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Gli allevamenti di suini: tipologie delle strutture di contenimento
di Pasquale Falco

 

 

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Una corretta gestione per una sostenibile suinicoltura richiede fasi complesse, relative all’ organizzazione dell’allevamento, alle strutture necessarie e alla gestione degli effluenti zootecnici.

Realizzare porcilaie che non siano più strutture di produzioni intensive, meccanizzate, gestite per ottenere la massima produzione a parità di impegno di risorse, è un importante obiettivo da perseguire per tutti gli addetti al settore.

Mettere al centro dell’attenzione il benessere animale, è l’imperativo categorico a cui più nessuno può sottrarsi.

 

I suini traggono beneficio da un ambiente che risponde appieno alle loro esigenze in termini di possibilità di movimento.

Anzi forti restrizioni di spazio pregiudicano il loro benessere.

La “Direttiva suini” (Direttiva CE 2008/120, recepita in Italia con il D. Lgs 07/07/2011 n. 122 – Attuazione della direttiva 2008/120/CE che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini) detta le dimensioni dei locali di stabulazione dei suini.

Essi devono essere costruiti in modo da permettere agli animali di:

  • avere dimensioni che soddisfano determinati parametri dimensionali;
  • essere dotati di una zona di riposo, confortevole dal punto di vista della pulizia e della dimensione, che consenta a tutti gli animali di stare distesi contemporaneamente;
  • riposare e alzarsi con movimenti normali;
  • vedere altri suini (fanno eccezione scrofe e scrofette che, nella settimana precedente il parto e nel corso del medesimo, possono essere tenute fuori dalla vista degli altri suini).

Le strutture di contenimento specifiche per ogni fase dell’allevamento e per le diverse tipologie di suini sono numerose.

Si riporta nella tabella seguente di sintesi un elenco.

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Nelle strutture collettive dell’allevamento, i maiali dovrebbero essere tenuti in gruppi con minimo grado di commistione.

Tra l’altro, essi sono animali che non disdegnano la compagnia.

Possono quasi sempre essere tenuti, in genere, fino ad un numero massimo di dieci, assicurando ad essi comunque condizioni ottimali di benessere e tranquillità.

Tale numero limitato contribuisce a ridurre eventuali situazioni di stress, di competizione e di aggressività.

Fanno eccezione esclusivamente, la fase di inseminazione e quella più prossima al parto, in cui, ovviamente, ogni futura genitriceimages è tenuta in una struttura singola e dedicata.

Il tenere in gruppo i suini può rispondere ad ulteriori criteri organizzativi dell’allevamento, soprattutto per quelli ad indirizzo riproduttivo.

Le scrofe e le scrofette, per esempio, possono essere allevate in gruppi statici o in gruppi dinamici.

I gruppi statici sono costituiti da scrofe fecondate nello stesso periodo che restano assieme per tutta la durata della gestione.

In questo modo i controlli e i trattamenti per l’intero gruppo sono più semplici da effettuare, compresa l’alimentazione che soddisfa le esigenze di ogni singola scrofa nel gruppo.

Al contrario, si definiscono gruppi dinamici quelli costituiti da scrofe singole che, dopo l’inseminazione effettuata in tempi diversi l’una dall’altra, vengono comunque reintrodotte nel gruppo e che alla fine della gestazione vengono nuovamente separate per il parto da 7 a 5 giorni prima.

In questo modo ogni scrofa avrà la giusta attenzione di cui ha bisogno.

Per gli allevamenti di ingrasso, invece, si utilizza la tecnica del pareggiamento: gli allevatori sono soliti isolare dai diversi box i soggetti che presentano le stesse peculiarità per riunirli in box omogenei.

Tale operazione viene solitamente effettuata un paio di volte all’inizio della prima fase di magronaggio (peso vivo di 50–60 kg) ed all’inizio della fase di ingrasso (p.v. di 80–100 kg).

Tale tecnica presenta diversi il vantaggio di avere gruppi che richiedono interventi unici che rispondono ai bisogni dell’intero gruppo.

images (1)La Direttiva CE 2008/120 rimarca, oltre alle caratteristiche e dimensioni delle strutture di contenimento, ulteriori aspetti; si tratta di strumenti dettati per spingere verso allevamenti di suini che mettano al centro dell’attenzione degli allevatori non solo le valutazioni economiche, l’impatto ambientale, le considerazioni sociali, ma anche il benessere animale. Si tratta in definitiva di aspetti fondamentali che trovano la loro piena applicazione in quelle strutture produttive che possono definirsi, in una espressione, “allevamenti etici”. La Direttiva prevede:

  • attività ispettive degli impianti e del bestiame;
  • azione di formazione del personale;
  • attività di informazione per il consumatore.

La necessità di prevedere ispezioni delle strutture produttive ha ovviamente la finalità di verificare lo stato di adeguamento delle strutture ai parametri organizzativi e dimensionali e la valutazione del rispetto dei dettami normativi.

Una ulteriore disposizione impone al titolare dell’allevamento l’obbligo di assumere personale addetto ai suini che abbia ricevuto istruzioni pratiche sulle disposizioni della direttiva, attraverso appositi corsi di formazione, incentrati in particolare sul benessere degli animali.

Infine, è prevista una attività di informazione per i consumatori ed altri operatori, che vanno tenuti al corrente degli sviluppi tecnologici e delle ricerche scientifiche sui migliori sistemi di allevamento.

In tal modo, il consumo responsabile ed informato può favorire i prodotti di qualità delle strutture che applicano metodi di allevamento rispettosi delle esigenze etologiche e comportamentali dell’animale, alla base di una accettabile correlazione uomo-animale allevato.

Napoli, 25 giugno 2020