La fantasia diventa realtà
La fantasia diventa realtà
di Martino Ariano
La totipotenza è la proprietà di una singola cellula staminale di svilupparsi in un intero organismo e persino in tessuti extra-embrionali.
Vedo sempre più persone in giro, che si sentono obbligati a vivere da totipotenti come fossero esseri staminali.
Ecco il punto!
Lasciatemi abitare la vita ponendomi semplicemente accanto alle persone, agli affetti e alle cose, senza la pretesa di essere un essere superiore e di avere in mano tutte le soluzioni a tutti i problemi.
È pur vero, però, che questa maledetta crisi socio/economica ci ha costretti a vivere in uno sporco mercato competitivo, che non premia più solo chi è in grado di raggiungere il maggior profitto, ma chi è capace di sfruttare al meglio tutte le risorse di cui dispone.
Fino a quando, nel mondo della produzione di massa, ha predominato l’impostazione Taylor/Ford, per risorse si intendevano: le materie prime, i macchinari da lavoro, gli stabilimenti, i luoghi in cui erano situati e il capitale investito.
Cambiamo orizzonte, vi propongo di riflettere sull’unica risorsa illimitata che abbiamo a disposizione: la conoscenza.
Essa ha due qualità, è immateriale e non si consuma, anzi più la usi, più aumenta.
Parlare di economia della conoscenza, non è un’astrazione.
Si calcola che oltre la metà dell’economia mondiale si fonda su beni e servizi ad alto contenuto di conoscenza, mai come ora vedi l’industria farmaceutica, la formazione, la ricerca.
Per non parlare del commercio mondiale, che avviene per gran parte attraverso lo scambio di beni di alta tecnologia ad alta intensità di conoscenza.
Nonostante tutto ciò la società è ferma, l’economia è stagnante.
Zygmunt Bauman, Amartya Sen e innumerevoli altri studiosi hanno denunciato i limiti sociali e ecologici che hanno foraggiato la crescita delle disuguaglianze e che ci hanno spinto verso l’aumento dei consumi di materia e di energia nell’era della conoscenza.
Questi ostacoli sono in contraddizione con le due caratteristiche che abbiamo dato alla conoscenza: immaterialità e immarcescibilità.
Siamo nell’era della conoscenza e allora perché viviamo una crescita/distruzione senza sviluppo?
La risposta potrebbe essere contenuta nell’equazione che misura l’impatto umano sull’ambiente proposta da Paul Ehrlich e da John Holdren, oltre quarant’anni fa: I = P A T.
L’impatto umano sull’ambiente (I) è il prodotto di tre fattori: la popolazione umana (P), l’affluence, ovvero i consumi pro capite (A), il fattore tecnologico (T), ovvero l’impatto ambientale per unità di consumo.
L’era della conoscenza ha infranto le sue promesse, perché il pensiero unico turbo capitalista ha puntato tutto sull’aumento del fattore A, auspicando un incremento del fattore P, tenendo in disparte l’elemento T.
Questo modello di economia di mercato fondata sui consumi individuali, ha generato una crescita distruttiva senza sviluppo, persino nell’era in cui l’intensità di materia e di energia dei beni e dei servizi prodotti tende a diminuire.
Ciò si è verificato in seguito a un meccanismo che gli economisti conoscono molto bene, il paradosso di Jevons.
Lo studioso affermò, nel 1800, che i miglioramenti tecnologici che aumentano l’efficienza di una risorsa possono fare aumentare, anziché diminuire, il consumo di quella risorsa.
L’aumento di efficienza si traduce in una diminuzione di costi e quindi in un aumento dei consumi.
L’economista britannico osservò che l’invenzione in Inghilterra di un motore a vapore più efficiente fece sì che l’utilizzo del carbone diventasse economicamente conveniente per numerosi nuovi usi.
Questo portò a un aumento della domanda di carbone, incrementandone così il consumo globale, nonostante fosse diminuita la quantità di carbone richiesta per ogni singolo processo.
Ma possiamo costruire una società della conoscenza, egualitaria, sostenibile e democratica, per realizzare l’ideale di uno sviluppo senza crescita?
È una domanda retorica, rispondere sì è l’unica possibilità che abbiamo.
Attenzione, però, se scegliamo il sì come risposta dobbiamo fare tre scelte.
La prima è intendere la conoscenza come valore economico.
Permette di sviluppare nuove tecnologie, che ci consentono sempre più sviluppo umano e sempre meno crescita dei consumi di materia e di energia.
La seconda è sostenere un tratto significativo presente nella natura umana: la curiosità, intesa come bisogno di conoscere e di spiegare.
Insomma, produrre assiduamente nuova conoscenza, attraverso la ricerca e la formazione. La terza scelta è di tipo culturale.
Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, coltivare.
Dobbiamo implementare e coltivare un sistema centrato sulla produzione di beni e servizi comuni.
La conoscenza, bene comune, è una risorsa illimitata, immateriale, che favorisce lo sviluppo umano. Mi dispiace per voi, ma dovete rivedere la scala dei valori che vi hanno schiavizzati!
Concludo…solo attraverso la conoscenza potremo raggiungere un sistema economico maturo e consapevole, che non sia anche un’economia di regresso.
Umberto Eco ci suggerisce i tre vertici del triangolo di questa economia: la ricerca, la formazione e l’industria creativa.
Posso aggiungere, la salute fisica e psichica dell’uomo, e poi un quinto, la salute dell’ambiente, e trasformarlo nel pentagono dello sviluppo senza crescita?
È un’economia partecipativa che agisce per il bene dell’altra persona, amandola e aiutandola concretamente ed è aperta alla speranza.
Amen!
Madrid, 7 ottobre 2023