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Robot e IA
di Giulia Di Nola

Un robot sociale, autonomo o semi-autonomo, è capace di relazionarsi con gli esseri umani seguendo regole sociali legate al contesto d’appartenenza e dovrebbe facilitare, soprattutto, la vita domestica e familiare consentendo, ai vari dispositivi esistenti in casa, di interagire tra loro.

L’obbiettivo, però, della scienza robotica è quello di ridurre, sempre più, le distanze tra mondo umano e macchine, rendendo così la tecnologia non uno strumento ma una sorta di alter ego dell’intelligenza naturale.

Il robot sociale, umanizzato nell’aspetto, può essere addirittura considerato un membro della famiglia tant’è che ricorda date e scadenze, sa filmare e fotografare anche momenti di festa e racconta favole ai nostri figli.

E dunque, più essi ci somigliano, più diminuisce il disagio da contatto nonché il distacco tra il nostro mondo e quello dell’intelligenza artificiale.

Ci sono, poi, quelli che hanno poco di umano e che, tuttavia, suscitano interesse e simpatia. Alcuni di questi sono già in vendita o inseriti nel mondo del lavoro.

Pepper, per esempio, è attivo in oltre 500 aziende tra le quali la Nestlè e la banca Muzuho.

Anche Romeo ha ottenuto il suo successo, progettato per l’assistenza ai disabili e agli anziani: il robot è stato capace di affrontare situazioni molto delicate e complesse.

Dal Politecnico di Milano nasce Ele, creato dal Dr. Gelsomini, un elefantino robot utilizzato per agevolare la didattica dei bambini autistici affinché l’informatica venga resa disponibile e facilmente accessibile negli ospedali, nelle scuole e nei reparti di psicoterapia.

In un prossimo futuro, insomma, i robot saranno parte integrante della vita umana anche perché l’automazione dei processi e delle attività è in crescita e in continuo perfezionamento.

Beh, i robot sanno in parte “pensare”, ma non sanno amare. E se poi iniziassero a odiarci?

Napoli, 30 agosto 2017