni è dietro l’angolo, sapete bene che è una tentazione che alla lunga non premia.
Non temete non sono ne un ingenuo, ne un naturista… mi vergogno in tenuta adamitica… è sensato pensare che per il turista/ cittadino che si accosta alla campagna, è indispensabile imparare che è questo il luogo dove si riscoprono tempi che si credevano smarriti: tempo per respirare, tempo per ascoltare.
Tra i miei ricordi ci sono gli alberi di albicocche che zio Felice a Cicala aveva nel suo podere. Ai miei occhi sembrava non finire mai il tempo del raccolto e i suoi frutti gialli, enormi e dolcissimi, cascavano a terra come doni del cielo.
Gli alberi possiamo anche dire che, in un certo qual modo, rimandano a Dio.
Voglio vivere la mia campagna, trovarvi ristoro per il corpo, rimedio allo stress e godere dei grandi spazi aperti, del tempo a misura d’uomo, degli alberi e degli animali. I fiori di campo mi restituiscono la libertà delle cose del mondo e la saggezza che sa distinguere le cose che contano da quelle che passano.
Nola, 16 dicembre 2024