Reset! L’Italia in recessione sceglie la destra sociale di “Io sono Giorgia”, crolla la sinistra salottiera di Letta.
R E S E T !
Reset! L’Italia in recessione sceglie la destra sociale di “Io sono Giorgia”, crolla la sinistra salottiera di Letta.
di Carlo Gimmelli
Cronaca di una morte annunciata!
All’alba del 26 settembre, all’indomani delle elezioni più atipiche di sempre, al Nazareno c’era da ore il clima della preparazione degli scatoloni da sfratto esecutivo, poca, pochissima voglia di parlare, anche le solite frasi fatte sull’opposizione dura, l’astensionismo, etc., sembravano vuoti esercizi letterari.
Il professor Letta, l’uomo che sussurrava agli elettori prima, per poi affrontarli con gli occhi della tigre poi, è riuscito nell’impresa di portare i lontani eredi del PCI al peggior risultato politico dal 1948, sotto la soglia psicologica del 20% (19,2%), quasi ai livelli del nemico amatissimo Renzi (18.7%) nel 2018 ma con 700.000 voti in meno: difficile fare peggio!
In Toscana, iconica roccaforte rossa, la destra della Meloni ha operato lo storico sorpasso, seppur minimo, ma il dato simbolico del crollo dei consensi del PD in casa propria fa capire che è davvero finita una epoca, nei collegi uninominali il centro destra si è imposto 10 a 3, una roba impensabile fino a pochi mesi fa.
E nella rossa Emilia non è andata meglio, il partito di Letta ha prevalso di poco ma la coalizione del centrosinistra ha ceduto la maggioranza al centrodestra anche nelle roccaforti, che si è imposto (10 a 6) in quasi tutti i collegi eccezion fatta per il fortino rosso di Bologna e poco altro.
Nel resto d’Italia è stata una Waterloo annunciata, al Sud ha trionfato (inaspettatamente?) Conte che, liberatosi di Di Maio e dei suoi colonnelli, in campagna elettorale si è ripreso le piazze e il partito con punte di consenso del 64% nelle periferie disincantate e aggrappate al reddito di cittadinanza ma anche nel ricco (?) nordest imprenditori e operai hanno fatto fronte comune puntando sulla Meloni che ha doppiato letteralmente PD e Lega.
Difficile anche dire dove non abbia sbagliato l’Henry Potter della sinistra piaciona, dal criticare il Rosatellum, una legge pessima, voluta dal PD, nata nel 2017 per impedire l’exploit dei grillini e limitare la scelte degli elettori , consegnando il paese al potere dei segretari di partito (Letta ha candidato Fiano, il relatore del Rosatellum, a Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado brianzola che è stato quasi doppiato da Isabella Rauti ex Fiamma Tricolore!),alla latitanza dai territori e dalle periferie (specie al sud), dai distretti industriali in stato comatoso (dove la Meloni ha raccolto valanghe di voti, doppiando la Lega), e anche dai grandi serbatoi elettorali storici della sinistra.
Anche e soprattutto improntare l’intera campagna elettorale su una mera questione di scelta tra “noi e loro” con una piatta assenza di programmi o idee che non fossero la immaginifica “agenda Draghi” senza Draghi e la catastrofica prospettiva delle purghe e l’olio di ricino, troppo poco per incantare un elettorato esausto dopo due anni di pandemia e recessione e terrorizzato dall’inflazione e dalle bollette.
In un nostro articolo di qualche mese fa, parlavamo della fluidità del voto e della liquidità dell’ appeal dei leaders 3.0: in quest’ottica il Pd ha bruciato in 15 anni (cioè dalla fondazione) dieci segretari, una media di stabilità imbarazzante, meteore incapaci di intercettare la piazza, burocrati, accademici e finti rottama tori e non è un caso che l’unico che abbia portato a termine il proprio mandato di 4 anni sia stato Bersani, vecchia scuola PCI delle sezioni e del territorio che abbandonò il partito quando cadde nelle mani di Renzi.
La percezione della totale sfiducia nella classe politica si evince dall’ennesimo exploit di un outsider, la Meloni, sebbene in politica da 30 anni, che ha intercettato il malessere della classe medio bassa che ormai fatica ad arrivare anche a metà mese e che, con una opposizione più elettorale che di sostanza ma comunque coerente, ha rinunciato al mucchione draghiano mettendo da parte un tesoretto di crediti che ora, prudentemente, sta cercando di non sprecare.
Il pericolo sta nella collezione di “deus ex machina” provati dall’elettorato nell’ultimo decennio, la Meloni, prima presidente del Consiglio donna in pectore, è solo l’ultima di una serie di figurine durate il tempo di una manovra finanziaria e riposte nell’album.
Lo straripante consenso trasversale e il boom esponenziale di Fratelli d’Italia passato dal 1.8% del 2013 al 26% del 2022 è lo stesso toccato negli anni a Berlusconi, Renzi, Salvini e per, ultimo, ai pentastellati, un consenso potente e volatile, bruciato nello spazio di una legislatura, addirittura, caso Di Maio, qualcuno è passato dal doppio ministero contemporaneo e da capo politico di un partito allo status di disoccupato, seppur di lusso.
Alla vigilia del probabile incarico di formare il Governo, la scaltra “io sono Giorgia” , che sa di essere stata eletta nel periodo peggiore degli ultimi anni, sta tentando di disinnescare le trappole tese dalle cancellerie europee e dall’alleato americano, da sempre ingerente interessato nella politica del Belpaese, e ha adottato la linea della prudenza smussando alcuni proclami della campagna elettorale e seguendo il solco della linea Draghi su Atlantismo, reddito di cittadinanza, bollette, anzi spostando il proprio insediamento dopo il consiglio europeo del 20 ottobre dove andrebbe SuperMario e scegliendo la linea della transizione morbida.
In questa ottica i primi distinguo con i soci di minoranza Salvini e Berlusconi negandogli ministeri “pesanti” e riservandoli, probabilmente, a tecnici o fedelissimi meno urticanti per l’Europa.
Addirittura si sussurra che un Draghi all’economia o ghost spin doctor non le sarebbe affatto sgradito.
Resta il tema di un autunno bollente dove tra il collasso energetico, le aziende al collasso, e l’impossibile scostamento di bilancio per far fronte al caro bollette stiamo ballando dentro la tempesta perfetta e se venisse a mancare la pezzuola calda del reddito di cittadinanza la tenuta sociale del paese sarebbe a rischio e a pagare, come sempre, sarebbero le fasce deboli mai come questa volta al nord come al sud.
Napoli, 6 ottobre 2022