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La resa del Conte!…..

di Carlo Gimmelli

Dopo il tonfo alle Europee Peppiniello allo scontro frontale con Grillo che vuole chiudere con l’Avvocato del Popolo e tornare alle origini. Scissione in vista? La Raggi in pole.

.L'avvocato del populismo: il discorso di Giuseppe Conte all'europarlamento  - Open

Il voto alle Europee ha certificato ciò che tutti sospettavamo: la vaporizzazione, annunciata, del fu Movimento 5 Stelle, un’agonia lenta e costante di un partito non partito che ha perso via via tutti i totem ideologici che lo avevano portato a sbancare il jackpot dei consensi nel 2018: politicamente preistoria.

Dall’uno vale uno al rendiconto delle spese degli eletti, dai famosi 2.500 euro al mese per vivere dignitosamente a Roma al divieto di cambio casacca, dalla repulsione per l’Auto blu al Presidente della Camera che viaggia in ATAC, dall’aberrazione della qualifica di “Onorevole” alla abolizione dei vitalizi e alla rinuncia ad incassare i rimborsi elettorali: insomma, tutto il vademecum del cittadino prestato alla
politica che aveva provocato la famosa “onda” che avrebbe raso al suolo il Palazzo ha sbattuto il viso contro la Real Politik che prima ti combatte poi ti blandisce, infine ti allinea.

Ed è andata esattamente così: con buona pace del visionario Beppe Mao, distratto e “addomesticato” dai guai giudiziari del figliolo Ciro, invischiato in una brutta storia di presunti abusi sessuali, il komandante, ormai 76enne, ha ceduto la guida e il marchio di fabbrica della sua creatura al rampante avvocato ciuffato che, liberatosi dell’ingombrante competitor Di Maio, ha via via smantellato gli architravi “populistici” (manco fosse un insulto!) e si è accodato al PD confidando in una partnership modello Meloni con aspirazioni da leader.

Gli scontri, pubblici o sotterranei tra i due, dopo il suicidio politico del democristiano Di Maio (colui che dal balcone di Palazzo Chigi annunciò che “abbiamo abolito la povertà”, più probabilmente la propria e che ha scelto la personale sopravvivenza economica a quella politica del Movimento, sono stati costanti e unidirezionali nonostante la buonuscita di 300.000 euro annui garantiti al fondatore insieme al ruolo di Garante.

Che i due non si fossero mai amati è storia ufficiale: il Vecchio Leone, fondatore e guida spirituale del Movimento che per un decennio ha catechizzato attivisti e cittadini sulla nascita di una nuova politica, aveva malvolentieri ceduto il volante al vanesio Avvocato del popolo, ripartendo da un nuovo blog personale che ha spesso messo nel mirino il nuovo corso contiano che in pochi anni aveva esautorato gli storici capi della prima ora: Di Maio, Fico e Di Battista.

Conte, riconosciuto nuovo leader, da un controverso voto on line degli iscritti, ormai poco più di un feticcio, ha cercato di tenere a galla ciò che restava del Movimento, passato dalla sbornia del 34%, con punte del 50% al Sud nel 2018, ad un anonimo 12%, normalizzando un partito che ormai delle origini aveva solo il nome.

In realtà a Grillo e C. non è stato mai perdonato l’appecoronamento al Governo Draghi (“Draghi è un grillino” annunciò machiavellico il comico genovese all’indomani dello scellerato accordo) fino a quel momento visto dagli ortodossi del Movimento come la criptonite per Superman.

BeppeMao, pur pagato trecentomila euro l’anno come consulente del Movimento, non ha praticamente toccato palla nell’arena della campagna elettorale e si è limitato a qualche timida sortita contro il governo Meloni nelle tappe dei suoi spettacoli comico\politici, come se attendesse l’harakiri del suo miglior nemico Peppeniello Appulo, per poi passare all’incasso.

Il Movimento nacque come una mina vagante che voleva “scassare” il Palazzo: memorabile l’astio di Re Giorgio Napolitano verso la montante marea populista che, partendo dal basso, minacciava di allagare i salotti felpati degli ex comunisti miglioristi e, da presidente della Repubblica, regalò una velenosa battuta indirizzata al crescente Movimento: “Il boom dei Cinque stelle? Ma quale boom? Io ho conosciuto solo il
boom degli anni sessanta!”

Era il 2012, politicamente preistoria, e il venticello dell’anticasta, nato già all’indomani del repulisti di Mani Pulite che aveva sventrato i partitoni della Prima Repubblica tranne uno, era diventato tempesta sul finire del ventennio berlusconiano, con un paese economicamente in ginocchio che minacciava l’assalto al Palazzo e alla sua orchestrina.

Grillo, che da anni, cavalcava sapientemente la risacca del consenso verso la casta, mai così lontana dal mondo reale, arroccata nel suo microcosmo di infiniti privilegi individuava proprio in Napolitano il responsabile della deriva morale della politica, accusandolo di pesanti responsabilità nella trattativa Stato-Mafia e di un uso ad personam della immunità presidenziale.

Il “Romanzo Quirinale” di BeppeMao, lasciava sottintendere una nuova narrazione sulla vera storia delle stragi mafiose negli anni di sangue e fango che portarono il paese ad un passo dal colpo di Stato quando Re Giorgio era ministro dell’Interno.

Ma questa è un’altra storia, oggi dopo la grande illusione si prospetta l’ombra di un reset o di una eutanasia.

Del resto anche il celebratissimo superbonus facciate al 110%, varato proprio da Conte nel 20202 si è rivelato un pasticcio politico\economico che, se da un lato, ha rianimato il settore edilizio per due anni come controcanto ha scatenato un pesante rialzo dei prezzi delle materie prime e un trionfo di truffe fiscali per oltre 15 miliardi di euro per lavori mai eseguiti su un totale di oltre 220 miliardi di crediti di imposta
con un impennata ulteriore del debito pubblico che ad oggi rasenta la cifra monstre di 3.000 miliardi di euro.

La batosta elettorale del 9 giugno ha riacceso lo scontro, mai sopito, tra i due leader: grillo accusa Conte di essersi appiattito sulle posizioni da salotto della Schlein e lo ha convinto a convocare gli Stati Generali del partito a Settembre e dal suo Blog continua a lanciare stilettate al suo miglior nemico Peppiniello invocando il ritorno alle origini per proporre un nuovo progetto visionario che sconvolga lo stato comatoso dell’opposizione e a tenere a galla il vincolo dei due mandati, l’ultimo totem ideologico del Movimento che Conte vorrebbe abolire, per esorcizzare la figura del politico professionista su cui si basa l’ideologia Grillina primitiva.

Conte, ad oggi è un leader dimezzato, o meglio commissariato e Grillo non intende fare il padre nobile o il soprammobile del Movimento, sull’uscio resta la sagoma della Raggi, pasionaria della prima ora e candidata in pectore da BeppeMao a sostituire Conte o a essere la leader di un nuovo Movimento in caso di scissione.

Nella concezione di Grillo il partito così come è non ha futuro, è una copia sbiadita del PD: l’unico trofeo rimasto in bacheca: il Reddito di Cittadinanza è stato depotenziato e messo all’indice dal nuovo ordine meloniano.

L’Elevato vuole l’ultimo colpo di coda prima della meritata pensione, un nuovo Movimento, irregolare, trasversale fuori dagli stantii schemi destra sinistra, una nuova rivoluzione ortodossa che sconquassi il bipolarismo sancito dal voto elettorale.

Un nuovo 2008 insomma, che intercetti quel 53% di atarassici non votanti che costituisce il primo partito, quiescente, del paese.

La nuova scommessa di Grillo verte sugli “sdraiati”, quelli che lavorano ma restano poveri e non votano e introdurre un nuovo reddito separato dal lavoro a tempo pieno che, nella sua visione, rappresenta il passato e sarà sempre più insufficiente a raggiungere il benessere ma la gestione contiana del partito vuole ancorarsi alla gonnellina della Schlein che ha cannibalizzato l’alleato competitor che ora viene attaccato dai grillini ortodossi che premono sul fondatore per il ritorno alle origini.

Il cinico Beppe, in attesa della resa del Conte, intanto dal suo blog gli ha rifilato un altro missile ad alzo zero “ ha preso più voti Berlusconi da morto che lui da vivo”.

Dopo l’estate sapremo.

Napoli, 24 giugno 2024

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