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A San Giorgio a Cremano tre stupratori:

troppo tranquilli per essere colpevoli. Parola di giudice.

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La legislazione voluta dalle donne, nei tribunali, rischia di essere superata dalle sentenze e dai dispositivi. Come questo sullo stupro avvenuto in Circumvesuviana. Le indagini impietose sulla vittima echeggiano i reati contro la morale (codice Rocco) e segnalano l’accoglienza incondizionata delle tesi difensive degli imputati.

Una giovane donna stuprata da tre uomini, soccorsa da un passante, che dice di essersi pentita di aver denunciato è la vera sconfitta delle istituzioni. La sua affermazione è anche una implicita accusa molto precisa, che una volta tanto non può riguardare tutti e nessuno.

Le sue parole sono il sintomo del vuoto istituzionale intorno alla violenza maschile: della magistratura e delle amministrazioni che dovrebbero provvedere alla prevenzione, assicurando la libertà di movimento delle donne.

La banalità del richiamo al cambiamento culturale, nel contesto attuale è pura retorica e oltretutto segno di un falso, perché presuppone che la mentalità diffusa sia ferma ai pregiudizi tribali che colpevolizzano le donne. Non è così perché il movimento femminista continua a fare la sua parte e ha spinto al cambiamento, visibile all’indomani dello stupro, nella manifestazione di solidarietà di donne e uomini, con la partecipazione dei sindaci vesuviani, nel comune stesso dove il crimine è avvenuto. Una differenza sostanziale e notevole con quanto si ricorda, ed è avvenuto, per lo stupro di Montalto di Castro: il sindaco Salvatore Carai erogò dai fondi comunali quarantamila euro per la difesa degli stupratori.

Analoghe differenze non esistono invece nella magistratura che a volte appare ostile, come in questo caso, al rispetto della Convenzione di Istanbul e rigetta i pareri di un centro antiviolenza, per altro istituzionale, per appellarsi a un quadro probatorio che non tiene conto della prova fornita dalla testimone principale: la vittima.

La sentenza inquietante che ha scarcerato i tre imputati del crimine e che merita il nostro articolato ricorso in tutte le sedi preposte, non estingue il segno delle responsabilità istituzionali: prima quella della direzione della circumvesuviana che a sua difesa, per la carenza dei controlli e per il degrado, ha argomentato che in sostanza le donne non devono provocare. C’è poi la latitanza, nei progetti di contrasto alla violenza di genere, di misure a tutela della libertà femminile negli spostamenti consentiti a tutti, solo in teoria.

I tre delinquenti, possiamo dirlo perché l’unica attendibile prova è per noi fornita dalla prima testimone, quella che ha subito il danno, sono liberi: non sia questa l’ultima parola.

UDI di Napoli, UDI territoriale, Arcidonna

Napoli, 6 aprile 2019