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Necessità del Cambiamento
di don Giulio Cirignano

      Deve essere affermato con chiarezza: la devozione individuale non basta più, deve inchinarsi e cedere il passo alla vocazione profetica del popolo di Dio nella sua interezza, cedere il passo al dolce e difficile parlare a nome di Dio, del Dio di Gesù Cristo. E’ necessario il cambiamento. In fondo si tratta sempre di salvarsi l’anima, bensì in compagnia. La comunione genera comunione, il canto corale dell’alleluia pasquale scioglie le tenebre della solitudine e sparge nell’aria il clima della nuova stagione.

     Cambiare: la parola fa paura. E’ doveroso comprendere il perché. Forse il semplice richiamo al cambiamento è troppo generico. Non si sa bene a cosa pensare. Occorre, pertanto, precisare percorsi concreti di cambiamento. Da dove cominciare? Domanda apparentemente complicata. Se ci regaliamo un attento girovagare nella costellazione di segni che Papa Francesco a disseminato in questi anni, probabilmente si inizia a intravedere una via di uscita. Proviamo.

      Al primo posto il gaudio evangelico. Con il gaudio evangelico al centro cambiano molte cose: cambia il cuore, lo sguardo, il linguaggio. Cambia la gerarchia di valori. Certo, la sostanza della vita cristiana non cambia, non può cambiare. Scende dall’alto e resta immutabile. E’ invenzione di Dio. Cosa cambia allora? Tutto ciò che è creazione, anzi invenzione dell’uomo. Molte cose abbiamo inventato per far fronte all’inevitabile srotolarsi del tempo. Cose belle, certamente, ma ora invecchiate. Per indicare qualcosa che le riassuma tutte possiamo pensare a tutto ciò che tende a trasformare la fede in religione. Spesso, senza rendercene conto, abbiamo adottato pratiche che hanno sostituito la fede con la religione. Sono tante ed è inutile nominarle, tanto più che ognuno ha le proprie.

      Un segno evidente della perdita della sensibilità comunitaria del credere e della passione profetica è l’eclissi della preoccupazione per i lontani.Non si parla più dei lontani. Strano paradosso: nel momento in cui essi sono in visibile aumento sono scomparsi dalla attenzione dei credenti. Al tempo del Concilio non era così. Allora si parlava molto di loro.Invece, proprio nel vivo della prima generazione incredula, ci attardiamo a coltivare con molta attenzione la devozione individuale e buona notte!

       Un tema interessante su cui merita riflettere e che ha un qualche rapporto con il gaudio evangelico è quello della differenza tra religione e fede: nel parlare comune sembrano identificarsi. In realtà sono molto diverse l’una dall’altra. La prima nasce dal bisogno e dalla paura. Per questo non ci abbandonerà mai. E sempre per questo, quanti fanno leva sulla religione hanno sovente molto successo. Hanno successo ma non incidono se non in piccola parte e solo nel perimetro ristretto della loro vita personale. La fede invece nasce dalla bontà di Dio che si offre all’accoglienza dell’uomo. Il Dio di Gesù Cristo non si merita lo si accoglie.Accogliendolo veramente, allora, cambia la vita: possiamo guardare il mistero del nascere e del morire con i suoi occhi. Guardiamo gli altri con gli occhi di Dio che sono occhi di misericordia e stima.

      Proseguendo il cammino nella costellazione dei segni regalatici da Francesco, al secondo posto metterei i commoventi incontri ecumenici: valdesi, luterani, orientali, altre fedi. E’ il modo con cui Papa Francesco li vive che li rende singolarmente efficaci. Secoli di lontananza e di mancanza di dialogo sono polverizzati. Ora tutti dobbiamo cambiare mentalità per continuare il difficoltoso viaggio. Quella del dialogo, dunque, appare come prospettiva concreta intorno a cui lavorare, a livello storico, teologico, comunionale, amicale.

      Al terzo posto: ‘Laudato sì’, la prima enciclica ecologica. Amore e rispetto per il creato, amore e premura per la terra e per i suoi abitanti, soprattutto per i più poveri. Il collegamento con la ‘ Gaudium et spes’ è immediato, con il Concilio, con il Vangelo. Praterie di bellezza ci stanno davanti, percorsi di cambiamento nel modo di pensare la Chiesa al suo interno e nella sua estroversione, nella maniera di nutrire la fede alla Parola di Dio, nella valorizzazione di tutte le risorse del popolo di Dio a cominciare dal pianeta donna.

     Abbiamo evocato il Concilio. Ebbene, una quantità grande di percorsi di cambiamento si apre davanti allo sguardo. Ancor più pensando al Vangelo compreso finalmente nella sua suntuosa bellezza. E allora? Come è possibile il permanere di stili, di mode, di luoghi comuni, di pie abitudini? Come è possibile continuare a mantenere in esilio l’obiettivo della fraternità, la gioia della misericordia, come è possibile non cessare di amare il sottile piacere della carriera e della autoreferenzialità?

     Cambiare dunque, se non ora, quando?

Napoli, 23 aprile 2018