dome 13 OTTOBRE 2024 ore 01.30
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“Secondo me tu hai

paura di essere felice,

Charlie Brown. Non

pensi che la felicità

ti farebbe bene?

Non lo so. Quali sono

gli effetti collaterali?”

La Felicità

di Martino Ariano

L’homo consumens farà la stessa fine dei dinosauri?

Può darsi di sì, state senza pensieri,  se succederà, non sarà prima di cento milioni di anni.

E nel frattempo? Niente panico.

Bastano due misure precauzionali per aumentare le possibilità di una vita lunga e sana: smettere di fumare e allacciare le cinture di sicurezza.

Ma un’ esistenza lunga e sana non mi basta.

Io voglio una vita felice!

Quel giovane ricco di cui parla il vangelo e che al Signore chiedeva la formuletta per guadagnarsi nientemeno che la vita eterna, una felicità intatta e sconfinata, alla fine se ne andò via triste.

Tristezza: è ciò che vi fa più orrore, tanto che per evitarla siete disposti a qualsiasi acrobazia. E allora come si fa a non fare la fine del giovane ricco e infelice?

Panta rei, tutto scorre tutto cambia, disse il compagno Eraclito un po’ di anni fa.

Tranne una cosa, l’homo insapiens da quando è apparso sulla faccia della terra, è pervaso da un sogno che non si spegne più.

E’ il sogno della felicità e anche quando crede che non sia realizzabile, vuole con tutte le sue forze che lo sia.

Nell’antichità, la felicità consisteva nella conoscenza di sé, nel dominio degli istinti, nel fatto di non sentire bisogno di nulla. Alcuni di voi, anche oggi, la identificano nel benessere psico-fisico, in quella del vincere la bolletta, nel non pagare lo scatto alla risposta.

Gli animatori del villaggio “Civiltà dei consumi” vi hanno cannoneggiati di reclame e siete diventati drogati di cose e avete prestato fede alla favola che la felicità fosse quella.

Quella, semmai, è contentezza.

Contentezza è quel sensuale senso di piacere che vi pervade quando vi va bene qualcosa, quando ricevete un passaggio di livello sul lavoro, quando il direttore vi dice bravo.

È un’eccitazione e dipende sempre da qualcosa d’altro. Felicità è una condizione di grazia, è uno stato di coscienza che cresce dentro e non dipende dagli eventi esterni.

La puoi degustare solo se hai radicato nel tuo intimo sentire i valori della civiltà, se vivi con sentimento, consumi in modo consapevole, rispetti l’ecosistema e tutte le forme di vita, lotti per la pace.

Ma come si arriva a questo livello?

Non certo seguendo i falsi profeti che girano con il megafono, distribuendo ricette e premi fedeltà.

La linea di demarcazione per il passaggio è quella da una vita vissuta superficialmente secondo valori indotti dall’esterno, a una vita vissuta all’insegna dei propri talenti e delle reali necessità personali. S

e la felicità fosse solo l’assenza di preoccupazioni o di dolore, allora sarei un illuso e risulterei condannato alla frustrazione continua.

Torna quindi il domandone: cosa cerco davvero quando aspiro alla felicità?

Non credo ai paradisi terrestri costruiti su misura per l’homo tecnologicus del terzo millennio.

Eppure, sono convinto che la gioia non si colloca oltre questa valle di lacrime, ma è possibile già quaggiù, quando tutto, compresa la sofferenza, viene vissuta nella condivisione del dolore di quanti soffrono più di me.

La speranza è molto più che desiderare una immensa felicità, collocata in un oltre indefinito... Insegnami ad essere felice della felicità degli altri. Ovunque tu sia.

Nel frattempo mi esercito ad essere felice su questa terra e vi segnalo che l’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione: 66/281 del 12 Luglio 2012,  ha riconosciuto che la felicità e il benessere sono un obbiettivo universale delle vite di tutti gli esseri umani, ribadendo l’importanza del riconoscimento di tale diritto come finalità ultima dei Governi di ciascun Paese.

 

 

Napoli, 13 dicembre 2022