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Risveglia la tua anima contro la rottamazione della vita
di Martino Ariano

 

 

indexE’ da un po’ di giorni che mi trovo a riflettere sulla mia relazione con i poveri e la povertà.

La cosa più evidente che trovo quando ne incontro uno: la puzza.

La cultura mercificata, nella quale vivo, ci ha obbligati ad azzerare l’odore dei nostri corpi.

In effetti solo i poveri puzzano ancora. Ma che c’azzeccano i poveri con questa terra?

Ci sono innumerevoli teorie sull’esistenza della povertà. Dotti scienziati ci propinano la tesi che la povertà è funzionale all’esistenza e al rafforzamento di un clima di solidarietà.

Giuro, non mi sono innervosito subito! Sicuramente, le cause della povertà sono diverse e innumerevoli, quando si affronta il discorso, comincia a ramificarsi in tantissime direzioni senza che un aspetto prevalga sugli altri.

Mi viene in mente l’incontro del lebbroso con San Francesco. In questa sede non è importante sapere come si conclude la storia: mi interessa il fatto che il lebbroso puzzava, in primo luogo per la putrefazione della sua carne, poi perché soffriva una condizione di povertà, viveva ai margini della società e non aveva acqua a disposizione per lavarsi.

Ecco che cosa fanno i poveri, spesso: puzzano! Mi sono convinto che per capirli, questi poveri, devo imparare ad annusarli.

Per preparare il mio olfatto, la prima lezione che imparo è che c’è un’immensa distanza tra quanto accade nel mondo circostante e il radicale deforestamento degli ideali di buona parte delle persone che mi circondano.

Il relativismo culturale delle coscienze e degli ideali, fa si che tutti i nostri punti fermi siano declinati al plurale. Anche nel campo della religiosità delle nostre radici, è in gran voga il fenomeno della diodiversità, non c’è più distinzione fra cattolici, musulmani, buddisti ecc. ecc..

L’intero gregge vaga, tutti sono diventati volubili, individualisti, disponibili a contaminazioni e ipersensibili a fenomeni di leaderanza carismatica.

Eh già! il nostro Dio è troppo un affare di famiglia per liberarsene, è troppo intrecciato con le vicende personali per poterne fare a meno nei momenti decisivi dell’esistenza.

Ma, tornando al tema, qual è il mio rapporto con le puzze?

Credo che tutti noi ne siamo terrorizzati: chi emana cattivo odore viene allontanato perché, animalesco, marginale. Illuminante è la scena che si svolge sul treno, ogni mattina, stazione della Circumvesuviana di Botteghelle. Un quarto alle otto, una famiglia di zingari sale per andare a Napoli, il treno dei pendolari è super affollato, non c’è spazio neppure per un bambino, all’improvviso si crea uno spazio grande quanto piazza del Plebiscito.

Alla fine loro, i puzzoni, sono quelli che godono di più spazio. Ma noi siamo perfetti, infatti proprio per scongiurare ogni possibilità di puzza abbiamo creato vaste gamme di prodotti per annullarla.1

Se dobbiamo uscire per una festa o per andare al lavoro trascorriamo ore in bagno a deodorarci. Certo, l’atto del profumarsi fa parte della storia millenaria delle civiltà progredite. Sin dall’antichità esprime la cura di sé, ma al tempo stesso nasce dalla paura di emanare odori sgradevoli e dell’immagine che questi trasmetterebbero di noi.

Il rapporto di corrispondenza allora non fallisce le sue premesse: chi incontra i poveri e chi vive accanto a loro si deve confrontare con le puzze e con la paura che ne ha.

Eccoli! i portatori di puzza in bella mostra. Sono una quarantina di extracomunitari, accomunati da uno stato di indigenza ed emarginazione. C’erano, una donna zingara che dava da mangiare al suo bambino – nato a Padova e per questo chiamato Antonio, marocchini che discutevano animatamente a piedi nudi, donne polacche che fumavano, rumeni reduci dal lavoro in una fattoria agricola, due donne nigeriane che, si capiva, avevano passato tutta la notte fuori.

4Persone, individui, gente che, per condizione sociale, e per ragioni culturali, non potevano eliminare o nascondere le proprie puzze. Sono giunto alla conclusione che tutta l’umanità puzza!

Quindi, partendo da una situazione particolare come quella della povertà, lancio il manifesto della liberazione dalla tragica epoca dell’aggiornamento, dove cose e persone hanno i mesi contati in una spietata rottamazione nel nome della cosa nuova che provocherà meraviglia e stupore senza però avere un’anima.

Madrid, 21 novembre 2022