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La ruota degli esposti dell’Annunziata
di Stefania Di Martino

L’ospizio degli orfanelli nasce nel 1300, a Napoli, per assistere e curare i bambini abbandonati, introdotti nella ruota e accolti dalle religiose.

Nella ruota venivamo messi dei cuscini, a mo’ di culla, dove il bambino si adagiava e, accanto ad essa, vi era una buca dove si lasciavano le offerte per sostenere chi si prendeva cura dei neonati, dei segni distintivi (una medaglietta) per un eventuale riconoscimento o dei sacchetti di stoffa contenenti le reliquie dei santi a cui i bambini venivano affidati quando non si intendeva riconoscerli.

Antonio Ranieri (scrittore napoletano e intimo amico del poeta Giacomo Leopardi) con “Ginevra o l’Orfana della Nunziata” volle denunciare le condizioni penose e la sorte dei trovatelli. La prima pubblicazione del manoscritto, avvenuta il 1839, subì delle censure, probabilmente perché metteva in cattiva luce il mondo ecclesiastico, e comportò l’arresto per quarantacinque giorni dell’autore.

“La mia prima memoria è l’aver rotto la tenera fronte allo spigolo d’una tavola di marmo, ch’era nel mezzo d’un lugubre corridoio della Casa della Nunziata. Questo mi avvenne per un calcio che mi scagliò una di quelle furie che quivi si chiamano nutrici, della quale mi si è dileguata ogni sembianza. Questa memoria è come un lampo, che mi traluce talvolta alla fantasia e sparisce. Poi tutto è buio: e solo mi sovviene ch’io piangeva molto, abbandonata quasi ignuda sul freddo pavimento, ch’io bagnava delle mie lacrime: ma le cause del mio dolore mi sono fuggite.” ricorda Ginevra pensando alla sua infanzia.

Nell’opera l’ospizio della Nunziata viene descritto come tenebroso e destinato più alle bestie che alle circa tremila creature umane che venivano abbandonate ogni anno. “Quivi, sopra molti rozzi scanni che l’ingombravano, erano assai bambini di ambo i sessi, in varie positure, e tutte penosissime. Alcuni avevano le mani e i piedi così stretti e chiusi nelle fasce, che il sangue, come poscia ho capito, più non circolando, rigurgitava alla testa. Però mostravano il viso tutto livido ed annerito, ed erano prossimi a rendere lo spirito. Altri erano sciolti e scalzi; anzi tanto sciolti, e tanto scalzi, che nel cuore dell’inverno altro non avevano indosso che una sorta di grembiule, dal quale parevano ma non erano coperti” spiega Ginevra.

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I maschi quando raggiungevano i sette anni venivano trasferiti al grande albergo dei poveri dove ricevevano l’istruzione necessaria per svolgere la professione di operaio.

“Ma delle femmine si fa migliore governo.” afferma Ginevra. “Queste, se non s’imbattono in alcuna stregona che le conduca a rendere lo spirito altrove, pervenute ai sette anni, sono condotte, come tante anime semplicette, innanzi al supremo moderatore dell’ospizio […] il quale, consideratele un istante, le manda a libito, e senza che nessuno abbia potuto peccare più o meno d’un’altra, chi nel primo ordine delle smisurate sale fra le elette, che per instituto non possono oltrepassare le cento, e chi nei covili fra le reprobe, che non sono mai più di dugento cinquanta.”

I “figli dell’anima” venivano abbandonati per nascondere il frutto della colpa, a causa della crisi economica o semplicemente perché indesiderati.

“O Dio pietoso se nella tua ineffabile bontà hai impresso nel cuore di ogni animale un istinto d’amore per il suo simile, come puoi consentire che la creatura umana odii tanto la creatura umana?” chiede amareggiata Ginevra.

In attesa di una risposta ci si è aggrappati alla leggenda popolare della Madonna delle scarpette – la Madonna Annunziata – secondo cui la mamma di tutte le mamme durante la notte percorreva i lunghi e tetri corridoi del ricovero per sfamare e coccolare i piccoli trovatelli, ritrovandosi così con le scarpette consumate.

Da qui nacque l’usanza di sostituire le scarpette alla Madonna il 25 marzo, festa dell’Annunciazione della nascita di Cristo.

La Ruota degli esposti è aperta al pubblico dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 18.00 ed è accessibile da Via dell’Annunziata 34 e da Via Egiziaca a Forcella 18 Napoli.

Napoli, 19 marzo 2018