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E per tutto il mondo. Il poco condiviso diventa abbondanza per tutti!

di frate Valentino Parente

Avvertiamo nell’umanità, un bisogno doloroso
e, in un certo senso, profetico di speranza,
come del respiro per la vita.
Senza speranza non si vive.
Paolo VI

 

 

XVIII domenica del tempo ordinario anno A

2 agosto 2020. Festa del Perdono di Assisi

 

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visualizza Matteo 14,13-21

Terminato il discorso delle parabole, l’evangelista Matteo, al cap. 14, racconta l’episodio della moltiplicazione dei pani nel deserto.

6105La narrazione di questo miracolo, secondo il vangelo di Giovanni, ci introduce nel grande discorso sul pane della vita, discorso che si conclude con quell’affermazione straordinaria di Gesù: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia di me vivrà in eterno” (Gv 6,58).

Tale racconto è così importante che lo riportano tutti e quattro gli evangelisti e lo mettono al centro dell’attività pubblica di Gesù.

Il motivo di tale importanza è dovuto al fatto che in esso vi leggono raffigurato e anticipato la cena eucaristica.

Quindi tutto il brano è un anticipo – e una comprensione – del significato profondo dell’Eucaristia istituita da Gesù.

Per questo l’evangelista mette come delle indicazioni nel testo, per dirci: Attenzione!

Non sto narrando un semplice fatto di cronaca, ma sto trasmettendo una verità teologica. Vedremo, nel corso della riflessione, alcune di queste indicazioni.

Il Vangelo della messa di oggi, XVIII domenica del tempo ordinario, ci racconta quindi di Gesù che, dopo aver appreso la notizia della morte di Giovanni Battista, partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

È uno dei pochi casi in cui guarisce gli ammalati senza venirne richiesto; evidentemente per molti, giungere fin lì, portando con sé anche i malati, rappresentava già una sufficiente richiesta di aiuto ed era espressione di grande fede.

L’evangelista Marco, fa notare, a proposito di questo episodio, che Gesù si trattenne a lungo con questa folla, perché, mosso a compassione, la vedeva allo sbando, “come pecore senza pastore”, desiderosa di ascoltare la sua parola e il suo insegnamento, per cui si fece sera.

Il Signore si intrattiene con la folla, e gli apostoli, non senza una certa inquietudine, si sentono in dovere di intervenire: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”.

È ormai tardi”, siamo sul far della sera: ecco una prima indicazione che avvicina tale episodio all’eucaristia; infatti Matteo inizia il racconto dell’Ultima Cena proprio con queste parole: “Venuta la sera…” (26,20).

Gli apostoli suggeriscono a Gesù una soluzione dettata dal buon senso.

Addirittura, ci dice l’evangelista Luca, propongono una soluzione di spiccata carità: “A meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente” (Lc 9,13).

Ma l’evangelista Giovanni aggiunge una malinconica costatazione da parte degli stessi apostoli: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un image001pezzo” (Gv 6,7).

Gesù, come sempre, li stupisce con la sua risposta: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare”.

Ed ecco una seconda indicazione che anticipa l’eucaristia.

Letteralmente: “date a loro voi stessi da mangiare”.

Che non significa: provvedete voi.

Ma datevi, spendetevi, come alimento per loro.

È il significato dell’eucaristia, in cui Gesù si fa pane, alimento di vita, perché quanti si nutrono di lui, siano capaci a loro volta di farsi pane, alimento di vita per gli altri.

Non basta dare il pane alla gente, ma occorre farsi pane per la gente.

Ecco perché l’evangelista usa quest’espressione: “Date loro voi stessi da mangiare”.

Questo è il significato dell’eucaristia. Nell’eucaristia non si dà soltanto del pane, ma ci si fa pane per gli altri.

È vero che poi provvederà lui, a modo suo.

Ma intanto chiede agli apostoli che si facciano carico della fame altrui, vuole che sentano la sua stessa compassione nei confronti della folla affamata.

Solo così può avvenire il miracolo.

E quando gli apostoli fanno presente che non hanno altro che “cinque pani e due pesci”.

Egli dice semplicemente: “Portatemeli qui”. E gli apostoli, obbedendo al Maestro, raccolgono quel poco che hanno e lo portano a Gesù.

Solo ora che gli apostoli sono disposti a donare ciò che hanno, può avvenire il miracolo. È tutto ciò di cui Gesù ha bisogno: pochi pani, alcuni pesci e, soprattutto, la disponibilità a condividerli con gli altri!

“E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla”.

Terza indicazione che ci rivela l’anticipazione dell’Eucaristia.

Gesù compie qui gli stessi gesti che compirà nell’Ultima Cena: “Gesù prese il pane, e pronunciata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli” (Mt 26,26)

I discepoli non sono i proprietari di questo pane, ma solo i servitori.

5092Il loro compito è prendere questo pane, che raffigura l’eucaristia, e distribuirlo alla folla.

Essi sono solo i canali attraverso i quali la grazia di Dio giunge agli uomini.

Questa pagina del vangelo, richiama fortemente il problema, tanto discusso, della fame nel mondo e di coloro che ne sono responsabili.

E chissà, forse tra questi ci siamo anche noi!

Certo. Anche se abbiamo solo “cinque pani e due pasci”.

Sono più che sufficienti per il Signore. La pagina del vangelo non ci offre nessuna soluzione miracolistica.

Il Signore non ci invita a fare miracoli (questi lasciamoli fare a Lui!), ci esorta semplicemente a cominciare con la compassione, che non significa solo commuoverci davanti alla fame degli altri, ma sentire in noi stessi il disagio e la fame dei fratelli.

Solo allora saremo in grado di tirar fuori il poco che abbiamo e condividerlo… Ed è questo il… miracolo che dobbiamo fare!

Il Signore non ci chiede di moltiplicare i pani, ma semplicemente di condividere quel poco che abbiamo.

Al resto ci pensa Lui.

E lo fa egregiamente moltiplicando ogni anno le messi nei campi e i pesci nel mare.

Quella sera, sulle rive del lago di Tiberiade, il miracolo cominciò proprio con il mettere in comune quello che c’era: cinque pani e due pesci.

Il miracolo più grande non è stato la moltiplicazione dei pani, ma la condivisione, da parte degli apostoli, del poco che avevano.

E portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene”.

Questo pane che abbonda e avanza, lo si può conservare, a differenza della manna che perisce, perché è il pane di vita.

Il numero dodici è il numero delle tribù di Israele, e l’evangelista indica che solo attraverso la condivisione si può risolve la fame per tutto il popolo.

E per tutto il mondo. Il poco condiviso diventa abbondanza per tutti!

Napoli, 31 luglio 2020