Divergent, la fantascienza sullo schermo
Divergent, la fantascienza sullo schermo
di Valeria Paglionico
In un futuro asettico, in cui la guerra ha distrutto intere città, la popolazione di Chicago viene divisa in 5 caste, che mantengono organizzata e controllata la società. I candidi, sempre sinceri, si occupano di legge; gli eruditi sono insegnanti e ricercatori; i pacifici coltivano la terra; gli abnegati, cioè gli altruisti, governano; ed infine gli intrepidi, cioè i coraggiosi, proteggono la città. Fuori da queste categorie ci sono i Divergenti, coloro che non possono essere relegati in un unico gruppo, poiché hanno caratteristiche di ogni casta; e, in quanto pericolosi e portatori di scompiglio sociale, devono essere soppressi. La protagonista Beatrice Prior, nata in una famiglia di abnegati, passata tra gli intrepidi, si scoprirà essere proprio una divergente, costretta a nascondere la sua natura e a combattere per non essere uccisa.
Neil Burger (che ha diretto già in passato L’illusionista e Limitless) è il regista di Divergent, film tratto dal romanzo omonimo di Veronica Roth, primo di una saga: un’opera fantascientifica e apocalittica, che però non riesce a trovare una ben precisa dimensione cinematografica. La storia vuole essere una lotta alle categorizzazione troppo rigide imposte dalla società, ma anche una lotta alle paure e alle fobie, mostrate come punti deboli in ogni individuo. La paura deve però essere affrontata; solo in questo modo sarà possibile crescere e combattere i fantasmi della propria mente. L’interpretazione magistrale di Kate Winslet, a cui è assegnato il ruolo della cattiva, affianca le due promesse Shailene Woodley e Theo James, i due protagonisti.
Il ritmo è adrenalinico, incalzante, dinamico, le due ore passano rapidamente e con il fiato sospeso. Divergent sembra essere a metà tra Hunger Games e Snowpiercer, è infatti tratto da un bestseller amatissimo dai ragazzi, ma non riesce a convincere totalmente lo spettatore: l’idea affascina e coinvolge, ma la storia viene infarcita di troppi clichè, che spesso cadono nella banalità.
9 maggio 2014