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Incredulità e Matrimonio

di don Giulio Cirignano biblista

In relazione alla riflessione circa la complessa realtà familiare c’è un aspetto che, pur presente in molti discorsi, non è tuttavia messo in giusto risalto. Rimane come sotto traccia, quasi inespresso, viziando così ogni serio discorso sul matrimonio. Possiamo formularlo con il cominciare a dire che la rottura dell’esperienza sponsale, oggi così dolorosamente frequente, non è l’aspetto più drammatico della situazione. La semplice rottura è solo una dolorosa conseguenza. C’ è qualcosa di ancora più grave. Cosa? La estraneità crescente rispetto alla esperienza di fede. Questo è il dramma vero in scena sotto i nostri occhi. Su ciò occorre riflettere attentamente.

Fino a qualche decennio orsono, la patina o meglio la illusione di una diffusa appartenenza alla esperienza religiosa induceva a considerare l’allontanamento dalle consuete norme morali del matrimonio e della sessualità come una personale, parziale disobbedienza rispetto ad una visione che si riteneva accettata in linea generale da tutti. La patina di diffusa cristianità rendeva possibile la continuazione di rapsodici momenti di appartenenza religiosa quali i matrimoni, i funerali, le prime comunioni e così via, inducendo a pensare l’allontanamento dall’ideale cristiano del matrimonio una sofferta eccezione.

Una specie di generalizzata abitudine avvolgeva tutto il vivere socio-culturale, soprattutto nei paesi di vecchia cultura cattolica, dando l’illusione che, tutto sommato, si era ancora un po’ legati alla esperienza religiosa. Sapevamo tutti che sotto quella specie di copertura comune albergavano sofferenze e fallimenti, soprattutto in relazione all’ideale cristiano del matrimonio e alle norme etiche regolative della sessualità. Conoscevamo tutti quelle sofferenze, soprattutto sopportata dalla parte femminile della coppia. Ma nonostante questo si continuava a pensare che la situazione della maggioranza delle persone fosse ancora segna dalla fede. Magari in forma larvale ma ancora consistente.

Oggi non è più così. E’ venuto in emergenza un dato innegabile: fatta eccezione per una allarmante minoranza, la maggior parte della gente ha realizzato un concreto vistoso scisma dall’esperienza credente. Per molti, Dio non significa assolutamente nulla.

Chi ha un po’ di pratica di preparazione di giovani coppie al matrimonio ne ha dolente conferma. Trova un livello di estraneità pressoché totale rispetto all’esperienza religiosa, frutto di ignoranza impressionante. Ripeto: per un numero crescente di persone Dio non rappresenta più nulla. Il vero dramma è questo: in molti è scomparsa qualsiasi traccia di fede e di interesse per l’esperienza religiosa. Siamo al cospetto di una generazione incredula. Il velo illusorio di cristianità si è definitivamente stracciato.

Ciò che è più sconcertante in tale situazione è che continuano a convivere due prospettive decisamente distanti l’una dall’altra. Ancora vi sono apparenti legami con la religione dovuti alla tradizione familiare di appartenenza, ancora si vivono brandelli di pratica religiosa e, accanto a ciò una massiccia estraneità rispetto alla vita di fede. Penso ai grandi centri urbani: immensi, anonimi dormitori, senza traccia di accettabile relazionalità, dove ognuno organizza il proprio vissuto individuale e dove la parola Dio e Vangelo sono assolutamente estranei.

Questa è la situazione. Neppure i tradizionali appuntamenti religiosi ancora in qualche misura avvertiti come Natale e Pasqua modificano questo drammatico dato di fatto. Ecco allora la domanda: se questa è la situazione come è possibile pensare di proporre l’ideale, peraltro altissimo, del matrimonio cristiano? Già di per sé arduo per coppie praticanti e vicine alla religione, come può essere indicato a persone che è poco definire analfabeti in fatto di fede? Occorre ricominciare da zero, senza facili illusioni. Le folle presenti in piazza S.Pietro come pure le apparenti piccole folle delle nostre messe domenicali non ci traggano in inganno. Proviamo a contare qualche volta coloro che partecipano alle nostre Messe e mettiamo il risultato a confronto con il numero degli abitanti delle nostre parrocchie. Le percentuali sono basse, bassissime. Gran parte dei nostri simili ha già accumulato un livello di estraneità alla esperienza religiosa dalle dimensioni allarmanti. Soprattutto i giovani presentano un quadro allarmante.

Una nuova cristianità va rifondata, iniziando quasi da zero. Smettiamola quindi, noi gente di Chiesa, Pastori o fedeli devoti, di illuderci. In larghi strati della nostra cattolicissima Italia, Dio è uno straniero a tutti gli effetti. Il Vangelo una realtà più distante degli astri che ravvivano le nostre notti d’estate. Anzi, quelle piccole luci lontane hanno maggiore vitalità del Vangelo per molti dei nostri fratelli. In questa situazione, noi continuiamo a proporre un ideale matrimoniale così alto? Oggi, sempre più spesso, si continua a sposarsi o a convivere per spinta naturale, finché dura.

Allora che fare? Occorre, come prima cosa, far innamorare di nuovo le persone della bellezza e positività della vita evangelica. Avendo banalizzato per secoli, soprattutto nei secoli di questa complessa modernità, l’esperienza religiosa riducendola a insieme di precetti e doveri, il cammino si presenta durissimo. Iniziamo, allora, da un realistico modo di vedere le cose per proseguire con cambi strutturali non indifferenti a tutti i livelli della vita ecclesiale. Non è questo il momento di farne dettagliata elencazione. Molte cose, sia nel modo di pensare che in quello di agire dovranno cambiare. Papa Francesco ha già indicato quelle più necessarie, dall’”Evangelii Gaudium” in poi. Raccogliamo la entusiasmante sfida che ci ha posto davanti.

Non c’è altra strada. Soprattutto non siamo senza risorse, non siamo orfani della premura di Dio. E’ lo Spirito del Signore che, solo, può tornare a far rivivere ossa aride, come al tempo del profeta Ezechiele. Nessun pessimismo, dunque, come pure nessuna illusione. Il morto è nella bara, come diciamo dalle nostre parti. Ogni discorso che non prende atto di questo dato di fatto è solo vento. Ogni discorso che non mobilita le coscienze resta condannato alla sterilità come ogni discorso che non pone fiducia in Dio è solo rancorosa lamentazione. Papa Francesco non si stanca di ripetere, più o meno esplicitamente che cambiare modo di pensare è difficile ma non impossibile.

Napoli, 1 giugno 2016