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Primo Levi: Se questo è un uomo

di Stefania Di Martino

“Se questo è un uomo”, romanzo dell’autore novecentesco Primo Levi, è una delle tante testimonianze di tutto il male subito dagli ebrei nei campi di concentramento.

È una sorta di diario autobiografico in cui Levi annota la vita nel campo da lui vissuta, a partire dalla sua deportazione – avvenuta nel 1943 – fino all’arrivo dei Russi nel campo.

L’autore si spinge a descrivere dettagliatamente e brutalmente tutte le tragiche realtà di quella vita condotta per due anni nel campo di lavoro di Monowitz.

Levi descrive dettagliatamente il trasporto – insieme ad altri italiani – nei vagoni stretti e malsani.

Oltre a ciò, l’autore descrive in modo dettagliato il trasporto in quei vagole sue sensazioni, le sue emozioni e soprattutto i suoi pensieri.

Una volta arrivato al campo dopo 5 giorni di viaggio estenuante, Primo è soggetto a controlli medici affinché si potesse accertare la sua disponibilitá al lavoro, successivamente viene privato dei suoi abiti, rasato molto velocemente e fornito di una “tuta” a righe sporca, perché giá utilizzata da altri detenuti.

Levi e gli altri detenuti arrivati con lui si ritrovano nudi, sconsolati, frustrati in attesa di doversi lavare.

Arriva il momento dell’incontro con le SS, l’autore non comprende molto il tedesco per questo si fa aiutare da un polacco che parla italiano, ma che capisce il tedesco.

Presto Levi apprende che l’unica soluzione per sopravvivere in quel orrido campo è quello di pensare a se stesso e non avere compassione per gli altri, trasformarsi qausi in una bestia e perdere tutta l’umanitá per i propri interessi.

In effetti è proprio l’atteggiamento che Levi assume ragion per cui il titolo scelto è proprio “Se questo è un uomo” in quanto tutte queste barbarie hanno quasi costretto gli uomini a comportarsi come bestie senza sentimenti e sensi di colpa.

Sta di fatto che l’autore riesce a sopravvivere nonostante la sua grossa ferita al piede – aggravata dal duro lavoro – nonostante la fame – soddisfatta solo da una “brodaglia liquida”, cosí chiamata dallo scrittore stesso – e alle cattiverie e ingiustizie subite da parte dei tedeschi.

La parte finale del romanzo è veramente molto commovente, in quanto all’arrivo dei Russi le speranze dei poveri detenuti cominciano a riprendere vita ed è stato proprio in quel momento che Levi ha sentito e notato nell’aria un barlume di umanità in quelle disgraziate anime diventate per un attimo animali selvatici.

Napoli, 31 gennaio 2019