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Sinodo dei Vescovi sulle Sfide Pastorali della Famiglia
di Don Giulio Cirignano *

L’imminente Sinodo dei vescovi si occuperà della famiglia e dei suoi problemi. Problemi grandi come sappiamo. Possiamo dire che nessuna istituzione è stata investita, dal trapasso epocale che stiamo vivendo, come la famiglia. Dunque il prossimo sinodo può essere salutato come una occasione speciale di speranza.
Una premessa, tuttavia, pare inevitabile. Sono chiamati a riflettere sulla famiglia persone che hanno con la realtà familiare un rapporto che possiamo definire con generosità, quantomeno, originale. Un rapporto e quindi una conoscenza che li rende se non poco adatti a parlarne, almeno non sufficientemente idonei. Le ragioni paiono evidenti.
Non conoscono la fatica di trovare un lavoro, per se e per gli altri membri del nucleo familiare. Non solo. Non conoscono i segreti di una quotidiana relazione con la donna, scelta come compagna di vita. Anzi, a questo riguardo, spesso si portano dentro il peso di una rinuncia, sostenuta certamente da un carisma speciale, ma maturata all’interno di una educazione a dir poco devastante. La prospettiva educativa postridentina, rimasta invariata fino a pochi decenni fa ha manifestato i suoi anacronismi in maniera inequivocabile attraverso l’abbandono dello stato sacerdotale da parte di un numero troppo rilevante di persone che avevano coltivato, con sincera passione, il desiderio di dedicare la vita al ministero. Quanti, per Grazia, sono rimasti fedeli alla decisione originaria e sono stati investiti della responsabilità episcopale sono, per questa loro condizione e storia, assai estranei alle complesse dinamiche della vita di coppia.
Ma ancora non è detto tutto. C’è un aspetto ancora più importante da considerare: non conoscono la gioia e i tormenti della paternità e della educazione dei figli. Gioia e tormenti, tutte e due le cose. Possiamo anzi dire che spesso i tormenti, generati da questa difficilissima stagione per i giovani, rendono amare anche la gioia e le speranze più belle e legittime.
Ancora: nulla o quasi sanno delle tribolazioni connesse con le situazioni di malattia, spesso tremende, di qualcuno dei membri familiari. Sono situazioni frequenti, alcune risolvibili altre irrimediabili. Ma questa è la vita. E’ impegnativa per tutti, sia per chi è sposato sia per chi, come i sacerdoti, non lo è. Ma il punto in questione non è la complessità della vita bensì la conoscenza vera della realtà familiare.
Per queste ragioni quanti saranno tra pochi giorni impegnati ad affrontare le tematiche familiari danno l’impressione di essere come persone che abitano sul pianeta luna, la luna delle astrazioni teologiche e devote presumendo di conoscere la vita che si svolge su Marte. Sia chiaro: gran parte dei vescovi sono persone di notevole cultura e quindi in grado di riflettere sulla realtà della famiglia e su i suoi problemi. Ma per così dire, quasi dall’esterno, sprovvisti di quella conoscenza che solo stando nel vivo della realtà è possibile acquisire.
Potremmo continuare a descrivere i connotati di questa incompetenza. Preferisco fissare una importante conclusione: un sinodo di vescovi sulla famiglia o parte da una base di grande umiltà o è destinato all’insignificanza.
Ma che vuol dire tutto ciò? Vuol dire che, solo l’ascolto, l’ascolto vero, è il punto irrinunciabile di un vero discernimento. Il che presuppone che la componente episcopale della chiesa sia disposta a morire alla forma antievangelica a cui è approdata per rinascere come componente del popolo di Dio capace di aprirsi all’apporto dei veri esperti della famiglia. Questa affermazione merita una esplicitazione. Può sembrare, infatti, paradossale parlare di morte e resurrezione dell’episcopato. Può sembrare paradossale parlare, usando un linguaggio più mite, parlare di conversione dell’episcopato. Può sembrare così, ma non lo è affatto. Penso a Gesù: il gradino più alto del sacerdozio ministeriale dovrebbe esserne sua limpida trasparenza. In realtà, la dimensione di autorità può scivolare facilmente in struttura di potere. Potere mondano, con i titoli, i segni, i vantaggi di ogni potere mondano. E questo al di là delle virtù personali dei singoli. E’ la funzione che non è in linea con la parola e la vita del Signore.
Non si tratta, allora, di invitare al sinodo qualche sparuta coppia di sposi. E’ troppo poco. Non si tratta di fingere un ascolto che non può approdare a nulla. Non fingere l’ascolto significa fare un vero e proprio atto di fede nello Spirito che anima il popolo di Dio. A partire da questa convinzione di fede operare un significativo inserimento di famiglie giovani e impegnate con il Vangelo, nei luoghi dove si pensa e si decide.
In ultima analisi, si tratta di cambiare schema operativo, nello stile e nello spirito del Concilio e di Papa Francesco. Solo se l’episcopato avrà la forza ed il coraggio di morire alla presunzione di parlare di cose che non conosce potrà risorgere come fattore di vita per il popolo di Dio.” Uniquique suum” dicevano gli antichi. A ciascuno il proprio compito. Così anche l’episcopato potrà tornare a riscoprire la bellezza di essere come Gesù, servi e non i padroni della fede, servi per condurre il popolo di Dio alla gioia di essere un popolo di cittadini del Vangelo.
Insomma si tratta di cominciare ad occuparsi del mondo, ma da vescovi, di occuparsi di politica ma da vescovi, di occuparsi del lavoro, ma da vescovi, di occuparsi della salute e della malattia ma da vescovi, di occuparsi della famiglia ma da vescovi. Persone che in virtù del sacramento dell’ordine seminano fermenti di vangelo, attraverso il servizio della Parole e della Eucarestia. Con la postmodernità, anche la Chiesa costantiniana è definitivamente tramontata. Non ci sono più né principi né eminenze, ma solo umili fratelli del Dio crocifisso.
A questo punto, il lettore ha diritto di sapere che il sogno sopraespresso di una nuova intensa collegialità della Chiesa sta trovando una concreta attuazione.
Non mancheranno problemi; ma il Sinodo sulla famiglia nasce e procede con vasto coinvolgimento di soggetti diversi.
Si può trovare conferma di ciò nello strumento di lavoro predisposto con l’introduzione di Mons. Bruno Forte e presentazione del Cardinale Baldisseri.
Siamo davanti a qualcosa di veramente nuovo nella prassi ecclesiale, grazie a Dio.
Affidiamo con forza alla preghiera l’accoglienza dei doni dello Spirito.

*Biblista

5 ottobre 2014