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Richard Ashcroft, lo straordinario talento di un’anima complessa
di Emanuela Cristo

Durante il 2020 è impazzata la notizia che voleva Richard Ashcroft al lavoro su una raccolta di alcuni suoi brani reinterpretati in acustico. Lo ha dichiarato il cantante stesso durante un’intervista radiofonica.

Nel corso della sua carriera, Mad Richard, ci ha abituati a lunghi periodi di silenzio intervallati a ritorni sulla scena. Le costanti, in questi circa trent’anni, sono sempre stati comunque un’inconfondibile voce, un grande carisma e l’elevato valore artistico di ogni suo lavoro.

Dalla terra di Albione con furore: il Brit Pop allo scadere del secolo

Il decennio conclusivo del secolo scorso è stato quello che ci ha visti per le ultime volte alzare gli accendini al cielo durante i concerti e aspettare una settimana per correre in edicola ad acquistare i nostri beniamini formato poster. Ed è stata la decade di una nuova corrente musicale di provenienza britannica che si è accomodata a metà fra il rock e il pop ma soprattutto si è piazzata in cima alle classifiche: gli anni ’90 ci hanno regalato il Brit Pop e noi ce lo portiamo addosso ancora adesso.

La storica rivalità fra i Blur di Damon Albarn e gli Oasis dei fratelli Gallagher, i continui litigi dei fratelli Gallagher stessi nel loro eterno scontro tutto familiare, e i 4 minuti e 25 secondi di inarrestabile camminata lungo Hoxton Street sulle note di Bitter Sweet Symphony. Falcata lunga a decisa, sguardo fisso verso un altrove dallo spettatore, viso spigoloso, incarnato pallido e giacca di pelle portata con disinvoltura: è così che Richard Ashcroft è entrato nelle nostre case, nelle nostre cuffie e nel nostro immaginario, per non andarsene più.

I The Verve e gli altri

Bitter Sweet Symphony fu il primo singolo di Urban Hymns, l’album che nel 1997 fece conoscere ad Ashcroft e ai suoi The Verve il successo planetario (intramontabili classici divennero anche Drugs Don’t Work, Lucky Man e Sonnet). La band, alla sua terza fatica, entrò definitivamente nell’iconografia Brit Pop (i primi due album avevano maggiori connotazioni psichedeliche), che non rappresentava soltanto un certo modo di fare musica, ma estendeva la propria influenza anche alla moda e all’attitudine.

Il frontman dei The Verve divenne molto amico dei Gallagher, i quali, (eccezionalmente, vista la loro scarsa propensione ad elargire attestati di stima ai propri colleghi), ne riconoscevano lo straordinario talento. Cast No Shadow degli Oasis è espressamente dedicata “al genio di Richard Ashcroft”. Quest’ultimo ricambiò dedicando a Noel la title track di A Northern Soul. Nonostante ciò, Ashcroft ha dichiarato:

Io non avevo nessuna consapevolezza di essere dentro a una scena. Ero amico degli Oasis, ma avevo pochissimi rapporti con altre band. Però eravamo degli individui che volevano avere il controllo su ciò che stavano facendo, e non so se sia stata una reazione condivisa e cosciente, o si sia trattato piuttosto – non voglio sembrare arrogante – di personalità forti venute fuori nello stesso momento.

Il mondo attraverso gli occhi di Richard Ashcroft

La storia dei The Verve è scandita da tre scioglimenti e due reunion e terminò definitivamente nel 2009, dopo il successo dell’album Forth trainato da Love Is Noise (Will those feet in modern times/ Understand this world’s affliction / Recognise the righteous anger / Understand this world’s addiction?) e Rather Be. La carriera solista di Ashcroft prese l’avvio già nel 2000 con l’album Alone With Everybody, titolo di per sé parecchio significativo. Il primo estratto fu l’intensa Song For The Lovers che vinse il disco di platino. Seguì due anni dopo Human Conditions, a proposito del quale l’artista affermò:

Gli uomini sono diventati una realtà complessa, molto più di quanto non avessimo mai immaginato. Le ‘condizioni umane’ non sono solo le mie, ma quelle dell’umanità intera. Queste canzoni sono preghiere. Ogni cosa che tenta di essere spirituale dovrebbe indurre all’ascoltatore una sorta di esperienza quasi extra-corporea, che porti lontano o elevi il livello di coscienza.

L’intensa spiritualità e l’arte come catarsi dell’anima

La spiritualità è sempre stato un tema cardine nella poetica di Ashcroft. Così come la solitudine, la felicità e la depressione, la morte, la realtà del mondo e la condizione umana in generale. L’artista ha attraversato lunghi periodi di dipendenza da alcool e droghe, sposando tutti i cliché della rock star, ma ne è uscito e ad oggi afferma di non avere

Nulla da insegnare, né da predicare. […] Io cerco solo di capire quale sia il mio “qui e ora”. […] Tutto ciò che so è che l’arte, la creatività, qualsiasi forma di espressione di sé, sono le uniche cose che riescono a darti un po’ di sollievo dal mondo, perché ti portano da un’altra parte, innescano un altro livello.

Nel 2018 Ashcroft ha pubblicato il suo sesto disco solista, Natural Rebel, anticipato dalla trascinante Surprised By The Joy, e, a quanto pare, il prossimo progetto è un album in acustico:

Sono pronto a iniziare un set acustico di alcuni dei miei migliori brani, riducendoli al minimo e mettendoli sostanzialmente a nudo. Dal momento in cui entrerò in studio fino a quando il disco uscirà, nella mia mente avrà luogo la solita notte mitologica.

Sopravvivere agli anni ’90 si può

Per noi nostalgici degli anni ’90, cresciuti a pane ed MTV, sarà sempre un po’ difficile non sentirci “orfani” di quell’epoca e della travolgente ondata di Brit Pop che ha investito il mondo della musica e di cui siamo stati testimoni. Ma dagli anni ’90 in qualche modo si può uscire e anche con un certo spessore. Richard Ashcroft ne è uno degli esempi più fulgidi e forse è anche per questo che per noi rappresenta un po’ uno sciamano rock. Uno che, si, ha interpretato anche abbastanza pedissequamente la sacra trinità sesso droga e rock ‘n’ roll, ma era ed è in realtà molto altro.

In un mondo digitalizzato e virtuale, c’è da essere infinitamente grati se non si è perso il culto del concerto, della musica dal vivo. E sotto questo aspetto, le performance di Ashcroft sono sempre un’esperienza quasi mistica: momenti in cui l’artista si abbandona completamente alla musica in un sublime scambio fra sé e il suo pubblico, un dare e ricevere che ha dello spirituale.

Ho bisogno di questo legame, perché è sincero e mi fa sentire umano. Per me un live deve avere la capacità di unire la performance a qualcosa di reale: deve essere le due cose insieme, solo così si arriva a una dimensione trascendente.

E noi ti crediamo e non vediamo l’ora di trovarci nuovamente nel parterre ad assistere a quest’epifania che ogni volta si ripete. Richard, oh Maestro, indicaci la via.

Napoli, 17 ottobre 2023