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Home Economia Interrogazione M5S: centri di compostaggio, che fine hanno fatto in Campania?

Centri di compostaggio
fiato sul collo del M5S < Che fine hanno fatto in Campania?>

Depositata al Senato una nuova interrogazione del M5S, questa volta i parlamentari, puntano ad ottenere un quadro preciso sulla situazione dei Centri di Compostaggio nella Regione Campania.

La frazione umida dei rifiuti urbani rappresenta ben il 30% del totale dei rifiuti da trattare << i cittadini vogliono sapere se gli impianti previsti dai piani della Regione Campania, siano stati realizzati e anche quanto ci sono costati>> dichiarano le senatrici della commissione ambiente del Senato, Vilma Moronese e Paola Nugnes, che hanno depositato in questi giorni, l’interrogazione indirizzata al Ministro dell’ambiente e al Ministro dello sviluppo.

IMPIANTI DA TEMINARE << Nelle linee di Piano 2010-2013 per la gestione dei rifiuti urbani della Regione Campania, erano previsti in totale 11 siti di compostaggio, dislocati in tutte e 5 le province, per la provincia di Caserta è divenuto ormai famoso quello di San Tammaro, che dopo essere stato completato in parte, e finanziato più volte è stato utilizzato unicamente come sito di stoccaggio per le ecoballe, e non ha mai visto nemmeno un sacchetto di umido da trasformare in compost >> dichiarano le senatrici Moronese e Nugnes

TIMORE NUOVA EMERGENZA << temiamo che possa riesplodere nuovamente una questione rifiuti nella nostra regione, infatti abbiamo potuto vedere quanto sia particolarmente favorevole il Governo Renzi, alla nomina dei commissari>> prosegue Nugnes << ma noi del M5S, siamo assolutamente contrari a questa logica che non ha mai portato a nessun risultato positivo>>

NO INCENERITORI << l’Italia è sotto infrazione europea proprio per i rifiuti in Campania, l’UE ci chiede 250,000€ per ogni giorno di mancato adeguamento alle direttivie europee, questo Governo risponde imponendo per decreto nuovi impianti di incenerimento in tutto il paese>> continua Moronese <> conclude Nugnes << infatti le ultime direttive europee, ci chiedono esplicitamente di non utilizzare l’incenerimento dei rifiuti, sono gli impianti di compostaggio le opere da realizzare che vuole l’Europa e guarda caso sono proprio gli impianti che ancora non abbiamo>>

Roma, 14 ottobre 2014

 

Interrogazione MoVimento 5 Stelle
Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01282

Atto n. 3-01282 (in Commissione)

Pubblicato il 9 ottobre 2014, nella seduta n. 328

MORONESE , NUGNES , PUGLIA , CIOFFI , MARTELLI , DONNO , FUCKSIA , CASTALDI , CAPPELLETTI , BERTOROTTA , LEZZI , GIROTTO , SANTANGELO , PAGLINI , SERRA , VACCIANO , MANGILI , BUCCARELLA , TAVERNA , BOTTICI , SCIBONA , MONTEVECCHI , SIMEONI , BLUNDO

– Ai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. -

Premesso che:

sono trascorsi venti anni dal 1994, anno in cui attraverso apposito decreto emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, Carlo Azeglio Ciampi, fu dichiarato lo stato di emergenza relativo allo smaltimento ordinario dei rifiuti solidi urbani in Campania, a seguito della grave situazione ambientale che si era venuta a creare in varie località campane per effetto dell’anomala saturazione di gran parte degli impianti e discariche presenti sul territorio regionale;

con lo stesso decreto fu istituito anche il commissariato di Governo per la gestione di tale emergenza, individuando nel prefetto di Napoli l’organo cui affidare i cosiddetti poteri commissariali straordinari con i quali sostituire gli enti locali nella gestione dei rifiuti;

a fronte di una durata che doveva essere di pochi mesi, lo stato di emergenza è passato attraverso un numero imprecisato di proroghe e di commissari che si sono alternati in una gestione catastrofica dei rifiuti in Campania, per chiudersi ben quindici anni dopo con un apposito decreto-legge che sanciva la fine dell’emergenza e del relativo commissariamento in data 31 dicembre del 2009 (decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010);

a parere degli interroganti il saldo palesemente negativo tra fondi impiegati in epoca commissariale e risultati ottenuti nella gestione della fase emergenziale, al netto di alcune rare eccezioni, ha evidenziato l’incapacità dei vari organi politici e istituzionali, sia locali che centrali, nel gestire la crisi dei rifiuti in Campania, che per tanti anni è stata al centro dell’attività amministrativa nelle sue varie articolazioni;

è noto a tutti ormai che prima e, cosa più grave, durante il periodo emergenziale, come testimoniato da diversi riscontri giudiziari relativi ad inchieste tuttora in corso, si è consumato un vero e proprio attentato all’ambiente e alla salute pubblica attraverso il sotterramento di milioni di tonnellate di rifiuti tossici industriali provenienti da ogni angolo d’Italia e d’Europa, i quali grazie al meccanismo criminale del cosiddetto “giro di bolla” per anni hanno viaggiato mischiati ai rifiuti solidi urbani per finire poi nelle profondità di cave e discariche campane, autorizzate e non, compromettendo seriamente terreni e acque fondamentali per l’economia di un territorio che ha fatto e fa ancora oggi dell’agricoltura il principale settore trainante regionale;

il protrarsi della gestione emergenziale e del fenomeno dei traffici illeciti e con essa il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dalle norme sia nazionali che europee in termini di gestione dei rifiuti, oltre al gravissimo prezzo che i cittadini campani hanno dovuto pagare in termini di ricadute sulla salute, ha determinato e causato una lunga serie di procedure di infrazione europee e altrettante sanzioni milionarie che hanno contribuito solo a peggiorare una situazione già di per sé critica come quella della gestione rifiuti in Campania;

attualmente manca sul territorio campano quell’adeguata rete di infrastrutture dedicata al trattamento delle varie frazioni di rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata, inserita nella direttiva europea 2008/98/CE e recepita con il decreto legislativo n. 205 del 2010, la quale stabilisce che i rifiuti siano recuperati e smaltiti, senza compromettere la salute umana, vietandone l’abbandono o lo smaltimento incontrollato e stabilendo un’adeguata e strutturata rete di installazioni impiantistiche che assicurino l’efficienza dell’intero ciclo di gestione;

nell’ambito della carenza impiantistica suddetta (impianti di riciclo dei materiali), una delle criticità più gravi, a parere degli interroganti, è sicuramente quella relativa alla mancanza di impianti di compostaggio destinati al trattamento della frazione umida che rappresenta oltre il 30 per cento dei rifiuti solidi urbani, che i comuni campani sono costretti a inviare per lo più fuori regione con costi molto elevati che si ripercuotono sui cittadini in forma di tasse sempre più elevate;

considerato che:

la risoluzione delle criticità richiamate che in questi anni non hanno consentito di realizzare un cosiddetto ciclo virtuoso di gestione dei rifiuti, negli ultimi mesi non ha incontrato neanche il favore dei Governi sia regionale che nazionale, palesemente orientati verso politiche obsolete come quella basata sull’incenerimento dei rifiuti tal quale, che oltre a rappresentare un vero e proprio freno al miglioramento degli obiettivi di raccolta differenziata, che la nostra stessa normativa ci impone (legge n. 123 del 2008 e decreto legislativo n. 152 del 2006), è in antitesi con le norme europee che sono orientate verso l’abbandono di tale soluzione (come risulta dall’ultima proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio COM (2014)397 DEF. del 2 luglio 2014) per il trattamento dei rifiuti, nel rispetto delle politiche di riduzione e riciclaggio che hanno importanza sempre maggiore, e nel rispetto degli impegni internazionali in termini di riduzione delle emissioni inquinanti;

il Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani (PRGRU) della Campania, approvato nel 2012, pur perseguendo il miglioramento degli obiettivi di raccolta differenziata e nel complesso di riduzione dei rifiuti in ottemperanza alle normative richiamate, sconta il fatto che, come per gli iter avviati nei mesi scorsi per la realizzazione di nuove discariche nel napoletano e di 2 nuovi inceneritori a Giugliano (Napoli) in Campania e in provincia di Salerno, nessuna misura concreta risulta adottata per potenziare la rete di trattamento della frazione organica la quale attualmente finisce solo in minima parte in alcuni impianti prevalentemente di tipo anaerobico dislocati sul territorio regionale, creando, tra l’altro, non pochi disagi alle popolazioni che abitano in quelle zone costrette spesso a subire gli effetti di trattamenti realizzati non a perfetta regola d’arte;

la rete per il trattamento della frazione organica, secondo quanto riportato nelle Linee di Piano 2010-2013 per la gestione dei rifiuti urbani in Campania, si componeva tra impianti realizzati e in corso di realizzazione e/o ampliamento di ben 11 siti così dislocati tra le 5 province campane: Teora (Avellino), Molinara (Benevento), San Tammaro (Caserta), Pomigliano D’Arco (Napoli), Napoli, Caivano (Napoli), Giffoni Valle Piana (Salerno), Vallo della Lucania (Salerno), Eboli (Salerno), Polla (Salerno) e Salerno;

la capacità complessiva di trattamento definita “attuale” all’epoca era di circa 250.000 tonnellate l’anno con un deficit nei confronti della produzione di rifiuti organici stimata a tutto il 2013 in circa 460.000 tonnellate l’anno di circa 210.000 tonnellate l’anno, da coprire evidentemente con l’ampliamento della capacità impiantistica;

alcuni degli impianti destinati al trattamento della frazione organica e già realizzati in passato, come accaduto per quello presente nel Comune di San Tammaro (Caserta), nel corso del periodo emergenziale sono stati addirittura utilizzati per lo stoccaggio di balle e/o addirittura di rifiuti tal quale, decisione che oltre a determinarne il sequestro e la conseguente inattività non ha fatto altro che peggiorare la già grave situazione;

al momento la maggior parte di questi impianti, quando non presenti solo sulla carta, risultano in totale stato di abbandono, come nel caso del sito di San Tammaro, e ciò rischia di compromettere ulteriormente la gestione dei rifiuti su questo fronte;

il carico inquinante palesemente non più sostenibile che ad oggi sono costretti a subire i cittadini campani, e in particolar modo quelli che abitano nell’area compresa tra le province di Napoli e Caserta meglio nota alle cronache come “Terra dei Fuochi”, impone, a giudizio degli interroganti, l’abbandono di qualsiasi soluzione che in qualche modo possa aggravare oltre modo tale carico,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo, ciascuno secondo la propria area di competenza, siano a conoscenza della grave criticità descritta che, a fronte dell’apparente tranquillità sul piano della gestione dei rifiuti in Campania, rappresenta un forte elemento di debolezza capace di far riesplodere da un momento all’altro la crisi;

se intendano, nei limiti delle proprie attribuzioni, attivare una collaborazione con gli enti locali preposti volta a definire un quadro chiaro ed esaustivo delle infrastrutture attualmente presenti in Campania per il trattamento dei rifiuti organici, ma anche di altre categorie merceologiche al fine di chiarire quale sia l’attuale rapporto tra infrastrutture esistenti e fabbisogno impiantistico “sostenibile” per coprire il deficit;

quale sia l’attuale stato di funzionamento di tutti gli impianti di trattamento della frazione umida dei rifiuti urbani indicati ed inseriti nelle linee di Piano 2010-2013 per la gestione dei rifiuti urbani della Regione Campania, incluse le loro capacità lavorative in termini di tonnellate al giorno;

se risulti a quanto ammonti il costo di realizzazione e di funzionamento dalla progettazione alla messa in opera ed i costi relativi di mantenimento per ogni impianto di trattamento della frazione umida in Campania, operante e non, considerando anche gli impianti non ancora partiti e le relative date di previsione di messa in funzione degli stessi;

se intendano adoperarsi, nei limiti delle proprie prerogative, per accelerare la messa in funzione di impianti non ancora partiti, ma previsti e se intendano favorirne la costruzione di nuovi;

quale risulti essere, in via definitiva, il totale degli impianti attivi e se questi siano giudicati sufficienti per la gestione rifiuti in Campania, secondo quanto previsto dalla normativa nazionale e comunitaria;

se intendano, nell’ambito delle proprie competenze, attivarsi affinché le strategie del Governo Renzi e degli enti locali preposti risultino aderenti al cosiddetto Principio dell’azione ambientale, secondo il quale la tutela ambientale e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante un’adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio “chi inquina paga” che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato istitutivo dell’Unione europea, regola la politica della Comunità in materia ambientale.