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“La storia di Shunkin” di Jun’ichirō Tanizaki.

di Maria Teresa Luongo.

Dall’interno della sua preziosa scatola in sandalo rosso con paesaggi finemente incisi, un pezzo unico importato dalla Cina, il canto dell’Uguisu* doveva forse giungere tanto adorato all’orecchio di Shunkin. Probabilmente evocava nel suo cuore un rumore di foresta o di ruscello che scorre, un leggero frusciare di foglie al vento o, tradotto in suono argentino, la potenza visiva di un’aurora che lei non aveva più potuto ammirare da quando a nove anni aveva perduto la vista.

Di questo breve e delicato racconto, opera di quel che è considerato uno dei maggiori autori della sua epoca, Jun’ichirō Tanizaki (Tokyo, 24 luglio 1886 – Atami, 30 luglio 1965), il dettaglio così lirico del canto dei “rosignoli” o “uguisu” è forse quello che più di tutti resta caro al lettore.

Invece Shunkin è tutt’altro che amabile. Lei è una crudele musicista cieca, maestra di shamisen e koto, bellissima, avara con gli altri e generosa fino allo sperpero con sé stessa. Spietata con il suo amante-allievo e totalmente asservito Sasuke. Non a caso “La storia di Shunkin” è parte di una raccolta dal titolo emblematico di “Due amori crudeli”.

Tanizaki in questo racconto trasforma la meschinità in una veste di seta e il lettore in un voyeur che desidera solo vederla cadere. D’altra parte parliamo di un raffinato narratore del secolo scorso che seppe come pochi scandagliare le perversità del genere umano, descrivere la voluttà dei corpi, senza scadere nella volgarità di descrizioni dettagliate ma lasciando lo spettatore-lettore libero di immaginare tutto da sé.

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Tanizaki

Una squisitezza psicologica quella delle opere di Tanizaki- che fece anche scandalo, come per il romanzo “La chiave”- che possiamo imparare ad apprezzare partendo proprio dalla storia della inclemente Shunkin. Un racconto questo che ci restituisce intatta l’essenza di questo grande scrittore giapponese che sfiorò il Nobel (è noto che nel 1964, l’anno prima della sua morte, egli fu nominato al prestigioso riconoscimento, poi vinto da Jean-Paul Sartre) e che meritatamente è diventato il classico di più generazioni.

*Uguisu: usignolo dei cespugli giapponese.

Napoli, 9 maggio 2018