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Allarme Scuola

Nel prossimo anno +34 mila alunni, ma tutte le regioni del Sud, perderanno docenti

di Stefano Cavallini *

Il governo dice che la scuola è uno dei settori su cui investire per la ripresa dell’Italia, nella realtà spariranno 14 cattedre in Abruzzo, 58 in Basilicata, 183 in Calabria, 387 in Campania (visto anche che, dopo la chiusura della piattaforma per le iscrizioni alle prime classi, a Napoli 6.000 iscritti in meno per il prossimo anno scolastico), 33 in Molise, 340 in Puglia, 27 in Sardegna. Tranne l’Umbria, dove vi sarà un decremento di appena 11 posti, tutte le altre regioni del Centro-Nord avranno invece un numero maggiore di docenti mentre in realtà il Meridione e Isole avrebbero bisogno di più docenti e risorse, perché presentano tassi di dispersione altissimi.

Nel prossimo anno scolastico gli studenti iscritti saranno ben 33.997 in più di quello attuale. Tuttavia, per effetto del blocco all’organico di diritto previsto dalla Legge n. 122/2012, il numero degli insegnanti sarà sempre lo stesso: 600.839. Come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all’altra. A saldo invariato. Ma se il totale rimane immutato, c’è comunque chi guadagna. E, inevitabilmente, chi perde. Peccato che a perdere insegnanti saranno solo le regioni del Sud
Scorrendo gli ultimi dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato, si è scopre infatti che tra il 2007 e il 2012 il personale della scuola ha perso oltre 124 mila posti (facendo registrare un -10,9%): da 1.137.619 unità di personale si è passati a poco più di un milione. Con gran parte di questi posti persi che appartengono al corpo docente. Anche se il numero di alunni tra il 2009 e il 2012 è aumentato di 90.990 unità, quello degli insegnanti si è ridotto del 9% passando “da 843 mila a 766 mila: una riduzione – ha rilevato di recente la Fondazione Agnelli – che ha toccato in eguale misura tutti i gradi scolastici, con l’eccezione della scuola dell’infanzia, e ha riguardato in modo più vistoso i docenti con un contratto a tempo determinato (-25%), mentre quelli di ruolo sono scesi del 6%”.
Sempre dal rapporto della Fondazione Agnelli è emerso che, soprattutto a seguito delle “misure volute dai ministri Gelmini e Tremonti con la legge 133/2008”, sono state riscontrate “importanti differenze regionali, con province del Sud, dove la popolazione studentesca è in forte calo, che hanno registrato diminuzioni dei docenti di ruolo fino al 18%”. I tagli maggiori al corpo docente di ruolo hanno riguardato tutte province del Sud: Frosinone, Matera, Avellino, Messina, Catanzaro, Cosenza, Potenza, Nuoro, Reggio Calabria e Isernia.
Inoltre, scorrendo l’ultimo rapporto territoriale Abi–Censis, realizzato su dati Istat, si scopre che l’area dove lo “squilibrio socio-economico” è maggiore è quella del Mezzogiorno. E lo stesso, tranne rare eccezioni, vale per quelle che hanno il più “basso tenore di crescita” a livello di “potenzialità rurale” o che sono “a rischio involuzione”. Mentre i territori dove c’è maggiore possibilità di crescita e sviluppo sono quelli del Nord, in particolare il Friuli, il Trentino, il Veneto, la Lombardia e il Piemonte. Con il settentrione che fa quindi “da traino”.
Il problema è che si stanno sottraendo docenti proprio dove ce ne sarebbe più bisogno: se si consulta il Focus del Miur sulla “dispersione scolastica”, si scopre che le zone dove gli alunni iscritti, sia nella scuola di primo che di secondo grado, presentano un “maggior rischio di abbandono” scolastico prima dei 16 anni sono ancora una volta Sud e Isole: Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo.
È tutto dire che il Cnel, elaborando dei dati Istat, ha denunciato che se in Italia il ciclo formativo si interrompe già molto presto, il 18,2% dei giovani con meno di 16 anni rispetto al 12,3% della media europea, al Sud, in particolare in Sicilia, Sardegna e Campania, un giovane su quattro lascia precocemente gli studi. Esemplare quanto accade in alcune province, come quella di Napoli, dove negli istituti tecnici la percentuali di studenti che risultano dispersi nel quinquennio supera il 45%. E il Ministero che fa? Riduce il corpo insegnante: è incredibile”.
Tutti questi dati dimostrano che gli attuali criteri sulla formazione dell’organico dei docenti, derivanti dal D.P.R. 81 del 2009, con gruppi-classi che possono raggiungere 27-28 alunni, non possono essere adottati nelle aree disagiate e a rischio. Per il Sud, in particolare laddove il disagio socio-economico è maggiore, occorre introdurre degli organici con parametri diversificati rispetto alle altre aree del Paese. E per questo occorre prevedere delle risorse aggiuntive, ad iniziare da un diverso rapporto docenti-studenti, facendo così cadere l’unicità degli organici e della formazione delle classi.

*Coordinatore provinciale Anief Napoli

Napoli, 3 aprile 2014