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Gentilezza virtù dimenticata. 13 novembre Giornata mondiale della Gentilezza.
di Martino Ariano

Gli atti di gentilezza pesano quanto tutti i comandamenti.
(Talmud)

1Grazie, prego, mi scusi, ma si figuri, passi pure, non me n’ero accorto, c’era prima il signore, non si preoccupi, ha bisogno?

Con queste parole osava esprimersi la giovane defunta, scomparsa prematuramente: la Gentilezza.

La cara estinta non richiedeva sacrifici particolarmente eroici, solo un po’ di umanità e di educazione.

Queste dolci allocuzioni erano un balsamo per migliorare le cose, una pennellata di grasso lubrificante sugli ingranaggi esistenziali.

Ahime! Non c’è più niente da fare.

Tutti sono alla ricerca di segnali provenienti dall’aldilà.

Si vocifera che nelle relazioni sentimentali sono ricordati forme occasionali di gentilezza, almeno nella prima fase.

Addirittura dei pellegrini narrano che residue tracce si ravvisano nelle piccole parrocchie.

Non c’è di che preoccuparsi, sono quelle realtà non ancora ingurgitate dall’individualismo dei sospettosi e dei miserabili.

A dire il vero sul mio luogo di lavoro, qualcuno che provi a essere gentile ogni tanto lo si incontra ancora.

Ma passa subito per un debole.

Mi sembra di sentirli, quando dicono: “Non ti preoccupare ci penso io”.

L’idea che nelle relazioni umane sia ancora possibile mettersi nei panni degli altri è considerata bizzarra.

In fondo la vostra crisi economico/sanitaria/sociale vi ha spolpato i portafogli solo perché da tempo aveva già corroso i vostri cuori.

Il 13 novembre si  celebra la Giornata Mondiale della Gentilezza, la data non è stata scelta casualmente,1 in quanto coincide con la giornata di apertura della Conferenza del World Kindness Movement, il movimento mondiale per la gentilezza, svoltasi a Tokio nel 1997 e conclusasi con la firma della Dichiarazione della Gentilezza.

Non abbiamo tempo da dedicare a queste cose, per non uscire dalla folle corsa della globalizzazione, ci è stata propinata la ricetta che per imporsi nel mondo bisogna avere padronanza di sé, mostrarsi invulnerabili e onnipotenti.

Perché allora parlare della gentilezza?

Perché una società in cui trionfano la prepotenza e l’ arroganza è una società malata.

La mano invisibile, metafora creata da Adam Smith per rappresentare la Provvidenza, è perdente nella lotta contro l’ egoismo che ha portato alla fine della solidarietà, all’ aumento della disoccupazione e alla diffusione della violenza.

Al posto del prodotto interno lordo, impariamo a usare i parametri per calcolare il FIL, la Felicità Interna Lorda.

Iniziamo a riassaporare i frutti della gentilezza leggendo “Elogio della gentilezza” di Adam Phillips e Barbara Taylor. 2

In questa piacevole pubblicazione, gli autori tessono le lodi di un valore sommesso e discreto, declinabile in varie maniere: la gentilezza, quella capacità di ascoltare e accogliere le fragilità altrui, che è anche generosità, altruismo, solidarietà, amorevolezza.

L’intento non è nè moralistico nè edificante: la gentilezza è semplicemente uno dei modi migliori per essere felici, è un piacere fondamentale per il nostro benessere.

La domanda che muove l’indagine degli autori è:

“Perché la gentilezza è diventata per la nostra epoca un tabù?”.

Oggi molte persone trovano questo piacere incredibile o quantomeno sospetto, la maggior parte di voi pensa che in fondo siamo tutti pazzi, cattivi e pericolosi, competitivi e autoreferenziali.

Phillips e Taylor scrivono: “Oggi, appena si comincia a crescere, gran parte di noi crede intimamente che la gentilezza sia la virtù dei perdenti. Ma accettare di ragionare in termini di vincenti e perdenti è già un modo per stare dentro lo schema del rifiuto fobico, del terrore contemporaneo per la generosità. Infatti, una delle cose che i nemici della generosità non si chiedono mai – e che la rendono un nemico nascosto in ognuno di noi – è perché mai proviamo una cosa del genere. Perché mai siamo spinti, in qualche modo, a essere gentili verso gli altri, per non dire verso noi stessi? Perché la generosità conta per noi? Forse, una delle cose che la contraddistinguono, diversamente da quel che accade a un ideale astratto come la giustizia, è che, rispetto alla gran parte delle situazioni quotidiane, sappiamo esattamente cosa sia; tuttavia, proprio il fatto di sapere cosa sia un gesto gentile ci rende più agevole il rifiuto di compierlo”.

Se ognuno di noi, ogni giorno, compiesse un gesto gentile nei confronti del prossimo, presto il mondo sarebbe più umano e più vivibile.

In una parola, migliore.

3Riflettiamo sulla bontà dei nostri gesti e delle nostre parole.

Basta poco per rendere il mondo migliore, ma non sempre ci ricordiamo di essere parte della soluzione alla scortesia, alla maleducazione ed alla tensione come atteggiamenti e stati d’animo che magari più di una volta al giorno ci appaiono imperanti, dove toni indelicati e frasi taglienti stanno contribuendo a trasformare il luogo di lavoro in una valvola di sfogo, priva di gentilezza.

A Tokio, la Dichiarazione della Gentilezza si era conclusa con parole che invitavano alla cura e alla protezione di tutti coloro che ci circondano, persone, amici animali e dei luoghi in cui ci troviamo a vivere, in primis l’ambiente naturale.

Gentili di tutto il mondo unitevi!

Madrid, 13 novembre 2021