C’ERAVAMO TANTO ODIATI
C’ERAVAMO TANTO ODIATI
di Carlo Gimmelli
START! AL TEATRO MEDITERRANEO ROBERTO FICO APRE LA COMPETIZIONE ELETTORALE DEL CENTRO SINISTRA TRA GLI ABBRACCI PROGRAMMATICI DI MANFREDI E LA STRETTA DI MANO ECUMENICA DI DE LUCA.
Al Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare è andato in scena la surreale benedizione di De Luca verso il suo miglior nemico Roberto Fico, per un decennio bersaglio preferito degli sberleffi “Governatore del mondo” e oggi indispensabile alleato scomodo per portare a casa un altro quinquennio di potere.
Noi eravamo lì e quando Don Vincenzo, seduto in prima fila (in dubbio fino all’ultimo la sua presenza) ha fatto cenno al “ragazzo” di avvicinarsi, Roberto si è scapicollato giù dal palco per prendersi la benedizione pubblica del presidente uscente. Tutto dimenticato!
Miracoli della politica!
Alla fine l’appuntamento del “volemose bene” c’è stato: il primo incontro pubblico tra lo sceriffo di Sarno e il sacerdote del grillismo della prima ora ha sancito, come da copione, la pax armata per mettere insieme le tante anime del campo larghissimo progressista che tra venti giorni tenterà di evitare lo scippo della Campania dall’assalto del centrodestra.
Ma chi si illude che dopo dieci anni il “deluchismo” si rinchiuda nel Principato di Salerno lasciando mani libere all’eterno delfino di Conte potrebbe restare deluso.
Imperiture negli anni le gag di Don Vincenzo, durante le dirette da Santa Lucia, quando definiva il candidato governatore “miracolato”, “moscio”, “mezza pippa”, “incapace di fare lo ‘O’ col bicchiere, tanto da diventare l’imitatore delle proprie imitazioni di Crozza.
Ma oggi De Luca più che alla “O” pare interessato alla “X” che ciò che resta del popolo grillino dovrà apporre sulla scheda e pare intenzionato, almeno fino al 24 novembre, a sotterrare l’insulto di guerra e a mostrare in pubblico il sorriso ghignante di chi spera di aver addomesticato il suo competitor interno.
Certo possiamo immaginare la fatica del settantacinquenne sultano di dover chiedere il voto a quegli “sfessati” dei Cinque stelle ma l’Intramontabile pur di non ammainare il vessillo ha dovuto ingoiare il rospo pur tenendo il coltello nascosto dietro la schiena pronto ad agitarlo se il nuovo Masaniello dovesse uscire dal solco tracciato nell’ultimo decennio.
Resta il fatto che De Luca ha presentato comunque una propria lista dove ha accolto tutti i fedelissimi, pur costretto da Fico, con la mediazione del figlio Piero, a togliere il proprio nome dal simbolo, e spera che faccia incetta di voti da Sarno in giù per tenere al guinzaglio “gli amici” del PD.
E per garantirsi e garantire i propri voti al campo largo (che ha definito “camposanto”) ha costretto la nemica Schlein , sacerdotessa della “sinistra pipì e radical chic senza chic” (copyright De Luca) a turarsi il naso, con buona pace di Ruotolo e della lotta ai cacicchi e ai capibastone galoppini di voti, e consegnare il PD campano all’erede Piero che curerà gli interessi “di famiglia” pronto a tirare le redini se Fico si sbizzarrisse troppo.
Certo anche nella fronda interna alla coalizione la coerenza pare un concetto troppo filosofico in tempi di guerra: il “mai più con De Luca” della coppia Ruotolo\Schlein e l’opposizione agguerrita della Ciarambino, che per due volte si candidò alla regione come competitor di Don Vincenzo, paiono una epopea ormai sbiadita e la stessa “pasionaria” grillina, definita “chiattona” dal nostro quando incrociavano le sciabole, oggi appare più “deluchiana” che “fichiana”.
Nella rappresentazione dei buoni intenti del campo largo il vero vincitore sembra essere il Richelieau Manfredi, abile regista dell’incoronazione di Fico, che ha abbandonato De Luca al proprio destino e ha puntato tutto sull’ex grillino ante litteram: con il suo incedere paludato ha preso sotto la propria ala Roberto, più di Conte abbastanza decentrato, in una anticipata campagna elettorale cominciata fin da giugno, in cambio gli ha consegnato il papello della “Agenda per Napoli” con una serie di richieste che rimetterebbe la città al centro del villaggio dopo il decennio di “salernizzazione” operata da De Luca con cui, non a caso, ha polemizzato di recente in merito all’affidamento di alcuni lotti di lavori per la Coppa America ad una ditta già affidataria nella bonifica di venti anni fa; senza contare l’annosa querelle San Carlo: una aspra polemica tra i due e le accuse di De Luca al sindaco di gestione padronale e antidemocratica nella gestione del Massimo napoletano.
Il Richelieau napoletano, dopo i tentennamenti ad accettare la carica di sindaco, pare averci preso gusto a collezionare poltrone e, dopo la carica di sindaco, presidente della Città Metropolitana, presidente A.N.C.I. , si è accomodato su quella di commissario per la bonifica di Bagnoli e componente del board per la organizzazione della Coppa America e oggi si propone come federatore del campo largo riformista con un occhio alle politiche del 2027, insomma un Romano Prodi in salsa napoletana.
Comunque ufficialmente i due parrebbero aver trovato una quadra di massima limando le asperità: Fico pare aver accettato, dopo averlo inizialmente contestato, l’ambizioso progetto deluchiano della torre “il Faro” nell’ex scalo merci (700 milioni di investimenti iniziali, nuova futuristica sede della Regione nell’ambito del mega progetto Porta Napoli Est (“un progetto di grande respiro”) e De Luca ha ricambiato con le sue mitiche piroette verbali incoronando Fico : “Facevo critiche su infantilismo, superficialità, pressapochismo: erano polemiche doverose con chi non ha capito che cambiare la realtà non è parlare ma lavorare, sacrificarsi, maneggiare gli uffici amministrativi. Mi sembra che questi sforzi siano passati, e, stasera Fico ha fatto un discorso equilibrato e serio».
Insomma tutto in una notte: ciò che che ieri ci dava la nausea oggi è una medicina amara ma necessaria e ciò che abbiamo visto sul red carpet del Teatro Mediterraneo vale più di mille analisi politiche o trattati sugli “utili idioti” di cui si è servita la politica politicante degli ultimi cinquanta anni ma un vero “Manifesto” del trasformismo più grossolano per la sopravvivenza.
E il saggio Fico ha chiuso un occhio anche sulla presenza nelle liste amiche di qualche nome chiacchierato oltre a quella nota di un consigliere comunale nella lista Mastella (!) indagato per voto di scambio politico-mafioso ma ormai i tempi di “onestà, onestà, onestà” sono archeologia politica.
Ora è pur vero che, come disse un vecchio notabile della mai defunta DC , in politica le parole valgono solo nel momento in cui si dicono ma la fiera delle retromarce tra gli ex nemici pare la rappresentazione plastica dell’ “amici e compagni basta che se magna”.
Napoli, 30 ottobre 2025




