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L’ottimismo leopardiano
di Giulia Di Nola

Il mondo moderno, portatore di una razionalità formale, tecnico-strumentale, ha decisamente fallito nel suo ambizioso progetto di miglioramento ed emancipazione antropologici.

L’alienazione, la spersonalizzazione, i disagi sociali e la spettacolarizzazione lo dimostrano: dall’ambito politico a quello economico, la moda e il culto del nuovo, invadono qualunque prospettiva.

I mass-media s’impongono sfaldando i nostri punti fermi: tutto è mobile, tutto ambiguo: lo spaesamento, le frustrazioni, la solitudine, l’infelicità sono ciò che resta di questa frenesia attuale. Di fronte alla liquefazione moderna, occorre recuperare il lato funesto dell’esistenza senza smettere di sperare e G. Leopardi, ci fornisce un luminoso esempio quando al dolore, al melanconico pessimismo Egli contrappone la vita reale.

Leopardi, attraverso la poesia, seppe trasformare, infatti, la tristezza e le debolezze umane in forza e amore per la natura riconoscendo e poi riappropriandosi dei limiti che, oggi, sembrano essere stati rimossi dall’idea malata di perfezione e divinizzazione dell’uomo.

Al progresso illimitato che ci ha portati sull’orlo degli abissi, che ha rese di plastica le nostre persone, occorre reintrodurre e reintegrare, specie nelle menti ancora in formazione degli adolescenti, il senso umano della fragilità, l’unico autentico che ci darà modo di accettare la vita nelle sue contraddizioni. E’ uno sforzo titanico, dice Leopardi, ma vale la pena compierlo così “m’è dolce naufragar in questo mare”.

Napoli, 8 maggio 2017