È tutta questione di vulva
È tutta questione di vulva
di Martino Ariano
Un cortigiano: un uomo che vive a corte;
Una cortigiana: una mignotta.
Un massaggiatore: un cinesiterapista;
Una massaggiatrice: una mignotta.
Un uomo di strada: un uomo del popolo;
Una donna di strada: una mignotta.
Un uomo disponibile: un uomo gentile e premuroso;
Una donna disponibile: una mignotta.
Un uomo allegro: un buontempone;
Una donna allegra: una mignotta.
Un gatto nero: un felino deceduto;
Una gatta morta: una mignotta.
Da secoli le donne lottano per i loro diritti.
LOTTANO
Da notare il tempo verbale, è il presente indicativo, quando in realtà dovrebbe essere un tempo verbale del passato, il passato remoto preferibilmente.
Perché siamo ancora costretti ad usare un verbo al presente?
Perché, nonostante oltre 2000 anni di storia, la donna continua a farsi strada nei meandri di un mondo pervaso da poteri, ideologie e culture machiste.
Le sfumature di questa storica disuguaglianza sono tantissime, da quelle di natura sociale a quelle di matrice politica, senza trascurare la non poco rilevante influenza religiosa.
Nel XXI secolo certi canoni, certi sviluppi, certe libertà, certi diritti e certe autodeterminazioni dovrebbero esser dati per scontati, per universalmente accettati e tutelati, soprattutto nel mondo occidentale, che tanto si professa democratico.
Ma nonostante i tantissimi passi avanti fatti, non è ancora del tutto garantito il diritto di essere persona, di essere donna.
Il diritto all’autodeterminazione.
Vi faccio solo un appunto.
Avrete sicuramente sentito frasi del tipo “la prima donna a”, “la prima donna per”, “la prima donna come” o altre simili.
Pur essendo ovviamente e pienamente consapevole che ci debba essere sempre una prima volta, non vi sembra un tantino anacronistico in riferimento ad una donna?
Ma fatto questo piccolo appunto, che già vi dà l’idea della gravità della situazione e tralasciando i macchinosi tecnicismi connessi alla tematica, vi voglio portare nel mondo dell’arte.
E, come spesso accade, a tematiche forti, l’arte risponde con altrettanti opere d’impatto.
Oltre alla risaputa considerazione che la donna ha nell’arte, in quanto musa, modello e soggetto, molti artisti hanno scelto una visione ancora più spuria, eliminando qualsiasi ideale o idealizzazione, distaccandosi così dalla visione classica, angelica, divinizzata della donna, e scegliendo di presentare la realtà così com’è: nuda e cruda.
Più precisamente, hanno messo in primo piano l’elemento anatomico e sessuale della donna: la vulva.
Due opere diverse per natura e per dato cronologico.
Da un lato un’opera pittorica, un olio su tela, l’altra una scultura-installazione di Land Art, in cemento e resina.
Da un lato un’opera moderna, del 1866, e dall’altro un’opera contemporanea, del 2020.
La prima, intitolata L’origine del mondo, è una tra le opere più discusse, argomentate e scandalose della storia dell’arte.
Realizzata dal francese Gustave Coubert, presenta con il suo forte Realismo un’inquadratura inedita nel mondo dell’arte di un corpo femminile, infatti inquadra la parte più intima di una donna, la vagina.
Ma, nonostante possa essere cacciata di pornografia, tale non è.
Essa è da considerarsi un nudo artistico.
La differenza è sottile: se la pornografia presenta in maniera volutamente esplicita parti ed atti sessuali, il nudo artistico presenta il corpo o alcune sue parti con perizia tecnica e con espedienti che rendono il soggetto non volutamente esplicito.
Praticamente il nudo artistico rigetta all’osservatore l’eventuale emozione o malizia della sua rappresentazione.
Ciò che accade dinanzi all’opera di Courbet.
L’osservatore non viene catturato o attratto dall’organo sessuale in quanto tale, ma dal suo aspetto ideologico.
Sulla stessa lunghezza d’onda viaggia l’altra opera, quella contemporanea.
L’opera di Land Art è intitolata Diva ed è opera dell’artista brasiliana Juliana Notari, famosa per lavori a sostegno del mondo femministica.
Si presenta come una gigantografia dell’organo sessuale femminile.
L’installazione si basa su uno scavo profondo 33 metri ed esteso 16 e si presenta di colore rosso fuoco, in forte contrasto con il verde del parco Usina de Arte, nella città di Água Preta, nel Pernambuco, in Brasile.
Il primo e più chiaro intento dell’artista è quello di criticare la società occidentale machista e di denunciare i problemi di genere.
Lo scavo appare inoltre come un taglio, uno squarcio e allo stesso tempo una ferita.
Un gesto simbolico di doppia lettura, da un lato la voglia di dare un taglio al sistema machista, dall’altro di ricordare il male inflitto costantemente da quest’ultimo sulla donna.
Un taglio, una ferita, un pugno allo stomaco dell’osservatore.
Non voglio entrare nei tecnicismi sociologici o ideologici, ma non è possibile costituire una società sana, fin quando tutti coloro che la compongono, non sono ugualmente inclusi e si sentono parte di essa.
Non dovrebbe essere il sesso a determinare un ruolo sociale, economico e politico, dovrebbe essere il valore della singola persona in quanto tale.
Bisognerebbe considerare di più l’umanità, le persone con le loro conoscenze, le loro capacità, le loro debolezze, i loro pregi, i loro difetti, le loro emozioni, ma soprattutto con le loro idee.
IDEE, IDEALI NON IDEOLOGIE.
Sono cose ben distinte, quando l’idea diviene ideologia, si può eccedere, estremizzare, esagerare e infine perdere il principio base e sano dell’idea madre.
Concludo invitandovi ad ascoltare il monologo, tenuto da Paola Cortellesi ai David di Donatello nel 2018:
IDEALI NO IDEOLOGIE
Marzano di Nola, 8 febbraio 2022