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Il Turista, il viaggiatore e la gastronomia dell’occhio
di Martino Ariano

 

 

 

“Le persone non fanno i viaggi…
ma sono i viaggi che fanno le persone”.

John Steinbeck

 

 

Gesticolo affanosamente sotto il sole cocente… la voglio fare difficile e provare a fare la differenza tra il turista e il viaggiatore, sarà perché mi sento da sempre un pellegrino… è il mio vivere per e con San Francesco forse.

L’idea mi è venuta pensando ai ricconi che si crogiolano al sole su splendide spiagge…per loro non è mai crisi.

Ho visto il turista da cartolina, che si sposta su itinerari circoscritti e non ha nessun interesse per le culture locali.

Questi si contrappone al mio viaggiatore, che andando a zonzo pratica la gastronomia dell’occhio come la chiamava Honoré de Balzac.

viaggiare pellegrinoAndrea il viaggiatore/pellegrino è quello che preferisce gironzolare in incognito:“L’arte che padroneggia e quella di vedere senza essere colto a guardare”, ha scritto Zygmunt Bauman.

È la situazione che spesso si ritrova all’interno di ognuno di noi, il viaggiatore che vorrei essere guerreggia con il turista che sono.

Per centrare l’obiettivo che mi sono prefisso, vi debbo parlare di un sociologo tedesco: George Simmel.

Lo studioso, nel 1908 pubblica: “Sociologia. Gli studi sulle forme di socializzazione”, all’interno del quale si trova un excursus sullo straniero.

Simmel è stato uno dei primi a studiare le forme sociali plasmate dalla grande città, intesa come quel luogo dei cambiamenti epocali, siano essi demografici piuttosto che territoriali.

È qui che lo studioso identifica una nuova figura: lo straniero.

Chi sarà mai costui?

È un soggetto che non è del posto, ma vi si trova e racchiude in sé sia la vicinanza che la distanza. Non è della nostra paranza, ma rappresenta la mobilità.

Lo straniero nella grande città, studiato da Simmel, è diverso dal viaggiatore di un tempo, di cui abbiamo sentito parlare.

Ma che c’azzecca con il turista?

È bene precisare che l’homo viator, è sempre esistito.

Questo non significa che erano tutti turisti.

Il passaggio dal viator al turisticus è avvenuto con la scomparsa dell’accoglienza, frutto dell’infestante proliferazione di strutture sempre più homo-viatorseparate dalla società.

Il vacanziere si mette in vacanza.

Diventa cioè disponibile a non far nulla.

Il turista non è vacante, deve imperativamente fare il turista.

Per abitare il tempo ci vuole una disponibilità elastica e il viaggio organizzato corrisponde al non luogo, cioè ad andare nello spazio altrui senza esservi presenti.

Il turismo è la monetizzazione dei viaggi.

L’incontro casuale è impossibile, non ci è stato venduto nel pacchetto dall’agenzia.

Va in giro, ma i suoi spostamenti devono essere redditizi.

Il turismo sta al viaggio come il consenso sta alla politica…hanno scarsi punti in comune.

Assaporo ancora nel mio cuore, i viaggi fatti ad Assisi, senza meta, senza programma.

Il viaggiatore fa di tutto per stare tra la popolazione locale, fa le cose con calma, degusta la durata, il riposo, l’attesa.

Il turista globalizzato/felice visita i siti classificati dall’Unesco, che purtroppo si presta a questo mercato, diventando padrone assoluto del patrimonio comune dell’umanità.

Dal punto di vista etimologico, il patrimonio non può in alcun modo riguardare tutta l’umanità, tanto che diverse lingue non posseggono né la parola né tantomeno l’idea.

L’unico bene che bisognerebbe proteggere è l’Umanità intera che, in spregio dei suoi discendenti, non smette di recar danno alla Natura.

Carissimi esperti ed esperte, l’identità dei popoli e delle culture dipende prima di tutto dalla loro specificità.

Cercare di trovare un patrimonio comune da un paese a un altro è una falsa e pericolosa illusione uniformizzante.

La suggestiva bellezza del panorama di Capri dipende dalla capacità che ognuno possiede di abitare il mondo.

Avete urbanizzato l’anima dell’uomo in nome dell’economia turistica, nonostante il ciarlare del turismo sostenibile o turismo equo e responsabile.

Non sono contro questi esperimenti alternativi, ma sono marginali e subordinati allo spirito generale del turismo di massa e delle regole imposte dalle grandi multinazionali del settore.

viaggiare 1Per rompere con il turismo massificante non serve solo e semplicemente moralizzarlo, ma bisogna lottare duramente per organizzare un viaggio nella sua giusta dimensione temporale e spaziale. “Tornerò al mio cuore e vedrò se sono in grado di capire” scriveva Guigo II, priore della Grande Certosa nel XII secolo.

La televisione, l’e-mail, Internet modificano il rapporto vicino/ lontano dello straniero descritto da Simmel.

I nostri cinque sensi non sono più in fase diretta con il mondo sensibile.

Vogliamo muoverci solo nell’ambito del conosciuto, in modo da ottenere conferma ad un forestierismo sottoscritto per contratto e ottenuto a caro prezzo.

Bravo Andrea! bla bla bla.

Ma allora, che fare?

Lasciare abbandonati a sé stessi i vari campi turistici e le altre stazioni balneari in attesa di trovargli un’altra destinazione d’uso?

Proibire il turismo di massa e tollerare solo il trekking per pochi eletti?

Imporre una patente del turista equo, con tanto di polizia internazionale del turismo?

No! Faccio di più, vi lascio con l’ultimo sermone.

pausa estivaStanislas Breton in un saggio intitolato: “L’Autre et l’Ailleurs” (L’altro e l’altrove), ha scritto: “Esistere non vuol dire forse uscire continuamente da sé stessi e ritornare?”.

Ecco la prima dimensione del viaggio.

La seconda è “l’altro e l’altrove”.

Buon viaggio umanità!

La pausa estiva diventi un tempo propizio per ritornare in noi stessi e operando con sapienza e discernimento, accrescere la nostra libertà riscoprendo che cosa ha davvero influenza e potere su di noi… l’ha scritto Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose.  

Madrid, 14 novembre 2022