La donna nell’arte
La donna nell’arte
di Martino Ariano
Sono stata una donna emancipata ben prima
che il termine emancipazione esistesse.
Peggy Guggenheim
L’8 Marzo si celebra la Festa della Donna.
Dal grande valore storico e sociale, è stato fagocitato dal mondo consumista e si presenta attualmente come un banale giorno dell’anno, dedito spesso ad un squallido divertimento, spesso sessista.
E così, tra mimose e cioccolatini, diviene l’ennesima occasione sprecata per ricordare il vero valore dell’essere donna.
Moltissimi passi in avanti sono stati fatti, ma ci ritroviamo ancora a parlare di violenza di genere, di femminicidio, di stupro, di disuguaglianza, di abusi di potere.
Le donne sono ancora costrette a scendere in piazza per protestare, per far valere i propri diritti e le proprie libertà.
Devono sudare il doppio degli uomini per raggiungere un obiettivo, soprattutto nell’ambiente lavorativo.
Però bisogna anche ammettere che da un paio di anni le donne stanno assumendo ruoli sempre più di spicco.
Si può parlare finalmente di Rivoluzione Rosa.
Basti citare Ngozi Okonjo-Iweala, prima donna africana alla direzione dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO).
Kamala Harris, la prima Vicepresidente donna degli Stati Uniti d’America.
Ursula von der Leyen, prima donna Presidente della Commissione Europea.
Christine Lagarde, prima donna Presidente della Banca Centrale Europea (BCE).
In tutti i campi, fortunatamente e finalmente, le donne si stanno facendo largo.
Io vi guiderò lungo la Rivoluzione Rosa nell’arte.
Come? In tre percorsi: viaggeremo nei nomi, nelle forme e nei colori della donna nell’arte.
In altre parole ho selezionato, per i nomi, alcune artiste donne, per le forme e i colori, una serie di opere che tracciano e fotografano l’evoluzione della donna nella società.
Nell’ambito artistico le donne hanno fatto sentire la loro voce a colpi di creatività.
Bisogna ammettere che la figura della donna-artista è ancora tema di studi e ricerche.
Eccetto alcune pittrici greche, come Timarete, Kalypso, Aristarete, Iaia ed Olympias, riportate dallo storico latino Plinio il Vecchio, le tracce storiche e documentaristiche di donne-artiste nell’era classica e medievale restano poco individuabili.
Dal XVI secolo, dal Rinascimento, ma soprattutto dall’Impressionismo, le donne cominciano ad assumere protagonismo nel panorama artistico.
Tra queste troviamo:
Sofonisba Anguissola (1538-1625), ritrattista di Filippo II, dedita al naturalismo, è l’emblema del Rinascimento italiano in chiave femminile;
Autoritratto di Sofonisba Anguissola
Artemisia Gentileschi (1593-1653), figlia dell’artista Orazio Gentileschi, ne eredita un formalismo disegnativo, fu allieva di Caravaggio, dal quale apprende la lezione caricandola di drammaticità teatrale; inoltre, la sua storia personale, l’ha resa una dei simbolo del femminismo internazionale.
Simon Vouet, Ritratto di Artemisia Gentileschi, 1623 circa, olio su tela, 90×71, Palazzo Blu, Pisa
Rosalba Carriera (1675-1757), che con i suoi pastelli rivoluzionò la ritrattistica e la miniatura. Gettò le basi dello Stile Veneziano, con il suo caratteristico tratto veloce, le cromie e la resa elegante e quasi evanescente. I suoi ritratti sembrano di porcellana.
Rosalba Carriera, Autoritratto con il ritratto della sorella, 1715, pastello su carta, 71×52, Uffizi, Firenze
Se Angelika Kauffmann (1741-1805), dalla sua Svizzera diede un forte impulso alla ritrattistica storica e fu l’unica donna fra i fondatori della Royal Academy of Arts di Londra, Élisabeth Vigée Le Brun (1755-1842), dalla Francia rese la ritrattistica con fervida del realismo, divenendo pittrice e amica di corte di Maria Antonietta.
Berthe Morisot (1841-1895), cognata di Manet, diede una connotazione femminile all’Impressionismo, seppur privata di dipingere liberamente en plein air o in luoghi pubblici. Infatti ripiegò su scene domestiche o d’interni anticipando la visione psicologica dei personaggi, infatti i suoi ritratti interiore dei personaggi.
Édouard Manet, Berthe Morisot con un mazzo di violette, 1872, olio su tela, 55×40, Museé d’Orsay, Parigi
Tamara de Lempicka (1898-1980), nome d’arte della polacca Maria Gurwik-Górsk, fu una personalità di spicco dell’Art Deco. Per la sua personalità e vita sessuale, bisessuale dichiarata, divenne simbolo dell’affermazione della donna indipendente.
Tamara de Lempicka, Ragazza in verde, 1927-30, olio su compensato, 61,5×45,5, Centre Pompidou, Parigi
Frida Kahlo (1907-1954), moglie del pittore messicano Diego Rivera, nelle sue opere, perlopiù autoritratti, fonde gli aspetti folcloristici della sua terra, il Messico, con quelli drammatici della sua vita, restituendoci opere surrealiste e fortemente simboliste. È considerata uno degli emblemi dell’autodeterminazione femminile.
Charlotte Salomon (1917-1943) fu una pittrice tedesca ebrea, morta nel campo di concentramento di Auschwitz. Fece sua la tecnica del guazzo, restituendoci 1325 opere espressioniste, in cui racconta la sua vita travagliata, tra un’infanzia infelice, i suicidi familiari e la fuga dal nazismo. Le sue opere sono accompagnate da testi e musiche e si possono ammirare nel Joods Historisch Museum di Amsterdam.
Charlotte Salomon, Autoritratto, Guazzo su carta
Barbara Kruger (1945), considera tra i 5 personaggi più influenti del 2020 secondo il New York Times, con le sue opere paste-up rivendica i diritti delle donne. Le sue opere si caratterizzano da cartelloni pubblicitari, riprodotti in bianco e nero, associati a scritte colorate che rimandano a tematiche socio-politiche.
Marina Abramovic (1946), tra le più famose e conosciute artiste contemporanee viventi, che fa pienamente sue la Body Art, definendosi la “Nonna della Performance Art”, e l’Arte Concettuale. La caratteristica performativa della sua arte è l’utilizzo del suo corpo come tela per le sue opere. Con giochi di resistenza fisica e psicologica indaga la sessualità, la femminilità, l’etica e la società contemporanea.
Seppur non artista, bisogna assolutamente citare la collezionista Peggy Guggenheim (1898-1979), moglie del surrealista Max Ernst, fu una delle figure più importanti del Novecento.
Fondò il Peggy Guggenheim Museum di Venezia, in cui trasferì la sua collezione.
Prima di morire, donò la sua enorme collezione alla Fondazione Solomon Guggenheim, dello zio.
Grazie alla sua personalità eccentrica, acuta, bramosa di arte, ha raccolto, salvaguardato e tutelato le istanze artistiche e soprattutto avanguardistiche del Novecento, incidendo non poco sulla moda, sul collezionismo internazionale e sull’emancipazione femminile.
Con Peggy si conclude il primo mini viaggio sulla donna nell’arte.
E mi viene spontanea una piccola riflessione.
Già solo questo mio piccolo contributo, fa notare come, anche nell’arte, è evidente il gap gender, il divario tra donna e uomo, tra artista-donna e artista-uomo.
E mi chiedo perché una donna può essere tranquillamente una perfetta modella, una perfetta musa, il perfetto soggetto da rappresentare ed immortalare e non possa dar voce, al pari del collega uomo, al suo istinto creativo.
Perché da un’opera d’arte, donna o uomo che sia, non può nascere un’altra opera d’arte?
Se ci facciamo guidare dai pregiudizi e dalle ideologie, cestiniamo inconsapevolmente i veri valori e soprattutto sotterriamo le nostre coscienze.
Ma fortunatamente la voce delle donne-artiste, ma in generale delle donne, si sta facendo sempre più forte, sempre più rivoluzionaria.
Per conoscere altre artiste donne:
https://iperarte.net/ledonnedellarte/
http://www.enciclopediadelledonne.it/
W la Rivoluzione Rosa
Marzano di Nola, 8 marzo 2022