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La Nascita del Giornalismo Politico
di Vittoria Caso

Oggi che sappiamo quanto potere ha la stampa, possiamo valutare, meglio di quanti ci hanno preceduto, le trasformazioni della vita della stampa periodica nel 1799, con l’avvento della Repubblica Napoletana.
Prima, infatti, del 1799, come attesta Nino Cortese, i periodici, hanno lo scopo di“divulgare le nuove teorie scientifiche e politiche”; riportano, infatti, notizie di paesi esteri, oltre che di cultura e di pubblicità per elevare il livello civile e culturale dei lettori; la politica, però, è esclusa perché “peccaminosa”.

Il 23 gennaio 1799, un mese dopo la fuga di Ferdinando IV in Sicilia, il generale Championnet entra trionfalmente a Napoli, e con un editto, il 24 gennaio, incita i napoletani a godere della libertà:
“Napoletani! Siete liberi! Se saprete godere della libertà, la repubblica francese troverà nella vostra felicità un largo compenso delle sue fatiche”. Il governo, per quanto provvisorio, nel dare ordine alla repubblica, il 5 febbraio, sancisce la libertà di stampa. Il comitato di polizia assieme al libero voto e alla libera censura offre la possibilità ad ogni cittadino di “dare alla luce le sue produzioni, senza bisogno di revisione alcuna” anzi, laddove lo stampatore indica il proprio nome ed il luogo della tipografia, il cittadino può anche evitare di apporre il proprio nome.
Chi può negare che la libertà di stampa sia sicuramente una delle maggiori garanzie dei principi alla base della democrazia e della civiltà? Qualcuno potrebbe obiettare che in una città come Napoli, che toccava alte vette di analfabetismo, la libertà di stampa era avvertita come necessità solo da un’èlite, desiderosa probabilmente di riprendere l’attività interrotta, ma ciò non toglie che la libertà d’espressione è un bene prezioso, è un valore, la cui conquista è sinonimo di progresso. Progresso e democrazia certamente non sono mete che si conquistano facilmente ma gradualmente.
Infatti, Aniello Nobile, che insiste per ottenere l’abolizione della privativa di stampa, purtroppo, come conferma Nino Cortese, è condannato a morte assieme al Sangiacomo, il 15 gennaio 1800, durante la reazione borbonica. Il 29 gennaio, dunque, il governo annuncia la pubblicazione di un Monitore e il 2 febbraio è pubblicato il primo numero del “Monitore Napoletano”, per i tipi di Gennaro Giaccio, la cui redazione è affidata a donna Eleonora. Se tale incarico, le è affidato per i suoi meriti patriottici oppure perchè rimasta fuori dal governo provvisorio, non c’interessa, piuttosto, a noi preme rilevare che tre giorni dopo, il 5 Febbraio, è ufficializzata la concessione della libertà di stampa. Sono le autorità governative a finanziare la stampa attraverso due forme: l’acquisto di copie distribuite gratuitamente; la concessione di una sovvenzione.
Il governo repubblicano, tuttavia, si riserva d’intervenire per conferire “plauso alle opere analoghe alla probità dei costumi repubblicani e allo zelo patriottico”, e per “ cura e vendetta di tutte le produzioni sediziose, incendiarie, e pregiudiziali allo spirito e alla morale repubblicana o infamanti e calunniose nei confronti degli onesti cittadini”……………………………..

In verità gli interventi in tal senso del Comitato di Polizia, soprattutto nei confronti della stampa periodica, sono pochi; il 18 marzo è vietato l’uso di “affiggere a guisa di proclami per le pubbliche strade le carte” cioè manifesti coi quali i cittadini esprimono il proprio parere su soggetti di vita pubblica, ribadendo, il 23 aprile, il rigore della legge nei confronti di chi abusi della libertà e ricordando l’obbligo della firma. C’è libertà, quindi, ovviamente non assoluta ma concessa a chi rispetta l’etica della repubblica e di chi la governa. Tale libertà, per quanto vigilata e controllata, è vantaggiosa per la stampa periodica, soprattutto, per la stampa politica, anzi, secondo Benedetto Croce, si celebra, durante la Repubblica Napoletana: “il natale del giornalismo politico”.

Un giornalismo, cioè, che si propone di educare il popolo alla vita democratica, interessandolo alle problematiche della vita sociale, religiosa e politica della nazione in modo che il cittadino, da zoòn politicòn, possa a sua volta ipotizzare soluzioni ai problemi di riorganizzazione e di ammodernamento dello stato. Le ricerche di Conforti, Croce, Beltrani, Lorenzo Rocco, Renzo De Felice, Mario Battaglini, Carlo Capra confermano che tale stampa è feconda d’idee.

Volendo descrivere in sintesi un panorama abbastanza completo, la stampa dell’epoca si può distinguere in tre tipi: stampa di regime (Il Corriere di Napoli e Sicilia – organo del governo); stampa di professione cioè senza impegno politico (i cui promotori sono sia repubblicani sia monarchici); stampa libera e d’opinione – accanto al Monitore repubblicano della coraggiosa e ardente E. P. De Fonseca, sua direttrice, che accompagna la vita della repubblica, altri periodici sono: Il Veditore Repubblicano; Il Vero Repubblicano; Il Giornale Estemporaneo; Il Giornale Patriottico; Il Monitore di F. Lomonaco. Queste pubblicazioni, di breve vita, sanno affrontare i problemi e i fermenti di questo momento storico, assai variegato e incerto, destreggiandosi fra pressioni conservatrici e spirito riformistico, tra critiche e proposte.

Sulla base dei dati esposti e delle testimonianze citate, dunque, l’aria di libertà che durante la Repubblica Napoletana si respira, sicuramente contribuisce a far maturare nelle coscienze, nelle menti e nei cuori i concetti di confronto, collaborazione, proposta costruttiva, critica, dialettica, basilari per ogni stato democratico.

Se la democrazia è paragonabile a un mosaico assai complesso, costituito da tanti piccoli tasselli, la repubblica del 1799 sicuramente e inconfutabilmente è un tassello di questo mosaico, come esperienza benefica di riflessione e di crescita umana, culturale e storica, apportatrice di civiltà e di progresso.

Napoli, 9 marzo 2017