mar 26 NOVEMBRE 2024 ore 07.29
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LA GUERRA SPORCA

di Carlo Gimmelli

Il mainstream non perdona, è un enorme centrifuga che spezzetta, sminuzza, annienta e amalgama in un unico pastone le verità scomode, i segreti inconfessabili, le trame oscure e confeziona il Pensiero Unico da instillare nei crani delle marionette che lo diffonderanno sui social, lo urleranno nelle piazze, lo renderanno pensiero dominante.

La tragedia del conflitto ucraino, che sta trascinando l’eterna incompiuta Europa sull’orlo di una ecatombe mondiale dopo 70 anni di simil pace, deve uscire dal balordo concetto dell’Occidente buono e democratico contro l’oscuro, l’autocratismo dell’Est.

La ridicola ostentazione della bandiera Ucraina acchiapplikes sui profili social lasciamola ai webeti e ai loro quarti d’ora di celebrità condominiale.

Del resto basta conoscere i rudimenti di storiografia recente per ricordare quando nel 1962 il cattolicissimo, patinato e democratico John Kennedy rischiò l’innesco del conflitto mondiale con il blocco navale contro i russi che si accingevano ad installare missili a Cuba su richiesta di uno stato sovrano.

Mettiamola giù semplice semplice: quale sarebbe stata la reazione dello zio Sam se i russi avessero intensificato i rapporti con i poverissimi Venezuela o Messico e li avessero foraggiati per anni al fine di insediare basi militari nel giardino di casa Yankee?

La proporzione è fin troppo elementare: l’Ucraina sta alla Russia quanto Canada, Messico o Cuba stanno agli U.S.A.

Intendiamoci! Non vorremmo turbare la coscienza di tante anime belle che, su soffici sofà, sono in ansia per la sciagura di un popolo: Putin resta quell’oscuro e spietato funzionario del kgb, che ha scalato rapidamente le gerarchie nella decadente Russia del dopo Eltsin che lo ha issato al potere assoluto che ha conservato ininterrottamente per 20 anni, reprimendo, isolando e “liquidando” oppositori e dissenso e venendo rieletto 4 volte con sospetti consensi oceanici.

Ma è clamorosamente miope ignorare l’ipocrisia della balbettante Europa che ha considerato Putin un affidabile interlocutore fino a pochi mesi fa, nonostante le sanzioni, ed ha rifilato alla N.A.T.O (cioè agli americani) la patata bollente dell’adesione Ucraina, nonostante fosse nota e dimostrata la presenza di battaglioni neonazisti inquadrati nella Guardia Nazionale.

Tra questi il criminale Battaglione d’Azov creato nel 2014 da Andriy Biletsky , il cosiddetto “Führer bianco”, raccattando militanti di estrema destra, teorici della razza pura ucraina, sbandati picchiatori comuni, con il preciso compito di annientare i militanti separatisti filorussi del Donbass senza risparmiare i civili. Torture, esecuzioni, violenze di ogni genere con il tacito consenso dell’esercito regolare e del governo di Kiev, che ufficialmente negava ogni coinvolgimento.

Per otto anni, le popolazioni civili di Donetsk, Mariupol, Kharkiv, Odessa, città a maggioranza russofona, sono state rastrellate, bombardate, violate nel silenzio assordante dei media occidentali (quasi impossibile reperire cronache della guerra silenziosa) che derubricavano i massacri del Donbass a questione locale.

Lo scrivente fin dal 2015 ha vissuto più o meno direttamente la guerra taciuta che ha devastato l’Ucraina separatista ma di quella gente, della povertà diffusa, delle donne nascoste negli scantinati mentre gli uomini facevano le barricate contro i carri armati ucraini, dei bambini nelle fosse comuni, l’Occidente solidale, buonista e caritatevole che oggi (giustamente) “siamo tutti ucraini”, preferiva non sapere!

Quella guerra non è mai esistita!

Impossibile dare numeri certi ma tra le numerose fosse comuni e i dispersi si calcolano non meno di 35.000 vittime senza contare decine di migliaia di feriti, molti bambini, mutilati dalle schegge delle bombe.

I presidenti fantoccio Poroschenko e l’attuale Zelensky (una sorta di Beppe Grillo in salsa ucraina) saliti alpotere dopo il colpo di stato che aveva deposto il filorusso Yanukovich hanno di fatto creato le basi di una infinita e silenziosa guerra civile tra l’ovest simil borghese che guarda all’Europa e il sud est dimenticato a maggioranza russofona tenuto a bada dalle squadracce dei mercenari neonazisti.

La sudditanza psicologica del troppo vecchio continente verso l’alleato “economico” americano ha portato la N.A.T.O., nata settanta anni fa in scenari superati dalla storia, a avanzare continuamente verso Est disattendendo gli accordi verbali del rispetto delle cosiddette zone d’influenza all’indomani della riunificazione della Germania; la mai nata “Europa delle nazioni” ha lasciato fare per convenienza e/o per paura ma con il solito atteggiamento ondivago di fedeltà agli U.S.A., strizzando l’occhietto al gigante sovietico e alle sue risorse energetiche da cui dipende.

L’Europa buonista che “ripudia la guerra” e “siamo tutti ucraini” non ha esitato a bombardare stati sovrani come la Serbia, la Libia, l’Iraq o l’Afghanistan con fallimenti militari, sociali ed economici evidenti e, soprattutto, con milioni di vittime civili derubricati a “danni collaterali”.

Nessun parruccone di Bruxelles ha osato alzare la voce contro l’occupazione militare di Israele che da 50 anni ha ridotto a lager i territori palestinesi, limitandosi a foraggiare sottobanco i gruppi di resistenza terroristica per ripulirsi la coscienza e tirar su qualche milionata di euro.

Oggi si trova ancora una volta in mezzo al guado con una guerra non sua in giardino, sanzioni economiche che si è autoinflitta per accontentare gli U.S.A., di fatto immuni, e il dramma di milioni di profughi che dovrà accogliere in un conflitto che potrebbe durare anni.

I disastri americani dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Siria e della Libia, per tacere di altri, forse dovrebbero indurre qualche vero statista europeo (esiste?) a bussare, col cappello in mano, all’uscio della White House e chiedere sommessamente ai padroni della N.A.T.O di accontentarsi delle migliaia di installazioni militari
sparse nel globo terracqueo e, una volta tanto, disinteressarsi di una questione Europea.

Forse la vera Unione Europea, politica, economica e sociale non vedrà mai la luce, ma di sicuro qualcuno dovrebbe convincersi che la Russia, almeno fino agli Urali, e soprattutto culturalmente, è Europa.

Blaterare di Paneuropa senza la cultura, gli usi e costumi della civiltà russa è solo una penosa Utopia.

Vanja bambino di Mariupol ferito da una granata ucraina nel 2016

Napoli, 8 marzo 2022