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Compay Segundo, storia di un figlio di Cuba
di Emanuela Cristo

Scherzando diceva che avrebbe voluto vivere fino a centosedici anni, come sua nonna. Non ci è arrivato Compay Segundo, ma ha vissuto comunque a lungo: è morto il 18 novembre 2003 a 95 anni e la sua vita è trascorsa tra oblii e rinascite, fino a diventare una vera e propria leggenda della musica cubana.

“Io le accendevo i sigari. Avevo cinque anni. Mi diceva “accendimi un sigaro” e io lo facevo già a cinque anni. Lo accendevo e poi lo passavo a mia nonna e lei se lo fumava. Quindi posso affermare che fumo da ottantacinque anni.” Compay Segundo nel 1997

La Afro-Cuban All Stars

All’Havana, a Cuba, nel quartiere di Buena Vista, negli anni ’40 esisteva un locale dove i musicisti neri suonavano musica tradizionale cubana. Dopo la rivoluzione, il governo di Castro abolì i club e le associazioni riservati a singole etnie, allo scopo di eliminare la discriminazione, e anche il Buena Vista Social Club chiuse i battenti. Ma quando nel ’96 Juan de Marco Gonzalez decise di mettere su un gruppo di musicisti per recuperare la tradizione del son cubano, chiamò a raccolta veri e propri pilastri della musica dell’isola e il primo disco della Afro-Cuban All Stars, registrato con la collaborazione anche di Ry Cooder, fu Buena Vista Social Club.

Insieme a Ibrahim Ferrer, Ruben Gonzalez, Manuel “Puntillita” Licea, Orlando Lopez, Pio Leyva, Eliades Ochoa, Omara Portuondo e altri grandi musicisti, al progetto prese parte anche Compay Segundo.

L’album vinse un Grammy nel ’98, ottenne un grosso successo di pubblico e, grazie ad esso e all’omonimo film di Wim Wenders che ne seguì, le carriere di molti dei musicisti presenti guadagnarono nuova linfa vitale dopo lunghi periodi in cui il mondo sembrava essersi dimenticato di loro e della loro enorme caratura artistica.

Una carriera fra oblio e rinascita

Non si può parlare di Cuba senza parlare della sua musica. “Cuba è la Mecca degli strumenti a percussione” e, in generale, il ritmo la melodia il suono accompagnano ogni singola giornata, ogni momento del popolo cubano.

Máximo Francisco Repilado Muñoz cominciò presto ad appassionarsi alla musica e a tredici anni suonava già il clarinetto. Aspettò la morte di sua nonna per spostarsi da Siboney a Santiago nel 1916 e, successivamente, a La Havana. Studiò la musica dei trovatori cubani, imparò a suonare la chitarra, il tres e inventò l’armonico, uno strumento a sette corde simile a una chitarra. Si unì a diverse formazioni e raggiunse il picco di popolarità negli anni ’40 quando formò i Los Compadres, con Lorenzo Hierrezuelo, detto Primo Compay (perché era la prima voce). Fu allora che lui divenne Compay Segundo.

Nel ’50 formò i Compay Segundo Y Su Grupo ma, dopo la rivoluzione cubana, la sua fama si affievolì e, pur non abbandonando mai del tutto la musica, iniziò a lavorare nella fabbrica di sigari Montecristo. Passò molto tempo prima che ritornasse a calcare le scene: nel ’96 pubblicò Anthology e subito dopo prese parte al progetto Buena Vista Social Club. Da quel momento la sua carriera decollò nuovamente e suonò sui maggiori palcoscenici del mondo, dal Teatro Carré di Amsterdam al Carnegie Hall di New York, collaborando coi più grandi artisti. Il governo cubano gli conferì il suo riconoscimento più prestigioso, l’Orden Felix Varela. L’ultimo disco, nel 2002, fu Duets nel quale duettò con stelle internazionali del calibro di Charles Aznavour, Cesaria Evora e Antonio Banderas. A più di novant’anni, se gli si chiedeva se non fosse faticoso per lui andare ancora in giro per il mondo, con la sua contagiosa vitalità, rispondeva: “Mi stanco un po’, ma mi riposo suonando.”

Compay Segundo, un figlio di Cuba

“Noi cubani dobbiamo ringraziare chi è in cielo per essere così come siamo. Se avessimo seguito la strada degli averi saremmo morti tempo fa. Siamo piccoli ma siamo forti. Siamo molto fortunati. Abbiamo imparato a resistere.” Ibrahim Ferrer

Quello che avvenne per le registrazioni del disco Buena Vista Social Club nel ’96 ha qualcosa di magico e irripetibile. Lo testimoniano le immagini del film girato da Wenders. Lo stesso Cooder affermò: “Scoprire che quasi tutte queste persone erano ancora vive e stavano bene, anche se dimenticate, sempre felici di suonare, generose, pronte a mostrarti il loro talento e la loro esperienza, è stato fantastico. Queste cose accadono una sola volta nella vita.” Il musicista suonò con loro ma disse che si limitò a fare il minimo indispensabile per non intralciarli, “sono loro a sapere cosa fare per questa musica. Poter accompagnare questi musicisti è stata per me una lezione di dignità e umiltà.”

Probabilmente il segreto sta tutto nella tempra del popolo cubano. Che riserva nella semplicità della propria casa un angolino per “Il Lazzaro”, una sorta di divinità protettrice dei bisognosi, con la quale un po’ si identifica e alla quale di tanto in tanto offre un goccio di rum. Un popolo abituato a superare grandi difficoltà – dittature, rivoluzioni, embarghi, crisi – senza perdere mai di vista la leggerezza, che non è superficialità, ma è riuscire a seguire l’onda degli eventi, ancorato alla forza del proprio sorriso e dei propri valori, pronto sempre a condividere col prossimo il poco che possiede, che sia un bicchiere di rum o un canto malinconico del son cubano.

“Sono stato in questo mondo per tanti anni e ancora non sono stato capace di capire la gente che spara ad altra gente. No signore, le cose non dovrebbero andare così. La corda di una chitarra è molto più potente di tutte le bombe messe insieme. La musica ci dona la vita e le armi la distruggono. La gente, i popoli dovrebbero risolvere le loro differenze con la musica.” Compay Segundo

Napoli, 31 marzo 2024