È il tempo della medicina predittiva. Siamo attori o spettatori? Matteo Tafuro. Nola
È il tempo della medicina predittiva. Siamo attori o spettatori?
di Matteo Tafuro
“Finisce sempre così. Con la morte.
Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla.
È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore.
Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura.
Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza.
E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile.
Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo.
Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove.
Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco”.
Così recita Jep Gambardella in: La Grande Bellezza, di Sorrentino. In un’altra scena del film un gruppo di persone si riunisce attorno a una sorta di sacerdote dell’apparenza, un chirurgo estetico, che attraverso l’uso di Botulino intende dare o eliminare il peccato della vecchiaia. All’improvviso compare, tra i pazienti, una giovane suora che riceve la sua dose di sacro ringiovanimento nel palmo delle mani.
Il conoscere, il sapere ci rende protagonisti, cioè ci rende consapevoli a cosa andiamo incontro o fa di noi dei predestinati? In altri termini, il sapere ci imprigiona nel presente rispetto al futuro, impedendoci di vivere come avremmo voluto? Prendiamo, ad esempio, il rapporto tra malattia e salute, mai come in questi anni bui ha conosciuto cambiamenti particolari.
Con la crescente specializzazione della medicina predittiva e personalizzata si sono attenuati i rischi, favorendo la nascita di un più alto livello di percezione della qualità della vita.
Nulla più sfugge alla medicina, tutto grazie ad essa può essere controllato. La salute diventa un bene collettivo, da proteggere, ognuno è responsabile della propria salute grazie anche ad un’adeguata educazione a riguardo. La salute diventa principio socializzatore, poichè il problema non è più quello di eliminare la malattia, ma di generare nell’individuo nuove abitudini di vita. La malattia va anticipata e non subita come inevitabile, per poter vivere il futuro con minore ansia.
Nel mondo occidentale, è ormai acclarata l’idea di poter e dover prevedere il futuro attraverso il dna, così da capire se siamo o no predisposti a certe malattie.
Esempio cangiante è quello di Angelina Jolie, la diva cinematografica che si è sottoposta ad un intervento di mastectomia, solo perché il test del dna aveva rilevato una possibilità elevata di contrarre un tumore al seno, pur non avendo ancora alcun sintomo. Questa possibilità ha generato in lei un forte stato d’ansia che ha risolto attraverso l’asportazione della mammella.
Filosoficamente parlando la possibilità di capire, con un test, quale è la tua predisposizione genera un problema su cosa sia la libertà, cioè si è liberi quando si sa o quando non si sa? Nel momento in cui sappiamo forse resteremmo imprigionati nel presente rispetto al futuro.
Poi si pone un problema di tipo sociologico, che è quello delle disuguaglianze sociali. Nel film del 1997 “Gattaca: la porta dell’universo”, il regista mostra che attraverso i test genetici si stabilisce chi ha una maggiore predisposizione per cui si crea una popolazione valida e una non valida e questa disuguaglianza si ripercuote nella vita quotidiana, ad esempio nelle assicurazioni sulla vita o sui posti di lavoro.
Infine vi è un problema giuridico legato alla riservatezza dei dati sensibili, la gestione, la manutenzione, il controllo e l’aggiornamento periodico delle banche-dati ormai basate su sistemi informatizzati, comportano il rischio di un utilizzo scorretto ed anomalo delle informazioni personali, il paziente potrebbe essere individuato con facilità e soggetto a discriminazioni. E se la conoscenza ci impedisce di vivere come vivremmo e vorremmo e ci priva della libertà di non sapere?
In questo caso il protagonismo, diventa predestinazione, così come descritto da Max Weber “Nell’etica protestante”, il sociologo tedesco mostra come l’etica della religione protestante ed in particolare quella calvinista sia stata una delle concause dell’affermazione del capitalismo. I calvinisti credevano nella predestinazione e cioè credevano che gli uomini fanno il bene o il male non perché lo vogliono, ma perché così li ha predestinati Dio e la globalizzazione, non è altro che uno degli elementi che ha ristretto la nostra libertà, riducendo la capacità degli Stati di mantenere il controllo sulla dislocazione e la distribuzione delle forze produttive.
Enormi poteri sono concentrati nelle mani di ristrette oligarchie industriali e finanziarie internazionali, le quali hanno preso ad agire senza sottostare al potere sovrano di alcun parlamento e corpo elettorale e senza disporre di alcuna legittimazione democratica e a dotarsi di possenti mezzi di informazione al fine di orientare l’opinione pubblica a favore dei loro interessi.
Il pensiero dei cittadini viene omogeneizzato e guidato da un sistema decisionale dall’alto. Questo rende le persone meno capaci di esercitare le proprie libertà fondamentali. Insomma, non è che per caso si sta diffondendo l’idea di aver a che fare con la chirurgia anche se si è sani, creando così un mondo di malati, solo per apparire migliori fisicamente? No, voglio rivoluzionare il mio punto di vista, liberandomi della presunzione antropocentrica e lasciandomi trasportare dalla contemplazione. Forse, come per Jep Gambardella, non ci sarà un riscatto, perché in fondo tutto questo non è così importante, davanti all’imparzialità dell’universo. Oltre le classi, oltre la società e anche oltre le donne e gli uomini, là è dove si trova La grande bellezza.
Nola, 2 dicembre 2024