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A Renzi torna il testimone.
di Luigi Antonio Gambuti

Dicono, le malelingue, che a governare l’Europa, negli anni a venire, saranno due donne: Angela Merkel, la cancelliera, e Brigitte Macron, la “premiere dame” francese. Due mature protagoniste della storia politica del momento, destinate a proiettare nel futuro gli effetti del loro impegno nelle istituzioni e nei partiti di riferimento.

La prima, per elezione del suo popolo; la seconda, dicono e scrivono i maligni, per il tutoraggio garantito al più giovane Presidente della Repubblica francese, allevato e cresciuto all’ombra della sua gonnella. La terza, ancora albeggiante tra le balze tempestose della politica inglese impegnata a ricostruirsi una identità dopo l’uscita dall’Europa, è quella che si contrappone a Teresa May. O ci sta tentando, cavalcando l’idea dell’abolizione della Brexit.

Si tratta di Tina Miller , un’emergente che si muove al di fuori dei tradizionali schemi di partito, una outsider che propone riforme e suggerisce strategie per conquistare il potere e riportare la terra di Albione nel ritrovato contesto europeo. Non sarà una novità per gli inglesi, dove il potere al femminile è sempre stato prevalente, dall’eterna Elisabetta regina alla mai del tutto ripudiata Thatcher. Queste, più in vista, le primedonne che si contendono il bastone del comando in un’Europa che ha smarrito-sta smarrendo- la necessaria caratura per contendere e vincere le sfide globali che quotidianamente le vengono lanciate. Sarà, dunque, un’Europa a trazione del tutto femminile? Staremo a vedere, se non lo vedremo noi, lo vedranno i nostri figli . Si è sempre detto e sostenuto che la donna è madre e, come tale, capace di capire e interpretare, più dell’uomo, i segnali che le vengono dal mondo. E’, questo, un augurio che, al di là dell’ironia che può facilmente implementarsi nel discorso, facciamo a noi stessi e a coloro i quali calcheranno le scene della gestione politica europea.

Ma veniamo a noi, alle faccende di casa nostra, se ancora così si può definire la struttura abitativa di milioni di italiani, depredati da potenze economiche mondiali che stanno acquistando a prezzi poco competitivi le eccellenze produttive più rappresentative del paese. Il signor quattrovolteventi s’è ripreso la ribalta. Più ringalluzzito che mai, ha già tracciato la traiettoria del suo impegno nel partito e, a latere, nella gestione del governo prossimo venturo. Una domanda vorrei porre agli italiani e, più precisamente, agli elettori del partito democratico. Cosa è cambiato in quattro mesi per aver decretato un plebiscito di consensi a colui il quale qualche tempo prima lo si era contestato, bocciato e condannato al ritiro dalla pubblica scena? Non si dica che il referendum, per la sua materia, niente aveva a che vedere con il segretario e presidente del consiglio in carica! Renzi bocciato a dicembre è rinato ad aprile e cosi sia.

E allora? Quattro mesi di stallo, o di palude come si va scrivendo, per tenere un paese in attesa, in balia di una cultura (sì, cultura!) politica fatta di inciuci , vendette, proclami e tutto quanto può essere definito come la peggiore conduzione di una comunità civile. Cosa ha convinto milioni di italiani; cosa hanno avuto migliaia di cacicchi e capibastone; cosa è successo perché Renzi fosse ripescato dalla palude in cui era stato relegato, perché lo scenario cambiasse all’improvviso e tutto tornasse come prima? Accese e legittime le rivendicazioni delle primarie portate avanti dai contendenti per la conquista della segreteria del partito. Dei tre già si conoscevano vite e miracoli, come si dice, per avere criteri orientativi su cui operare la scelta. Gli elettori hanno scelto – o riscelto –Renzi ed hanno rilegittimato la sua leadership, chiamandolo a caricarsi dei problemi che investono il paese, più che mai alle prese con la crisi quasi decennale che ha messo in ginocchio sistemi economici, capitali e stili di vita generalizzati. Perchè Matteo Renzi? E perchè quei voti ad Orlando ed Emiliano che pure hanno raccolto consensi di non risibile fattura? A queste domande la risposta è facile, purché ci si impegni a riflettere sulla realtà socio-politica che ci circonda; purché si faccia un giro d’orizzonte sulla scena dei partiti (piuttosto dei “tentativi”di partiti o di movimenti) che infestano la foresta politica che invade le coscienze,motiva le discussioni e raccoglie dissensi e consensi a seconda dei punti di vista dai quali la si pone in osservazione.

Nella confusione di sigle; nella costruzione e de-costruzione di gruppi e di aggregati; nella riproposizione , aggiornata, di vecchie consorterie che la storia ha condannato; nella diuturna schermaglia portata sui social media e sulle testate giornalistiche e televisive, un elemento va tirato fuori e messo a fuoco, per iniziare a riflettere su quali strategie puntare per riportare il paese ai livelli di normale convivenza civile, in una più equa distribuzione di risorse umane e materiali. Un elemento di stabilità e allo stesso tempo di apertura coraggiosa verso il nuovo; una propensione a mettersi in gioco pur col rischio di fallire;una guida forte e autorevole che possa competere con gli attori sulla scena europea e ormai globale per determinare il destino di milioni di persone.

Queste “qualità” il Renzi rottamatore le possiede.  Solo che non pensi più a rottamare; pensi piuttosto a ricostruire, riformare o rifondare il partito e il Paese su criteri nuovi, aperti al noi, aperti alla discussione costruttiva, recuperando la storia, per ripercorrere i sentieri percorsi da coloro i quali ci hanno condotto sino al punto attuale. E faccia pulizia per liberare il cerchio magico dalle ombre della corruzione.

Che serve, allora, al centro con Renzi e in periferia con i suoi referenti elettorali? Poche parole, perchè non basterebbe tutto il giornale. Basta con le rivendicazioni personali, con le vendette trasversali; basta col gioco perverso delle delegittimazioni o con l’apposizione di etichette mal servite per abbassare il consenso sui propri competitori. Ci sia un richiamo alla concretezza dell’agire per risolvere problemi; che si richiami all’umiltà di chi si pone al di sopra di coloro i quali sono cittadini e non sudditi e si parli chiaro:chi sbaglia paga;chi non è capace lasci il passo a chi lo è, per il bene del paese, antropologicamente considerato. E si rimetta in marcia il sistema. Si valorizzi il patrimonio del passato-non si smuovano i sassi per non svegliare le serpi che vi si annidano!- si dia spazio a chiunque voglia portare un mattone per la costruzione della casa comune, giovane o vecchia che sia, calibrando il mattone alle forze e non facendo il contrario. E chi è stanco; chi è fuori del tempo-e ce ne sono tanti-venga aiutato a camminare secondo la forza dei suoi passi e venga ascoltato per quello che può dire. Nel rispetto più assoluto, perchè rappresenta la Storia, non il nulla della odierna rappresentazione. A Renzi va la posta. E agli altri due, recuperati al partito e valorizzati per la bontà delle loro tesi, va l’invito a “tirare la carretta”, come si dice, perchè si arrivi a casa e si porti pane e lavoro; giustizia e salute; cultura e bellezza; pane ed armonia.
E scusate se è poco.

Napoli, 13 maggio 2017