I risultati più preziosi della prima fase del Sinodo
I risultati più preziosi della prima fase del Sinodo
di Don Giulio Cirignano *
Sono due i risultati più evidenti e preziosi della prima fase del sinodo dei vescovi sulla famiglia. Il primo si riferisce direttamente al Papa: Il Sinodo ha mostrato con sufficiente chiarezza coloro che sono in sintonia con lui e coloro che invece non lo sono.
Il secondo riguarda tutti noi, membra del popolo di Dio. Si è definitivamente tolto il velo, pericolosissimo, su una presunzione di lunga data, quella cioè di quanti ritengono di possedere il pensiero di Dio su alcune delicate questioni, imponendo comportamenti conseguenti.
Ma vediamo con calma i due risultati. Il primo: il Papa conosceva bene la situazione della comunità ecclesiale, in particolare di quella italiana. Il Card. Martini aveva espresso con la consueta chiarezza tale condizione, soprattutto riferendosi ad alcuni settori: una Chiesa indietro di duecento anni. Per questa ragione, le posizioni degli inossidabili conservatori non devono averlo stupito più di tanto. Certamente devono averlo addolorato non poco.
Provo a mettermi nei suoi panni. Dopo aver manifestato le prospettive della cammino della Chiesa per i prossimi anni nella esortazione apostolica “Evangelii gaudium” (n1), dopo aver rimesso al centro della attenzione di tutti l’amore di Dio per il mondo, e con esso il Vangelo della misericordia in concreta sintonia con la condizione dell’uomo di oggi, con le sue povertà, i suoi bisogni di comprensione e pietà, dopo tutto ciò, constatare il permanere della intransigenza dottrinale da parte di alcuni eminenti personaggi deve avergli fatto cadere le braccia e fatto comprendere di quanta pazienza deve armarsi.
In certi ambienti alti, soprattutto della Chiesa italiana, non si è preso atto della grande novità introdotta da Papa Francesco. Probabilmente si è letto l’esortazione”evangeliigaudium” ma senza comprenderne a fondo la portata; si è fatto finta di niente davanti alle numerose affermazioni più coraggiose; si è continuato a pensare come se niente fosse , incuranti della forza dello Spirito e delle sue provocazioni.
Davanti a questa conferma di falsi amici e di pericolosi diffidenti, il Papa cosa potrà fare? Ben poco. Per meglio dire, ben poco di eclatante. Forse,con amore e pazienza, aspetterà chi arranca dietro di lui augurandosi che esca dalla estraneità in cui si è cacciato con ostinazione.
E’ bene precisare che non si tratta solo di divergenza di opinione su qualche punto particolarmente problematico. In questo caso ci troveremmo davanti ad una situazione normale e, tutto sommato, semplice. L’andamento dei lavori ha invece messo in evidenza una profonda diversità nel modo di pensare e vivere la responsabilità pastorale nella Chiesa. Diversità nel pensare e nel parlare. I punti di divergenza sono stati solo la spia di questa profonda diversità. Così profonda da legittimare la speranza di un passo indietro da parte di coloro che si sono scoperti così estranei. Ma questa è solo una pia illusione.
A noi non resta che pregare con grande intensità perché in Papa Francesco non prevalga mai la tristezza, mai l’incertezza, mai la paura. Dobbiamo stringerlo in un ideale, gigantesco abbraccio pieno di gratitudine per gli orizzonti che ha aperto, per le parole antiche della nostra fede che ha rivestito di vita nuova, per la speranza che ha saputo riaccendere. Non sta a noi spiegare il perché di questo fenomeno. Lo faranno in futuro gli storici. A noi è chiesto solo di non sprecare le stagioni di Dio inchiodandole al muro della indifferenza; a noi è chiesto di continuare a stupirci.
Più importante del primo è il secondo guadagno del Sinodo: la caduta del velo sulla presunzione di alcuni di possedere la verità su tutte le questioni, sulla presunzione di possedere la mente di Dio, di poterla tenere imprigionata dentro le proprie modeste convinzioni. Questo fatto è così straordinario da ridare nuova vitalità alla Chiesa, di liberare energie sopite, riaprire la strada allo Spirito che spira dove e come vuole, senza pagare il dazio a chicchessia.
Così straordinario da indurre a pensare che nella esperienza religiosa possa annidarsi una permanente minaccia della libertà da parte di chi si autocomprende come tutore di Dio, come suo apparente difensore ma in realtà come suo padrone. Il fenomeno è antico. Per convincercene basta andare con la mente alla opposizione nei confronti di Gesù da parte dei tutori dell’esperienza religiosa del suo tempo. I Vangeli riportano le diverse controversie del Signore, sul Tempio, sulla osservanza sabato, sulla gerarchia dei comandamenti, sul puro e sull’impuro e così via.
Gli arcigni difensori dei principi, tanto per fare un esempio, non hanno mai pensato che la questione dell’accesso alla eucarestia da parte dei divorziati e risposati è, tutto sommato, una inezia, una piccola questione rispetto alla solenne sacralità del Sabato? Per i dottori della legge e per i farisei quello era il primo ed il massimo dei comandamenti. Gesù l’aveva più volte trasgredito per riportarlo alla sua vera identità di istituzione a servizio dell’uomo, a suo beneficio. “Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”. Affermazione assolutamente scandalosa che aveva spinto a indagare il pensiero di Gesù sull’argomento così da avere un motivo per poterlo mandare a morte. In quel caso, I dottori della Legge e i farisei avevano “catturato” Dio per metterlo contro l’uomo e la sua salvezza.
Purtroppo, dobbiamo ripeterlo, l’esperienza religiosa si presta a queste involuzioni. Dio è mistero, è silenzio. Pertanto è assai frequente la tentazione di pretendere di parlare a suo nome anche quando non è assolutamente il caso. Le cose che a lui premeva comunicare le ha dette con chiarezza e amore. Su molte altre non si è pronunciato. A nessuno è permesso di farlo a nome suo. Sulle numerose questioni inerenti la difficile esperienza familiare chi siamo noi per giudicare, soprattutto oggi, il tasso di responsabilità delle persone coinvolte? Nel mancato raggiungimento dell’ideale sponsale chi può pretendere di misurare la responsabilità delle persone direttamente coinvolte? Come è pensabile di sostituirsi a Dio, di prendere il suo posto, di considerare decaduto dalla Grazia in maniera irrimediabile chi fallisce l’ideale matrimoniale al punto da escluderlo per sempre dalla eucarestia?
Questo e solo questo era in gioco e non, come è stato affermato da qualcuno, la dottrina sul matrimonio e sulle parole del Signore al riguardo. Parole, peraltro, diversamente interpretate dalla tradizione della Chiesa orientale e dalle Chiese della Riforma. Parole subito soggette ad una eccezione nel vangelo di Matteo e in Paolo (ICor.7).
Speriamo che questo anno che ci separa dalla seconda fase del Sinodo serva per allargare il consenso con il Papa e non per organizzare cordate e trame sotterranee. Occorrerà vigilare ma, soprattutto per quanto attiene a noi, aprire il cuore alla speranza e ad una profonda fiducia nello Spirito.
*biblista
8 novembre 2014