Genova per noi
Genova per noi
di Enrico Tomaselli
Non è la macchina del fango, non nasce nelle redazioni o nelle segrete stanze del potente di turno, e soprattutto non si abbatte su una sola persona. Ha però la stessa precisione, la medesima ripetitività. Immancabilmente, si ripresenta. In un paese dove il dissesto idrogeologico si accompagna (ed in buona parte consegue) ad un dissesto civile, dove la corruzione e l’inefficienza pubblica si somma ad una miriade di egoismi ed interessi privati, sembra quasi non esserci speranza di sfuggire alla marea del fango.
Ma in questo momento, non è su ciò che vorrei soffermarmi. Ci sono altre due o tre cose, che mi interessano.
La prima. La crisi della rappresentanza, quando la situazione raggiunge punti di rottura, si manifesta in tutto il suo brutale massimalismo. Non ce n’è per nessuno.
Doria è un sindaco eletto dal centrosinistra – anche se, con una qual certa approssimazione, la stampa tende a definirlo come arancione; un termine che genera associazioni mentali errate. Il sindaco arancione per eccellenza, infatti, è Luigi De Magistris, che fu eletto sì con i voti di buona parte dell’elettorato di centrosinistra, ma che si era candidato in contrapposizione a questo. Gli altri sindaci, a lui impropriamente apparentati (Pisapia a Milano, Doria a Genova, Zedda a Cagliari…), sono infatti eletti da coalizioni di centrosinistra, con l’unica anomalia di essere risultati vincenti alle primarie pur non essendo del PD, ma indicati da SEL.
Doria non è un sindaco che ha malgovernato la sua città. Ma quando i torrenti tracimano ed il fango invade le strade, la rabbia dei cittadini si indirizza anche contro di lui. Gli si rimprovera persino che fosse a teatro, la sera dell’alluvione. Laddove non essendoci stata alcuna allerta meteo, non si vede cosa ci sia di particolarmente strano. Ma la pazienza dei cittadini è già normalmente ai livelli di guardia, e basta poco a farla tracimare; proprio come le acque che scendono a valle.
Se non si mette seriamente mano a ciò, a rimediare alla crisi della rappresentanza politica, i danni provocati dal maltempo sembreranno poca cosa al confronto. E sono le amministrazioni locali le più esposte, strette nella morsa degli enormi tagli ai trasferimenti di risorse da parte dello stato, e la condizione di prossimità ai cittadini, che ne fa il bersaglio primario. Occorre un cambiamento nel rapporto tra stato centrale ed amministrazioni locali, ma non meno importante, occorrono amministratori straordinariamente capaci.
Valga come memento a chi si appresta a selezionare le candidature per le prossime elezioni locali a Napoli ed in Campania.
La seconda. Il dissesto del territorio è un problema pluridecennale, ma ogni qualvolta che si produce una tragedia, tutto si risolve in un po’ di ammuina sui TG, e poi passata la festa gabbato lo santo…
Facile, quindi, marcare una differenza assumendo invece (qualora stavolta lo si faccia davvero) delle decisioni operative. Ma non meno importante è quali decisioni si assumono, in quale direzione viaggiano. Se – come sembra emergere in questo caso – talvolta i problemi sorgono da una lentezza burocratica, la soluzione non può essere l’azzeramento delle procedure normali. Dietro ogni eccezione alla norma – e c’è una lunga casistica a dimostrarlo – sempre si annida la corruzione e l’abuso. La questione, infatti, non è l’esistenza di una serie di passaggi procedurali, ma la loro lentezza. Che non è intrinseca, ma deriva da una precisa volontà politica. Perchè la possibilità di velocizzarli ad hoc consente l’uso discrezionale del potere. Nega l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
La soluzione, quindi, non può essere bypassare le norme, ma renderne veloce l’applicazione. Ad esempio, garantendo per legge una corsia preferenziale per tutto ciò che riguarda le dispute civili in materia di opere pubbliche, ed imponendo tempi certi. E magari, per disincentivare i ricorsi facili, forti penalità per chi dovesse perdere il ricorso. Il cambiaverso renziano, invece, sembra andare nella direzione di sempre. L’eccezionalità. Il decreto Sblocca Italia, infatti, con cui il governo vuole affrontare anche l’emergenza genovese, è un decreto sblocca cemento, che reitera la logica dell’aggiramento delle norme in nome dell’urgenza, e che – come denuncia Carlo Petrini – aumenterà l’impatto della cementificazione sul territorio.
La terza. Da decenni, e con particolare accanimento durante l’ultimo ventennio, la devastazione del territorio, anche da parte dei cittadini, è stata enorme. Tra condoni edilizi, leggi ad hoc, commissariamenti vari – per non parlare di quel mostro in cui, in epoca berlusconiana, è stata trasformata la Protezione Civile – sono stati assestati colpi durissimi al territorio della penisola. Avviare una politica che ponga rimedio ai danni fatti, non solo è estremamente urgente, ma richiede una consapevolezza diffusa. Non può veramente attuarsi, se non si riesce contemporaneamente a far giungere, sino all’ultimo cittadino dell’ultimo comune, la consapevolezza che l’urbanizzazione selvaggia e lo sfruttamento fuori norma rappresentano una concreta minaccia alla sicurezza della collettività.
Non basta una politica diversa, che si concretizzi in un diverso orientamento legislativo, finalizzato alla riduzione del consumo di suolo. Occorre una responsabilizzazione dei cittadini, che non può non partire dalla scuola, perchè maturi un diverso, più responsabile approccio a queste problematiche. Avendo come faro l’art.9 della Costituzione, che ci impone la “tutela del paesaggio”.
Infine. L’arrembaggio grillino a Genova, con la calata (in favore delle odiate telecamere…) dei parlamentari a spalare fango, e con l’unico scopo di soffiare sciacallescamente sulla rabbia della cittadinanza, è un esempio da manuale della cattiva politica che dovrebbe scomparire dal nostro orizzonte. Se proprio avessero sentito questo dovere morale, l’avrebbero dovuto fare subito ed in silenzio, non dopo l’annuncio urbi et orbi del Grillo Parlante al Circo Massimo.
Per fortuna, e senza alcun clamore mediatico organizzato, a Genova sono andati anche tantissimi ragazzi da tutta Italia. Gli stessi che pochi giorni prima, ciascuno nella sua città, erano scesi in piazza contro la riforma della scuola proposta dal governo.
Quasi 50 anni fa, altre ragazze e ragazzi andarono a Firenze per liberarla dal fango. Anche da lì, da quell’esperienza comunitaria e di servizio, nacque due anni dopo il ’68 italiano. La prima vera spinta all’apertura ed alla modernizzazione della società italiana, dal dopoguerra. Un germe da cui nacquero successivamente molti dei diritti civili, non ultimo quello Statuto dei Lavoratori che ora si vuole smantellare definitivamente.
Con buona pace delle destre vecchie e nuove, che l’hanno sempre visto come il fumo negli occhi, e dei rinnovatori renziani, che nella propria incapacità di leggere la storia del paese lo identificano assurdamente con la conservazione.
Sarebbe bello se, nelle strade infangate di Genova, mettessero radice i fermenti per un altro movimento come quello. Non sarebbe nemmeno la prima volta, che Genova dà un segnale forte all’Italia.
Napoli, 14 ottobre 2014