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Riapre il Duomo di Pozzuoli
Itinerario Rione Terra

di Mario Carillo

Torna all’antico splendore il Duomo di Pozzuoli, inglobato nella rocca del Rione Terra, la colonia romana di Puteoli fatta risalire al 194 a.C. devastato da un furioso incendio nel 1964, abbandonato e saccheggiato dopo il bradisismo del 1970 e il terremoto del 1980.
La Cattedrale di San Procolo patrono della cittadina flegrea, in stile barocco un unicum di arte e archeologia, dalle alte colonne bianche, blocchi di marmo lunense utilizzati dall’arch. Lucio Cocceio Aucto originario di Baia, è stata riaperta dopo un laborioso restauro della navata, del presbiterio con l’aggiunta barocca, della Sala Capitolare, della sagrestia della cappella del SS. Sacramento e ricollocate all’interno le tredici tele della quadreria seicentesca, tra queste l’interessante trittico di Artemisia Gentileschi e di Giovanni Lanfranco. Centocinquanta milioni di euro spesi; altri trenta milioni di euro in arrivo da parte della regione per gli edifici circostanti e completare i quattro chilometri di percorso sotterraneo e il campanile.
Hanno partecipato all’inaugurazione, il vescovo monsignor Gennaro Pascarella, il sindaco Vincenzo Figliolia, il governatore della Campania Stefano Caldoro, la soprintendente per i Beni Archeologici Teresa Elena Cinquantaquattro e il tecnico del restauro arch. Marco Dezzi Bardeschi, coordinati al tavolo dei relatori dal direttore per i beni culturali ecclesiastici don Giovanni Spina.
Fin dal II secolo a.C. lo sperone tufaceo del Rione Terra, la rocca dell’antica Puteoli, era dominata dal capitolium, il tempio dedicato alla triade celeste, Giove, Giunone e Minerva. Nel VI secolo dell’era volgare il tempio divenne cattedrale della comunità cristiana di Pozzuoli con l’arrivo dell’apostolo Paolo sbarcato a Pozzuoli nel suo viaggio verso Roma.
Con gli scavi del Rione Terra, le strutture della città antica stanno tornando alla luce: una mini Pompei sotterranea di suggestione straordinaria, che aggiungendosi ai monumenti come il Serapeo e l’Anfiteatro, fa di Pozzuoli uno dei siti più importanti per l’archeologia in Campania.
Gli scavi sull’acropoli stanno rivelando l’intero tessuto della città romana conservato intatto nel sottosuolo. La cinta muraria, che seguiva un percorso condizionato dall’andamento del banco tufaceo, ed alcuni ambienti con pareti in opera poligonale di tufo e volte a botte di scaglioni di tufo, rinvenuti sotto l’Episcopio. Dall’alto dell’antico agglomerato si gode un magnifico panorama.
Lungo i quattro chilometri del percorso sotterraneo sono stati individuati il decumanus del 194 a.C. e numerosi edifici, granai (horrea) e botteghe (tabernae), riedificati in opus reticulatum in età augustea; il livello superiore occupato da un complesso termale con pavimenti in opus sectile, mentre le fondazioni sono costituite da ampie cisterne scavate nel banco tufaceo della collina. Un edificio adibito in età tarda antica a pistrinum (bottega per la macinazione e la panificazione), contenente macine in pietra leucitica ritrovate ancora in sito.
Da quest’area proviene l’arredo scultorio e rilievi decoranti gli edifici pubblici e privati che costituiva una sorta di percorso museale destinato ad abbellire il complesso augusteo dell’acropoli e che ora è esposto, insieme con altri reperti, al Museo Archeologico di Baia.
Con la riapertura della cattedrale e in parte del percorso sotterraneo del Rione Terra, i Campi Flegrei costituiscono una delle aree archeologiche più vaste e affascinanti del mondo, ha detto Costanza Gialanella, direttrice dell’ampio complesso: Cuma con l’acropoli, l’antro della Sibilla, Baia, luogo di riposo prediletto dai romani con impianti termali e ville imperiali sontuose; Miseno, il più importante porto militare dell’impero; le Cento camerelle; due cisterne sovrapposte; la Piscina Mirabile; la tomba di Agrippina; la Solfatara, il mitico ingresso degli Inferi degli antichi romani, quattro laghi; fanno dei Campi Ardenti, cosi definiti per l’attività vulcanica mai sopita, un tour turistico e culturale di antica tradizione dove poeti, scrittori, appassionati di vulcanologia si ponevano sulle tracce Virgilio e Tacito. Nel 1787 Johan Wolfang Goethe scriveva: “Una gita in barca fino a Pozzuoli, delle piccole escursioni in carrozza, allegre scampagnate attraverso la regione più meravigliosa del mondo”.
Dalle vestigia degli antichi avi, grandi allevatori di pesci, murene e ostriche, ai moderni ristoratori con ricette rivisitate dei famosi banchetti luculliani e ai grandi vini, dal nettare ardente, la cui sorgente primitiva è nei terreni ricchi di ceneri, lapilli, tufi e tanti microelementi.

13 maggio 2014