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Tango che passione, evoluzione

di Cristina Iavazzo

Inizialmente il tango viene ballato dal popolo esclusivamente nelle feste private, ma in seguito all’approvazione della legge di suffragio universale (secondo la quale tutti i cittadini maggiorenni possono partecipare attraverso il diritto di voto alle elezioni politiche, amministrative e alle altre consultazioni pubbliche), viene concesso il permesso di poterlo ballare anche in pubblico. Da qui comincia il suo percorso di diffusione anche tra la piccola e media borghesia che usava frequentare i locali dove i popolani si riunivano per ballare. Tra il 1915 e il 1920 il tango comincia a trovare un’identità e a diventare nazionale, liberandosi così di quell’etichetta popolare che l’aveva caratterizzato fino a quel momento. Tra i compositori più importanti di questo periodo ricordiamo Angel Villoldo, responsabile della sua esportazione all’estero. Nonostante il crescente successo che inizia ad avere, la forte carica di sensualità che lo caratterizza costituisce un grosso ostacolo alla sua diffusione, soprattutto da parte della chiesa e di re Wilhelm II.
A Parigi, divenuta la sua la seconda patria, il tango viene depurato da tutti i suoi contenuti più sensuali e diviene perciò un ballo non più solo per popolani ma anche per le classi sociali più ricche ed agiate. Esso viene anche privato di quell’improvvisazione che l’aveva sempre caratterizzato, per renderlo più europeo. Cosi trasformato il tango viene poi reimportato in Argentina, la stessa patria che ne ha visto i natali e dalla quale esso è partito fino a diventare quel fenomeno senza precedenti che ancor oggi conosciamo.

Napoli, 12 marzo 2014