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Etty Hillesum. Un frammento di cielo vive dentro di me.
di Martina Tafuro

 

“Si vorrebbe esser un balsamo per molte ferite”
le ultime parole del Diario di Etty Hillesum

 

Avevo promesso a me stessa di non scrivere di Etty.

Non c’è l’ho fatta, ho incontrato due grossi ostacoli.

Uno è stato il cammino lungo il quale mi ha condotto la mostra, esposta a Cicciano, su questa giovane ebrea olandese.

Mostra, dove il filo conduttore degli organizzatori è stato dipanato nel raccontare con il fuoco della parola e delle immagini, il “metodo dell’umano” sperimentato da Etty.

Mi si è aperta un’autostrada di bellezza.

E…vuoi togliere la passione della guida nel raccontare questa donna. E’ stata abile ad incuriosire e pungolare i riottosi e i perduti del mondo. La sua abilità nel gettare il seme che deve dare frutto, d’altra parte, è stata la cifra identificativa e caratterizzante del percorso delineato dall’intera iniziativa.

Allora, mi son messa d’impegno, ho ricercato, ho letto, ho assorbito, ho piantato il seme e l’ho innaffiato.

Eccomi qua, con le mie parole.

Deportata ad Auschwitz Etty Hillesum ha con sé, nello zaino, la Bibbia e una grammatica russa, lingua della madre. L’ultima sua testimonianza è una cartolina postale, la trovò un contadino. Era sui bordi della ferrovia che attraversava la brughiera, fuori da Nieuweschans.

Niente immagini, solo la data, 7 settembre 1943, indirizzata “a Christine van Nooten, Deventer” e un testo scritto. “Apro a caso la Bibbia e trovo questo: “Il Signore è il mio alto ricetto”. La partenza è arrivata inaspettata, nonostante tutto. Abbiamo lasciato il campo cantando papà e mamma molto forti e calmi, e così Misha. Viaggeremo per tre giorni. Arrivederci da noi quattro”.

Muore ad Auschwitz due mesi dopo, il 30 novembre 1943.

Etty non ha ancora trent’anni.

Non voglio fare, qui, di Etty una santa o la mia testimonial di condanna della Shoa.

La Hillesum è anzitutto una donna giovane, con il tormento e il vigore del suo corpo: “Noi donne vogliamo eternarci nell’uomo. Io voglio che lui mi dica: tesoro, tu sei l’unica per me e ti amerò in eterno. Ma questa è una favola. E fintanto che non me lo dice, tutto il resto non ha senso e non esiste…”.

E’ la potenza della parola, che mi è rimasta dentro.

L’incontenibile umanità di Etty, che mi ha smosso dal liquido spiritualismo.

Il suo attaccamento alla vita ha rivestito di nuovo vigore il mio agire.

Insomma mi ha condotto: “a sguazzare godendo delle onde interiori”.

Non sto a scrivere la biografia della Hillesum, basta seguire i link evidenziati, è mia ferma decisione trasmettervi la bellezza inafferrabile di questa donna: la sua scandalosa bontà.

L’inizio della lettura è stato fastidioso, consideravo gli scritti troppo filosofici, ma poi ho capito che lei scriveva dall’inferno in terra.

La sua ostinata celebrazione della vita le da l’opportunità di fissare indelebilmente su carta pagine visionarie: “qui di amore non ce n’è molto eppure mi sento indicibilmente ricca, non saprei spiegarlo a nessuno”.

E’ un processo di liberazione interiore, la conquista di un nuovo modo di essere: “So che chi odia ha fondati motivi per farlo. Ma perché dovremmo scegliere la strada più corta e a buon mercato? Laggiù ho potuto toccare con mano come ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo renda ancora più inospitale.”

 “E’ stato bello. Perché non può essere anche così nella vita, perché non può sempre accadere che, dopo ogni ora trascorsa insieme agli altri, salutandosi, le persone dicano: E’ stato bello.”

 Questo nuovo mondo, questa nuova umanità deve liberarsi dall’esigenza del possesso, dalla gelosia, demoni che controllano la storia individuale, per affrancarsi dai sentimenti di vendetta e odio, mostri della storia collettiva.

Etty, arriva al traguardo, si rivolge a Dio, a colui che sa leggere nel fondo della fragilità del cuore umano. Un Dio che diventa un tu, forza eternamente cercata.

Il Dio di Etty ha bisogno di aiuto: “Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi”.

Etty mi invita a non distruggere Dio dentro di me, Lui non mi può aiutare, ma sono io a doverlo fare e in questo modo posso aiutare me stesso.

 ”L’unico atto degno di un uomo è inginocchiarsi davanti a Dio”

L’unica cosa che mi può salvare nella vita è un frammento di cielo dentro di me, cercando di disseppellirlo dai cuori distrutti di altri uomini.

Il Cielo vive dentro di me!

Approfondimenti

Il cielo vive dentro di me, fonte: www.meetingmostre.com

Prima parte

Seconda parte

Napoli, 20 gennaio 2020