La vera guerra? È quella contro Pacha Mama
La vera guerra? È quella contro Pacha Mama
di Pasquale Falco
La crisi ecologica nasce dalla nostra
separazione da madre natura.
Ogni anello della catena della biodiversità
è minacciato da privatizzazione e mercificazione.
Non superare la soglia.
Conversazioni su centocinquant’anni di ecologia. Che cos’è l’ecologia? Già Haeckel la definiva economia della natura, in fondo questo è: la descrizione dei flussi di materia ed energia, da chi le incamera a chi le consuma, fra cui noi umani. Il pianeta, con il suo contenuto limitato di spazio e risorse, non sembra essere in grado di sostenere una specie, quella umana, che continua a crescere quasi senza freni. Producendo rifiuti e inquinamento come effetti del proprio sviluppo e senza recuperare le materie e l’energia che essi contengono, gli esseri umani stanno causando un impoverimento progressivo delle risorse del pianeta. Ma la popolazione umana può crescere all’infinito? La risposta, probabilmente è no. Scopo dell’ecologia, e anche un po’ di questo libro, è quello di aiutare studiosi e governanti a capire come soddisfare i bisogni umani senza sfidare o rompere i delicati equilibri della natura e le leggi che la governano. Le parole ecologia ed ecologico sono entrate nel linguaggio comune per indicare le cose più svariate, in generale cose buone e sante: la benzina ecologica, le patate ecologiche, la casa ecologica, al punto che molti si sono dimenticati l’origine vera e il significato di ecologia. Le mode e le leggende, peraltro, non bastano. Il discorso deve farsi più rigoroso e prendere le mosse dal fatto che il nostro pianeta è un serbatoio di materia grandissimo ma non infinito. Se non lo si governa con attenzione e intelligenza arriverà il momento in cui il cibo stesso verrà a mancare con rischio di scomparsa di tutte le specie. Eppure la cosa sembra non interessare i potenti della terra. Questo testo, di genuina biologia ed ecologia, può aiutare a capire come soddisfare bisogni umani, vitali, senza sfidare le leggi che la natura impone e che non possono essere violate. Un piano energetico ha senso se si comincia a stabilire quali merci e servizi si vogliono rendere accessibili ad una comunità e solo dopo si può decidere con quali forme e fonti di energia è bene fabbricarli e renderli disponibili ai cittadini con vantaggio per l’economia, per l’occupazione e per l’ambiente. Senza un simile piano, nato dalla capacità di pensare al fu- turo di un paese e dei suoi abitanti, tutto resta al livello di chiacchiere, fertile terreno per speculazioni e frodi.
La terra ha i suoi diritti.
La maturità di una persona si evince se ha creato un sistema di coerenze tra sapere e fare, che responsabilizzi le persone ed eviti le diffuse sindromi di NIMBY, not In My Back Yard, tradotto in non nel mio cortile e DAD, decido/annuncio/difendo. In “La terra ha i suoi diritti”, intervistata dal giornalista francese Astruc Lionel, Vandana Shiva “una delle sette femministe più potenti del mondo”, ci dice che: “La crisi ecologica nasce dalla nostra separazione da madre natura. Ogni anello della catena della biodiversità è minacciato di privatizzazione e mercificazione”. La nota attivista politica e ambientalista indiana, in questo libro ci guida in un lungo viaggio, intorno al mondo, per conoscere la battaglia per la sovranità alimentare che aggrega persone, gruppi, associazioni intorno a una vera sfida in favore della democrazia. In un secondo momento rievoca la sua pluridecennale e pacifica lotta civile che l’ha resa influente in tutto il pianeta. In queste pagine, Vandana Shiva ci fa capire che la difesa dei diritti della Terra indubbiamente contribuisce alla difesa dei diritti umani, questione centrale per l’oggi.
Decolonizzare l’immaginario.
Ci hanno detto che per occuparci della nostra società, del nostro futuro, bisogna essere economisti o giù di lì. Ma prendere la nostra vita nelle nostre mani significa semplicemente assolvere alle nostre funzioni di cittadini sovrani come prescrive l’articolo 1 della Costituzione. In realtà non bisogna essere economisti per capire che crescita, produttivismo, mercantilismo, gigantismo, individualismo, conducono a iniquità, guerre, sopraffazione, infelicità, esaurimento delle risorse, degrado ambientale e planetario. Al contrario, più si è impregnati di concetti economici, meno si vede. Perché l’economia mercantilista è il problema. Non si vede con gli occhi, ma col cervello e per vedere veramente bisogna avere la mente sgombra dai condizionamenti. Decolonizzare il nostro immaginario significa liberarsi dalle scorie mercantiliste per permettere ai nostri sensi di vedere e sentire ciò che veramente succede e soprattutto per permettere ai nostri valori di uscire in libertà per costruire un’altra società. L’invito che ci rivolge Serge Latouche in questo affascinante libro intervista è a decolonizzare l’immaginario. Non è facile in questa specie di Trump Show nel quale a volte si ha la forte sensazione di essere stati inseriti e fatti crescere a nostra insaputa. In altre parole, occorre destrutturare la miriade di pensieri di cui siamo stati permeati e che si sono strutturati in azioni e comportamenti. In effetti, la vera vittoria di questo sistema vigente è trasformare i cittadini in ingranaggi della grande macchina totalitaria, poiché un totalitarismo come l’attuale non si è mai avuto nella storia dell’uomo. Questo sistema è in grado di infettare ogni aspetto dell’umano: dalla coscienza alle azioni. Allora occorre decolonizzarlo questo immaginario imposto da un’ élite che ha trasformato la nostra umanità in merce, per poi costruirne un altro tutti insieme avendo come fine il bene comune.
Napoli, 8 dicembre 2020