Ultima cena, anzi no! la prima…
Ultima cena, anzi no! la prima…
di Martina Tafuro
La cultura del consumismo con tutto il suo bagaglio di imposizioni ci propina, di continuo, feticci e idoli per dare risposte ai bisogni vitali degli individui.
Attraverso l’offerta continua e incessante di prodotti e contesti, moltiplica le occasioni di soddisfacimento dei desideri prodotti dal nostro istinto, ma non ci procura mai gioia.
Riflettiamo sul rito del mangiare, esso, è sempre stato raffigurazione del sacro, ritratto di convivialità, nonché strumento di trasformazione culturale e antropologica.
Nel terzo millennio l’atto del mangiare, dello sfamarsi, è diventato metafora dell’esistenza, viene esaltato il rapporto tra cibo e cultura o si analizza la relazione della cultura del cibo, anoressia e bulimia rivelano solitudine.
La grande tavolata pasquale è la festa della fraternità viva e festante che consuma il frutto della minuziosa arte di legare saperi e sapori, celebrando il comune vincolo affettivo che unisce tutti.
Le varie portate richiamano le provenienze e l’identità che ogni commensale con il suo bagaglio di vissuto offre agli altri ospiti.
Non per niente sul cibo si rinnova costantemente la riflessione, a partire dalla vicenda della simbolica Eucaristia e della sua tormentata narrazione lungo i millenni, come indaga Paolo Ricca in L’Ultima Cena anzi la prima. La volontà tradita di Gesù.
Alla Cena di Gesù non fu escluso nessuno, fu invitato anche colui che lo avrebbe tradito.
Quello fu un momento di intensa condivisione diventata poi divisione, poiché nel corso dei secoli le varie confessioni religiose, attraverso dottrine differenti (consustanziazione, transustanziazione), hanno radicalmente mutato l’obiettivo previsto da Cristo.
Una vera Santa Cena, in memoria dell’ultima vissuta da Gesù, è quella condivisa tra tutti, le stesse parole in memoria non intendono ricordare, ma innestare, memoria in ebraico indica innestare.
In questa celebrazione dobbiamo vivere quest’atto come fossimo realmente inclusi in quel gruppo che celebrò, inconsapevolmente, la vita e il patto eterno tra Dio e l’uomo.
Innestando l’Ultima Cena nella mia vita, voglio evidenziare una comunità nuova e un radicale rinnovamento dei tempi.
Anche non accettando il paradigma religioso, il cibo si rivela fattore fondante di integrazione sociale: “Siamo ciò che mangiamo”, recita un famoso detto di Feuerbach. L’uomo è prima di tutto bisogno naturale e se questo tratto non viene soddisfatto, l’accesso ai valori dello spirito ne risulta inibito.
La povertà di questi tempi ci dice che la collettività del tempo che verrà, sarà una comunità metabolica, perchè non si può davvero accogliere lo straniero se non si è in grado di condividere il suo cibo.
Il tempo della Quaresima è giunto al termine, al centro di questi giorni c’è stato il termine metànoia, che ci indica un cambiamento nel modo di pensare, di riflettere, di considerare le cose.
In questo periodo ho capito che devo tagliare decisamente con i lacci del passato, per proiettarmi con entusiasmo al futuro: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,18-19).
È tempo di voltare pagina e cambiare canale. Di non restare più incollati all’ascolto del telegiornale, che ritrasmette ad ogni ora le stesse cattive notizie che circolano nel mondo.
Voglio sintonizzarmi su Info Gesù, 24 ore al giorno, senza preoccupazioni: “Info Gesù non trasmette mai fake news, puoi essere sicuro…”.
La mia società è la sinfonia delle diversità, dove sono cresciuta, dove vado in crisi per le idee diverse dalle mie e il giorno dopo risuscito più libera, più tollerante e con dentro di me un po’ delle idee degli altri diventate, parlando parlando, in parte anche mie.
Riprendiamo ad allenarci alla palestra della convivialità delle differenze, per riappropriarci della capacità di sentire le idee altre come mie. Voglio riscoprire la gratitudine civile verso chi non la pensa come me, che è il primo mattone di ogni buona convivenza.
Auguri Buona Pasqua!
Napoli, 18 aprile 2019