Pregare per Papa Francesco.
Pregare per Papa Francesco.
di Don Giulio Cirignano
Forse non abbiamo ancora preso con sufficiente attenzione la richiesta che Papa Francesco rivolge continuamente, al termine di ogni udienza o discorso: “ Per favore non dimenticate di pregare per me”. Perché questa insistenza?
Potrebbe sembrare, a prima vista, una richiesta generica di aiuto per il suo arduo ministero. Una richiesta un po’ formale, fatta tanto per fare o nel migliore dei casi solo per coinvolgere con sapiente dolcezza, gli ascoltatori nella sua preoccupazione pastorale. Ma nulla di più.
Devo confessare che avevo preso in questi termini un po’ banali tale richiesta. Poi, improvvisamente, mi è sembrato di aver compreso che le cose non stanno affatto così. E’ stato come una luce improvvisa: dietro quella richiesta c’è una appassionata ricerca di aiuto. Lieta e dolente nello stesso tempo. Per una ragione, soprattutto.
Studiando a fondo la “Evangelii gaudium”, prendendo atto dei numerosi spunti di novità e coraggio ivi contenuti, mi sono convinto che non può sfuggire al Papa la sua distanza dal comune sentire del popolo di Dio. E’ tre secoli avanti. Con altre parole il Card. Martini aveva indicato la condizione della Chiesa come indietro di due secoli rispetto alle attese del mondo moderno. Non stiamo a sottilizzare sui secoli. Papa Francesco è avanti, molto avanti. Nella sua mente e nel suo animo il difficile esodo dalla vecchia cultura cattolica è compiuto.
Il riferimento al Concilio, costante e chiaro, lo testimonia. Per lui il “Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura ad una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo” (n.26).Proprio per questo” la comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assuma la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così odore di pecore…Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania” (24). Si potrebbero moltiplicare all’infinito le citazioni del coraggio e della bellezza. L’occhio mi cade su una frase particolarmente intensa: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”( n.27). No, l’autopreservazione non gli piace. Al punto da dover constatare con invidiabile realismo che “ L’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicino alla gente e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione” (n.28). Poco sotto:” La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del ‘si è sempre fatto così’. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile ed i metodi evangelizzatori delle proprie comunità”(n.33). Audaci e creativi. Dunque al Papa non piace l’autopreservazione, il comodo criterio del ‘si è sempre fatto così’, ama la conversione profonda nel pensare e nel fare, la conversione perfino della figura del Vescovo e del Papato (cfr. n 31 e 32; n104).
Ce n’è a sufficienza per comprendere come la richiesta di preghiera che conclude quasi sempre i suoi incontri emerga dall’intenso groviglio di speranza e preoccupazione che abita nel suo animo. Ma Papa Bergoglio è’ forte ed è in grado di relativizzare le minacce alla sua pace ed al suo coraggio di padre innamorato del Vangelo. Da parte nostra, noi non possiamo più ascoltare quella richiesta come una carineria spirituale bensì come la richiesta di un coinvolgimento senza riserve. Il cammino da fare,infatti, è ancora lungo in larghi strati della comunità cristiana per mettersi in sintonia con il progetto programmatico del Papa.
Credo che egli conosca molto bene la situazione. Tocca con mano ogni giorno le lentezze, le chiusure, la diffidente difesa di privilegi secolari, la cecità relativa alle più evidenti esigenze del Vangelo. Ma essendo libero dentro e povero è praticamente inattaccabile. Il tempo lavora per lui. Piano piano gli aspetti più grevi del passato andranno in pezzi. Gradualmente, la Chiesa secondo Gesù Cristo, la Chiesa amica dell’uomo, la Chiesa del Concilio troverà la fisionomia adatta al tempo che stiamo vivendo. Noi, bambini invecchiati nel desiderio del Concilio non la vedremo. Ma ci basta aver intravisto come la vita donata, con tanti limiti ma anche con tanta fiducia nella grazia e nella misericordia del Signore, non è stata vana. Ci basta, per accogliere con gioia profonda l’invito ad unirci a Papa Francesco nella preghiera, convinti che così lui non è solo e neppure noi lo siamo.
Napoli, 10 aprile 2016