Rivestìti della veste di festa, siamo invitati al banchetto di Dio con l’abito nuziale
Rivestìti della veste di festa, siamo invitati al banchetto di Dio con l’abito nuziale
Di frate Valentino Parente
Eccomi Signore!
il vestito c’è ed era nuovo anche se ora
è malconcio, strappato, logorato
è la vita che lo ha ridotto così:
il male, la sofferenza.
Ma so che tu non mi respingerai
so che guarderai oltre, so che ti accorgerai
del vestito del cuore e dei pensieri,
dei desideri e degli affetti.
suor Mariangela Tassielli
XXVIII domenica del tempo ordinario – anno A – 11 ottobre 2020
Questa XXVIII domenica del tempo ordinario ci propone la terza parabola che l’evangelista Matteo ha raccolto per testimoniare il dramma del rifiuto di Israele.
Abbiamo già ascoltato nelle domeniche precedenti la parabola dei due figli incentrata sul rifiuto della predicazione di Giovanni il Battista.
Domenica scorsa la parabola dei vignaioli omicidi ha messo l’accento sul rifiuto del figlio, rifiuto che si conclude con la sua uccisione da parte dei vignaioli.
La terza parabola racconta di un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio e di un invito al banchetto.
L’allegoria è molto chiara: il re è Dio, il figlio del re è Gesù, il banchetto di nozze è la festa che accompagna l’evento della venuta del Messia.
L’invito a nozze è l’invito ad una festa, è l’invito a partecipare a questa grande novità del Figlio che entra nella nostra storia.
Ma a questo banchetto di nozze gli invitati, chiamati più volte, non vogliono partecipare, anzi addirittura bastonano e uccidono coloro che portano l’invito. Ovviamente è un comportamento esagerato, paradossale ma che serve a sottolineare l’indifferenza con la quale hanno reagito gli invitati alle nozze davanti alla proposta di Dio.
Questa parabola mette l’accento sul dramma del rifiuto di Dio e del Figlio suo Gesù.
Tutta la storia della salvezza è segnata da continua indifferenza e rifiuto da parte del suo popolo.
I primi servi, mandati a chiamare gli invitati alle nozze, sono i profeti, che per secoli hanno invitato Israele ad accogliere la proposta di Dio, ma il popolo non ha voluto ascoltare l’invito.
Molti sono stati gli inviti da parte di Dio, altrettanti sono stati i rifiuti da parte di Israele.
Il secondo invio, quando i servi sono mandati a dire: “Tutto è pronto, venite alle nozze”, rappresenta la missione degli apostoli, quando il Figlio è presente e gli apostoli iniziano la predicazione del Vangelo.
Ma anche a loro gli invitati oppongono rifiuto.
L’evangelista Matteo dice che essi «non si curarono» dell’invito e «andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari».
Luca, invece, è più dettagliato e presenta così le motivazioni del rifiuto:
- “Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato.
- Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato.
- Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire” (Luca 14, 18-20).
Tutti hanno qualcosa di urgente da fare, qualcosa che, secondo la loro considerazione, non può aspettare, che reclama subito la loro presenza.
Considerando che il banchetto nuziale indica la partecipazione alla salvezza recata da Cristo, quindi la possibilità di vivere in eterno, si deduce che tutti hanno rinunciato alla salvezza per qualcosa di effimero.
L’errore commesso dagli invitati consiste nel tralasciare l’importante per l’urgente, l’essenziale per il contingente! (cit. R. Cantalamessa).
Questo è un rischio molto diffuso e altrettanto insidioso, un rischio molto presente anche nella nostra vita.
Quante volte abbiamo rinunciato alla Messa domenicale perché dovevamo fare questa o quella commissione, questa o quella visita, perché avevamo i figli o i nipoti a casa, perché dovevamo cucinare…
E in questo modo anche noi abbiamo detto di no al Signore che ci invitava alla sua festa, al suo banchetto.
Il banchetto rappresenta la cosa importante nella vita, anzi l’unica cosa importante, perché, «che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi “perde la sua anima?».
In altre parabole, ad esempio in quella della vigna, i vignaioli vengono invitati ad andare a lavorare.
Nella parabola dei vignaioli omicidi, veniva richiesto il frutto dei beni affidati loro in amministrazione; qui, invece, non si esige niente, si offre tutto: “tutto è pronto: venite alla festa”.
E ciò nonostante, l’offerta viene respinta. Il Signore offre beni inimmaginabili e noi non ce ne curiamo affatto.
A volte ci rivolgiamo anche con violenza contro di lui o contro i suoi messaggeri. È una continua storia di delusione.
Provate a immaginare di organizzare una festa, e quando avete organizzato tutto, gli invitati non vengono.
Non li avete cercati per lavorare, non li avete cercati per farvi dare qualcosa, li avete invitati a una festa e gli invitati dicono: No, non ne abbiamo voglia.
Come ci si rimane male quando qualcuno che noi invitiamo ci dice: no, non ho voglia di venire!
Ho altro da fare.
È una delusione che Dio accumula da secoli, da millenni e, tuttavia, non si stanca di invitarci.
È una storia che si ripete.
Ma se i primi invitati non accettano, “non ne erano degni” conclude il re, il banchetto non viene annullato, la festa si farà lo stesso, e ci saranno altri invitati ai quali viene rivolto l’invito e questi sono tutti i popoli a cui è rivolta la possibilità della salvezza.
“Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.
E quando il re entra per salutare gli invitati e ne trova uno senza l’abito nuziale, si avvicina e: “Amico, (non è un termine affettuoso, anzi è abbastanza distaccato, l’espressione greca potrebbe essere tradotta con il nostro “ehi, tu…”) come mai sei entrato senza l’abito nuziale?”.
Ovviamente di primo acchito ci viene da pensare: come avrebbe potuto procurarsi l’abito nuziale se è stato letteralmente prelevato dalla strada…?
Ma se pensiamo che l’abito nuziale rappresenta la vita buona, la vita coerente, la vita cristiana, corrispondente al dono di grazia, allora ci rendiamo conto che non si può partecipare al banchetto senza avere una vita di grazia, di fede.
L’abito è l’abitudine, è il proprio modo di fare, di pensare, di agire.
E se non c’è l’abito nuziale vuol dire che c’è l’abito brutto, sporco, vuol dire che c’è un comportamento negativo.
Non si può entrare nella sala del banchetto senza l’abito nuziale, cioè senza una vita di fede.
L’evangelista sta dicendo: non basta entrare nella Chiesa per essere sicuri di essere salvi perché, se non si ha l’abito nuziale, si è buttati fuori: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori, nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché “molti sono i chiamati” cioè: la chiamata è per tutti, è universale, “ma pochi gli eletti”, cioè: quelli che accettano l’invito e vivono in modo coerente all’invito ricevuto.
Non basta venire a Messa.
Non basta esserci fisicamente.
L’accoglienza del banchetto vuol dire esserci col cuore, con l’intelligenza, per accogliere quello che ha da offrirci, per poter mangiare bene, per poterci nutrire della sua Parola, e avere, così, la forza di vivere bene.
Nola, 11 ottobre 2020