TRA IL NI’ E IL NO, PERCHE’ VOTARE SI’.
TRA IL NI’ E IL NO, PERCHE’ VOTARE SI’
di Luigi Antonio Gambuti
Se ne sono dette e sentite tante, e tante se ne diranno e scriveranno ancora in questa settimana di fuoco che ci avvicina alla competizione referendaria.
Si tratta di scegliere su una materia che cambierà-semplificherà profondamente il sistema della rappresentanza politica del Paese, con conseguenze non indifferenti sul piano della governabilità e della tenuta democratica delle istituzioni.
Non si tratta solo di abolire il Senato, così come ora è organizzato; di rivisitare il famigerato titolo V della riforma costituzionale già in corso; non si tratta solo di ridurre stipendi e benefit a centinaia di soggetti diversamente impegnati nella cosa pubblica; si tratta di progettare e rendere possibile un futuro più vicino alle esigenze della gente; più snello sul piano delle decisioni, meno soggetto e/o appesantito da veti e giochi di potere.
Cadrà, tra l’altro, il sistema “navetta” che i fautori del sì definiscono come l’inciampo più pesante per l’attività legislativa e, di conseguenza, per l’esercizio di governo.
Vinca il sì o vinca il no, niente sarà più come prima.
E già questo ”risveglio partecipativo” potrebbe essere un punto a favore di chi l’ha promosso, l’evento referendario, perchè ha dato di tromba a un sistema autoreferenziale, arrotolato su se stesso, legato alle consuete strategie, tormentato e talvolta devastato da derive populiste che richiamano alla mente vecchie questioni storicamente condannate.
Basta considerare quanto è accaduto negli Stati Uniti dove è stato appena eletto un presidente che decide di riportare indietro il calendario della storia e con esso le conquiste di civiltà pagate spesso con il sangue di migliaia di innocenti. Come, del resto, capita in tante altre regioni del mondo, dove guerre e guerriglie stanno devastando culture, uomini e cose.
Per non dire dei reperti archeologici, patrimonio del mondo intero, distrutto dalla collera iconoclasta di pochi forsennati.
Non che la chiamata alle urne sia da ascrivere ad una “riscoperta” della politica, o sia resuscitato l’interesse per difendere e valorizzare il bene comune, attraverso l’esercizio dei valori fondativi dei partiti.
Questi sono partiti e..non sono più tornati e, se l’hanno fatto, sono come quei cani che si azzuffano per conquistare quel pezzo d’osso che è rimasto dopo l’abbuffata fraudolentemente consumata.
Si è chiamati a dare valore, con l’intervento diretto, quale è il momento referendario, ad un impegno da troppo tempo delegato,affidato o per pigrizia mentale o per studiata e ricompensata convenienza, ai soliti mediatori clientelari che hanno lucrato per decenni sul nostro capitale elettorale.
E’, dunque, piccata attenzione all’esito referendario,un momento di vitale, cruciale importanza per la nostra comunità.
Al di là di quanto va dicendo Renzi, che ,maldestramente, ha legato la sua permanenza a Palazzo Chigi con la vittoria del sì, ci sono tante questioni che vanno messe in discussione, per arrivare alla loro soluzione e preparare un futuro più sicuro per le nuove generazioni.
Il sì vincente comporterà sicuramente un cambiamento di passo nella gestione del Paese, al di là della dichiarata ragione referendaria.
Ci sarà una riconferma del nuovo modo di intendere e fare politica del segretario nazionale del partito democratico, più decisionista, più azzardato e più mirato agli obiettivi da conseguire, talvolta perseguiti anche in modo poco rispettoso del bon ton consolidato.
Difficoltà economiche non risolte e conflittualità sociali non del tutto controllate, sono ormai pane quotidiano di una realtà che va tenuta sempre sotto controllo. Il nuovo che preme alle porte impone che ci sia nel governo del paese e nella risposta sociale una continuità ed un costante atto di coraggio per stare al passo con le richieste della modernità, innescata da uno sviluppo tecnologico mai visto prima.
Ed è questa esigenza di tenere il passo con determinazione che ci fa consapevoli della delicata questione referendaria.
Cambiare si deve, cambiare si può, per essere in linea con le spinte innovatrici della società. Renzi è “dentro “questa logica, e non può essere fermato da questioni ”succedanee” che niente hanno a che vedere con l’azione di governo.
Come un novello ”futurista” irrompe sonoramente nella cultura autoreferenziale del momento, con proposte devastatrici dell’assetto passatista che ha tenuto da troppo tempo imbrigliato lo sviluppo della società e della cultura che lo alimentava.
L’occasione referendaria, caricata di questioni che niente hanno a che vedere con la domanda posta agli elettori, porterà conseguenze non irrilevanti a livello politico all’indomani di domenica 4 dicembre. Ci sarà la messa in moto dei vecchi polverosi carrozzoni da tempo arrivati al capolinea? La domanda non è posta fuori luogo. Si è visto in questi giorni; si ripropongono le stesse facce, e si ascoltano le stesse parole; sembra di esser tornati alle fumose nebbie del ventennio berlusconiano, che tutto affrontava ed assolveva col rassicurante sorriso del padrone di casa; ci siamo rivisti con un Brunetta scatenato – che brutta cosa l’offesa a Napolitano da un “quasi” premio Nobel all’economia; con La Russa o il Formigoni, con la Carfagna e la Gelmini, i Bossi , i Grillo e i Salvini, con Gasparri e la Bernini, l’ ”aberrante coalizione” che, ohimè, fa venire l’orticaria a solo nominarli. E poi i vecchi, vecchissimi santoni di una politica che, se nel tempo ha elaborato una filosofia della gestione del pubblico potere e della rappresentanza istituzionale, ha ormai fatto il suo tempo con sul groppone il pesante sacco delle responsabilità delle cose non fatte o fatte male.
Cose che il decisionismo dell’attuale Presidente del Consiglio ha rimesso in gioco, con la prospettiva di poterle portare a compimento o, almeno, di tentare il tutto per tutto per la loro soluzione.
A braccio, e parlando della nostra terra, non si può negare l’attenzione particolare che il capo del Governo sta prestando ai suoi atavici problemi.
Là dove il combinato disposto Renzi-De Luca – l’astuto e lo spregiudicato- ( il rischio del combinato disposto tra legge elettorale ed esito referendario è stato scongiurato dall’accordo Renzi-Cuperlo) ha fatto e sta facendo bene e, in prospettiva, ha riaperto e indicato a soluzione questioni abbandonate sul binario morto della burocrazia e delle camarille del potere.
La questione Bagnoli; il sistema logistico territoriale; la stazione porta di Afragola e il suo ammagliamento con la rete metropolitana; l’avvio del cantiere per l’alta velocità Napoli-Bari; la consegna della Salerno-Reggio Calabria; il riassetto e la promozione del comparto archeologico-museale; l’arrivo di centinaia di milioni per sbloccare il settore produttivo messo alle corde dalla crisi internazionale e tanti altri provvedimenti, sono realtà mai conosciute prima, quando tra accordi, veti e crociate si fermava il passo e poco o niente si realizzava.
Vogliamo, quindi, che tutto questo venga messo in crisi con la implementazione di un sistema che ha vissuto per anni di veti, di accordi e di compromessi non sempre motivati dalla difesa del bene comune?
Non è forse questo il tempo di prestare la massima cura ai grossi problemi del Paese-terremoti, alluvioni,immigrati- e governare tranquilli , senza l’assillo e il fiato sul collo di avversari amici o nemici che premono per avere spazio, prebende e cadreghini?
Diremmo, ricordando la raccomandazione affissa nei mezzi di pubblico trasporto, non disturbare il manovratore, per evitare di sbattere e di rovinare fuori strada.
Manteniamo la rotta, incoraggiamo il cambiamento e esigiamo la resa produttiva dello stesso. Non interrompiamo il momento positivo di impegno, presenza autorevole e audacia progettuale dell’attuale capo di governo.
Con tutto il rispetto per i giuristi di fama, per gli studiosi delle dottrine dei movimenti politici, degli analisti di settore, per gli esperti di finanza e di economia, per gli uomini di cultura, quelli veri; per le denunce che si poterebbero accettare se non fossero riferite al “dopo” referendario, cioè a ciò che i tempi necessariamente e urgentemente richiedono, la scelta di votare sì viene confortata, non solo da quell’aspirazione al movimento futuristicamente inteso – il movimento è vita!- quanto dalla speranza che si faccia finalmente piazza pulita delle vecchie oligarchie e si implementi una nuova, anche se rischiosa, modalità di gestire la pubblica amministrazione, confortata da una filosofia politica ragionata sui fatti e non più sui singoli interessi degli ormai consolidati ed individuati gruppi di potere.
DEDICATO AI VINCITORI DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE. SI RICORDINO CHE LA COSTITUZIONE E’PATRIMONIO UNIVERSALE E NON VA CONTRABBANDATA PER LA DIFESA DI INTERESSI PERSONALI.
Napoli, 30 novembre 2016