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La Quaresima. Cos’è.

di Manlio Maglio

Quando si prova a parlare con qualcuno di Quaresima, in genere ci si sente rispondere: “Ah, sì. Che il Venerdì non si mangia carne”. Una risposta che dimostra come la maggior parte della gente sa ben poco del senso liturgico di questo Tempo.
Vediamo di capirci un po’ di più. La Quaresima, per il suo alto valore spirituale, è considerata dalla Chiesa uno dei “Tempi forti” dell’Anno Liturgico. Infatti, attraverso l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, la partecipazione alle Sacre Liturgie, le opere di penitenza e di purificazione, il cristiano si riappropria pienamente della sua dimensione spirituale e si prepara all’incontro con Cristo, nella gioia della Pasqua di Risurrezione.
Questo cammino di conversione che dura quaranta giorni, tolte le domeniche, perciò viene detto “quadragesimale sacramentum”, segno dei quaranta giorni – comincia il giorno dopo il “martedì grasso”, nel giorno detto “mercoledì delle ceneri”, per il rito dell’imposizione delle ceneri (“Ricordati che sei cenere e che in cenere ritornerai”) e si conclude con il Triduo Pasquale : Giovedì Santo (in Coena Domini = ricordo dell’Ultima Cena), Venerdì Santo (in Passione Domini = La passione, crocifissione, morte e sepoltura di Gesù) e Sabato Santo.
In questo tempo, che ha origini bibliche, la Chiesa si prepara un “deserto” affinchè Dio la metta alla prova costringendola a fare delle scelte fondamentali. Per questo scopo essa si avvale di due grandi mezzi: il digiuno e la Parola di Dio. In questo “deserto” penitenziale agisce lo Spirito del Signore che parlando all’uomo lo aiuta a spogliarsi del proprio egoismo, a vincere le sfrenate passioni, a comprendere il senso delle parole di Gesù: «La vita di un uomo non dipende dai suoi beni» (Le 12, 15). Ecco dunque la necessità di privarsi di tutto ciò che, essendo inutile, rischia di appesantirci ed intralciare il nostro cammino verso Dio e il prossimo.
Nel tempo quaresimale infatti la Chiesa esorta i fedeli a praticare il digiuno. Per comprenderne le ragioni può essere ben opportuno leggere il Vangelo di Matteo: “Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Questo è dunque l’insegnamento del Signore: il vero digiuno è fare la volontà del Padre. Gesù lo spiega ai discepoli anche nel giorno del suo incontro con la samaritana al pozzo di Giacobbe: “Io ho un cibo che voi non conoscete … Il mio cibo è fare la volontà di Dio che mi ha mandato a compiere la sua volontà fino in fondo”.
Come ricordiamo, la colpa d’origine fu la disobbedienza di Adamo che volle mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male, ebbene il cristiano, praticando il digiuno, compie un atto di umiltà e di fiducia in Dio, affidandosi alla sua misericordia e provvidenza. E’ proprio grazie al digiuno, unito alla preghiera, che il credente permette allo Spirito Santo di saziare la sua fame più profonda: la fame di Dio. Il digiuno inoltre permette al cristiano di comprendere più facilmente la dolorosa situazione in cui versano tanti nostri fratelli, meno fortunati di noi, sia nel nostro paese che in quelli più lontani. L’Apostolo Giopvanni, nella sua prima Lettera, esorta a soccorrere i fratelli bisognosi: “Se uno ha ricchezze in questo mondo e vedendo il suo fratello nelle necessità gli chiude il proprio cuore, come potrà rimanere in lui l’amore di Dio?”.
Va anche considerato poi che la scelta del digiuno ci permette di comprendere meglio e di poter emulare il comportamento del Buon Samaritano che si china sul prossimo sofferente e lo soccorre amorevolmente.
Va detto che soltanto quando noi decidiamo di rinunciare a qualche nostro bene per aiutare qualcuno che è nel bisogno, dimostriamo concretamente di non essere indifferenti alle sofferenze dell’ “altro” ma che, anzi, lo riconosciamo quale fratello.
La penitenza infatti non va intesa esclusivamente come rinunzia al cibo. Ci sono varie altre forme penitenziali non meno efficaci: la rinuncia a spettacoli, a giochi di società, alle chiacchiere inutili, alla televisione, a quanto può assorbire la mente ed il cuore stornandoli da ciò che è veramente necessario. Ricordiamo le parole del Signore: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via» (Lc-10, 41). Conviene, quindi, dedicare qualche ora al giorno alla lettura e alla meditazione della Sacra Scrittura (bene annotata), privilegiando le pagine del Vangelo, in cui splende la Luce di Cristo, modello di vita perfetta, fonte di Verità e di Sapienza. E poiché il Signore c’insegna l’amore a Dio ed al prossimo, ecco l’impegno nelle opere di carità materiali o spirituali: soccorrere i bisognosi, espandere il cuore verso chi è povero di affetto, trattenersi amorevolmente al capezzale di un infermo, dedicare parte del proprio tempo alla Parrocchia oppure a qualche associazione assistenziale, e quanto altro ancora si è in grado di fare per il prossimo.
Ovviamente tutto questo richiede impegno e sacrificio ma, d’altra parte, la via della salvezza passa inevitabilmente per il calvario: Non poteva esserci la Risurrezione senza la Croce, né ci può essere la gioia della Pasqua senza l’impegno penitenziale della Quaresima.

Napoli, 22 febbraio 2015