Oggi, la nuova Auschwitz?
Oggi, la nuova Auschwitz?
di Giulia di Nola*
No, non si tratta d’un errore e neppure d’una irriverente disattenzione, ma di un’intenzionale trasposizione di luoghi. Sembra proprio che quanto accade nell’Italia d’oggi, 2016 anni dopo la venuta di Cristo, sia l’eco o meglio la copia, e questa volta non sbiadita, delle condizioni sociali e politiche di Atene descritte da Platone 370 anni a. C. nel suo capolavoro “La Repubblica”.
Similmente, infatti, la realtà italiana presenta da un lato la licenziosità, l’amoralità e la corruzione della classe politica, direttamente proporzionale all’arricchimento della stessa, dall’altro la vessazione di un popolo braccato, stremato e invecchiato dal peso delle tasse, stanco d’essere asservito e raggirato, stanco d’essere stanco e persino stanco di sperare, di sognare un futuro, di lottare e di ribellarsi.
Un popolo che ha assistito allo stupro della sua identità culturale, al quale è stato imposto un irriconoscente straniero che ha avuto non soltanto priorità sulle problematiche già esistenti nel nostro paese (e mai affrontate), ma poi s’è mostrato pericoloso, irrispettoso e volgare nel suo comodo accomodarsi. Un popolo, quello italiano, che ha visto infibularsi il Crocefisso lasciandoselo strappare dai luoghi pubblici perché offensivo verso gli altri credi religiosi, che ha visto il governo dare vita alla più bislacca moltiplicazione delle leggi, come fosse quella dei pani e dei pesci, ma senza esserne sfamato. Un popolo che, in un nanosecondo, ha altresì visto finire nelle tasche di insensibili trafficanti di danaro i sacrifici d’una intera vita; un popolo che non ha visto e non vede soluzione alcuna per i senzatetto e per i senza lavoro.
Parliamo di carità cristiana o di neo-cristianesimo dal sapore artistico? Quale senso ha un comportamento per cui ci si prodiga per i vicini della porta accanto ma in famiglia si adoperano atteggiamenti menefreghisti, violenti e irrispettosi verso i componenti della stessa?
Platone, attraverso una lucida analisi della situazione socio-governativa della sua città natia, conclude il capitolo scrivendo che la democrazia “muore per abuso di se stessa”: l’arbitrio non può, infatti, non regnare sovrano in un paese dove il concetto di libertà è stato confuso con quello di libertinaggio; dove “cattivi coppieri” acquistano le simpatie del popolo “con dosi sempre massicce d’indulgenza verso ogni sorta d’illegalità”; dove “il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato”; dove “i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine”. Ed è così che l’anarchia entra nelle “dimore private e persino nelle stalle”.
No quindi, non è solo semplice malgoverno; si tratta, invece, d’un novello tipo di follia, d’un tipo di Auschwitz, ahimè, tutta italiana!
*filosofa
Napoli, 28 aprile 2017