dome 8 SETTEMBRE 2024 ore 00.56
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Lipografting della mente

di Giulia Di Nola

Sopportiamo il peso di ingenti sacrifici economici, rinunciamo all’unicità e irripetibilità poetica e metafisica dei nostri corpi sottoponendoci alle più atroci e storpianti operazioni di chirurgia plastica per rassomigliare a questa o a quella star, per avere labbra sensuali, sguardi accattivanti e senza tempo.

Oggi, insomma, il settore medico in questione, soddisfacendo le esigenze estetiche di ricchi e meno ricchi, non conosce crisi e, in questi ultimi anni, i numeri lo hanno dimostrato crescendo in modo esponenziale. Grazie anche alla rimozione di canoni deontologici, i camici bianchi, italiani e soprattutto internazionali, reclutano sempre più adepti.

Armati di bisturi e manipolando cospicue quantità di acido ialuronico, silicone e botulino – come fossero plastilina – essi danno vita a sconclusionate mostruosità, decisamente capolavori grafici dal sapore melanconico, crepuscolare. In India, in Tunisia come nei Paesi dell’Est, tutto ciò è possibile a costi ridotti e in strutture ospedaliere dove le misure igienico-sanitarie e il supporto psicologico per i pazienti sono inesistenti.

La società delle immagini, la ferocia di internet e i suoi poteri ammaliatori, la violenza con cui le notizie e i messaggi ci raggiungono, la mancanza di regole e regolamentazioni, la scarsa moralità ed eticità umane, ci hanno condotti fin qui, lungo i confini della superficialità e della follia lasciando alla clonazione fisica e all’omologazione psichico-ideativa l’insulsa e ultima parola.

Il nostro “io” sempre più spersonalizzato, frammentario, sezionato e maculato dai vari loghi pubblicitari, mostra cenni di cedimento, un “io” decurtato del suo già precario equilibrio, specie negli adolescenti, un “io” debole, narcisista, innamorato di un ideale di perfezione che nella vita reale non trova riscontro alcuno.

Siamo alla ricerca di un “bello” da copertina e di alienarci in altro da noi, identificarci in modelli evanescenti, irraggiungibili e aleatori; sembra essere il modo e il meccanismo migliore per dare un senso alle nostre piatte e noiose esistenze. Ma, una volta, il bello e il vero coincidevano ed erano canoni di un vissuto tutto interiore. U. Eco, per l’appunto e invitandoci a essere sempre noi stessi, a essere autentici, parlava di internet come di un grosso calderone di pensieri e di idee, ove tutti, liberamente, potevano e purtroppo possono ancora, dire la propria a patto che tutti dicano scioccamente il medesimo, nel medesimo modo. Incisivo, intenso, veritiero!

Vorrei concludere questo breve articolo con una frase d’un filosofo contemporaneo Oswald Spengler che ne “Il tramonto dell’Occidente”, scrive:

“Un tempo non era permesso a nessuno di pensare liberamente. Ora sarebbe permesso, ma nessuno ne è più capace. Ora la gente vuole pensare ciò che si suppone debba pensare. E questo lo considera libertà.”

Napoli, 12 maggio 2017