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Silvio Orlando professore sognatore nella commedia “La Scuola”.

di Domenico De Gregorio

A Vent’anni di distanza dall’uscita dell’omonimo film che riscosse un grande successo di critica ed incassi, l’attore Silvio Orlando ha voluto riprovare quell’esperienza indimenticabile questa volta portando il testo in teatro con la regia dello stesso Lucchetti e un cast che non sbaglia un tempo comico. Sul palcoscenico del teatro Diana di Napoli “La scuola” riapre le sue porte ad un pubblico entusiasta, le tinte fosche e dolorose che in alcuni momenti animavano il film lasciano il campo a una leggerezza che però non nasconde la centralità dei temi in discussione. Silvio Orlando, interpreta il ruolo del prof. Cozzolino, circondato da colleghi invidiosi, furbi, incapaci di porsi in ascolto degli adolescenti coi quali hanno a che fare. Ogni personaggio ha una propria e ben definita personalità, c’è l’ingegnere odioso (Antonio Petrocelli) però amato dal preside, doppio lavoro e flirt facile nei confronti di colleghe e alunne; l’insegnante di religione (Vittorio Ciorcalo) il cui cattivo odore non nasconde una morale tutt’altro che evangelica; il professore di francese (interpretato da un agguerrito e instancabile Roberto Nobile) ossessionato dal desiderio di vedere i propri alunni zappare la terra al motto di “la cultura e lo studio non sono per tutti”, che arriva sfinito e devastato pregando i colleghi: “almeno uno fatemelo bocciare”; o ancora la professoressa di Storia dell’Arte (Maria Laura Rondanini) anch’essa innamorata più del proprio ego che del futuro dei ragazzi. Unica figura vicina a quella di Cozzolino è l’insegnante di ragioneria interpretata da Marina Massironi, personalità nevrotica ma altruista e appassionata del proprio lavoro. Una scuola piena di difficoltà, specchio dei nostri tempi, sulla quale vigila un distratto ed ignorante preside interpretato da Roberto Citran. Lo spettacolo, forte di una linearità drammaturgica e cronologica unitarie, è dunque la fotografia nitida della nostra società dove si scontrano non solo due modi di intendere l’istruzione, ma anche due mondi etici e politici differenti, e la palestra, dove si dipana tutta la storia, è metaforicamente il campo di battaglia dove tutti lottano contro tutti. Nonostante siano passati vent’anni dalla stesura di questo testo, il lavoro teatrale appare quanto mai fresco ed attuale, nulla sembra essere cambiato con il passare degli anni, cambiano i governi ed i colori ma i problemi restano. Ed anche l’uomo che osserva l’evoluzione del sistema sociale, ormai globalizzato, sembra essere sempre più impotente ed incapace di affermare con forza e determinazione le proprie idee, lasciandosi assuefare dal veleno chiamato rinuncia. Cala il sipario ed il pubblico applaude davanti ad attori impeccabili.

Napoli, 19 marzo 2015