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Sergio Ramelli. Una storia da non dimenticare.
di Maria Teresa Luongo.

Il 13 marzo del 1975 in via Amedeo a Milano veniva barbaramente aggredito Sergio Ramelli, giovanissimo militante di destra del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano (MSI).

A colpirlo alle spalle con ferocia furono degli estremisti di sinistra, un commando di militanti di Avanguardia Operaia, un’organizzazione extraparlamentare comunista nata nel 1968 a Milano.

Sergio aveva appena 18 anni, morì il 29 Aprile dopo una lunga agonia e senza aver mai ripreso pienamente conoscenza.

Uno dei più efferati omicidi politici, una delle tante pagine nere degli anni di piombo del nostro Paese, una vicenda terribile che distrusse più di una vita e che ebbe strascichi in vergognosi motti come “Ramelli coi vermi” e “1,10,100 Ramelli” ad augurare il ripetersi ancora di quell’azione vigliacca.

La storia di Sergio è stata raccontata nella graphic novel “Sergio Ramelli. Quando uccidere un fascista non era reato”edito da Ferrogallico- disegnata da Paola Ramella e scritta da Marco Carucci.

Attraverso il bianco-nero dei disegni conosciamo questo ragazzo a cui è stata tolta con atto vile la possibilità di divenire uomo. Sergio rivive nella sua quotidianità, nelle sue amicizie, gli affetti, gli svaghi e le passioni: il calcio e la politica.

Proprio a causa del suo attivismo politico Ramelli era stato discriminato e perseguitato al punto da essere costretto ad abbandonare l’istituto tecnico Molinari che frequentava e ad iscriversi ad una scuola serale.

“Questa graphic novel (…) è una testimonianza importante e riempie un vuoto” queste le parole utilizzate dal magistrato Guido Salvini che ha curato la prefazione e al quale- assieme al collega Maurizio Grigo- va il merito di aver assicurato i colpevoli alla giustizia.

E’ stata un’indagine difficile. Su di me e sul mio collega Maurizio Grigo erano piovuti continui attacchi, eravamo accusati di essere giudici “reazionari”, di aver voluto “processare il 68”. Questo solo perché, e per noi è motivo di orgoglio, nello svolgere le indagini non avevamo voluto distinguere le vittime per colore politico” scrive il giudice Salvini.

Per l’omicidio Ramelli furono imputate dieci persone, sette furono condannate con la sentenza definitiva. Due gli esecutori materiali che quella mattina del 13 Marzo, con delle chiavi inglesi, colpirono ripetutamente il cranio di Sergio. Affermarono poi durante il processo di non aver avuto l’intenzione di ucciderlo, solo di ferirlo, ma è davvero difficile credere alle loro parole.

La storia di Sergio Ramelli, come la storia di tutte le vittime di quegli anni- di destra e di sinistra- deve essere un promemoria sempre presente ai nostri occhi.

E’ una sentinella che ci ricorda l’importanza del dialogo pacifico tra fazioni opposte e la necessità di tenere ogni tipo di violenza ben lontana da ogni contestazione, protesta, sciopero o manifestazione. E ricordiamoci che anche le parole hanno un gran peso perché aprono la strada alle nostre azioni.

Nietzsche in “La gaia scienza” scrive:
«Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo(…). L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere»

Auguriamoci che non sia così, di non rivivere questo eterno ritorno dell’uguale, che la Storia non si ripeta uguale a sé stessa, che la clessidra si rompa.

Napoli, 6 marzo 2018