La deliberata arte di censurare
La deliberata arte di censurare
di Martino Ariano
Oggigiorno dove non ci sono più barriere
e dove si è tutti interconnessi, è impossibile
e soprattutto disumano filtrare/limitare
l’arte e la libertà di espressione.
Queste insegne luminose, che all’apparenza sembrano innocue, sono due serie di opere d’arte del duo spagnolo PSJM (Cynthia Viera e Pablo San José).
La prima serie è intitolata “Project Asia” (2006) ed è caratterizzata da scatole luminose (light box) circolari recanti i loghi di 4 delle più famose aziende di calzature sportive – Nike, Adidas, Reebok e Puma – e come testo, “MADE BY SLAVES FOR FREE PEOPLE” (Fatte da schiavi per persone libere).
L’altra serie (2007) è caratterizzata dalla silhouette iconica di Topolino, simbolo della Walt Disney, e reca la scritta “MADE BY KIDS FOR KIDS” (Fatto dai bambini per bambini), che dà il titolo all’intera serie.
Entrambe le serie provocano e criticano in maniera sottile ma tagliente le multinazionali, che basano la loro produzione su una manodopera a basso costo. Queste aziende infatti hanno le proprie filiali di produzione in Asia e America Latina, dove le condizioni lavorative sono pessime, e quindi economiche, e il lavoro minorile diffuso.
Inoltre, queste opere denunciano l’ipocrisia di questi marchi che nei loro slogan promuovono la libertà individuale, ma dietro le quinte praticano lo sfruttamento dei lavoratori.
Opere, con queste premesse, non possono che andare incontro a una delle più note armi, silenziose, della storia: la censura.
Infatti, il Proyecto Asia collocato nella piazza principale della città di Gijón, fu rimosso inseguito alla censura da parte del marchio Adidas.
Nel 2017 venne nuovamente censurato, questa volta a Marsiglia, durante la mostra “Nous sommes foot” presso il Mucem (Musée des civilisations de l’Europe et de la Méditerranée).
La censura in questo caso era dovuta al fatto che la Federazione Francese di Calcio sponsorizzava tale mostra e lo sponsor principale della Federazione era NIKE.
In generale, già solo il fatto che questo duo artistico si presenti come un marchio d’arte, la dice lunga sul loro obiettivo: entrare nei meccanismi del Capitalismo e della produzione di massa in quanto marchio.
E di seguito, sviscerare, analizzare e infine rovesciare dall’interno le strutture stesse di quest’ultimi, senza tralasciare nessun ambito d’indagine, da quello economico a quello ecologico.
Basi concettuali perfette per essere bersaglio di censura.
La storia, però, da qualsiasi punto la si indachi, è piena zeppa di casi che hanno come protagonista la censura, che oscilla tra il proibizionismo e la distruzione.
La censura è trasversale, anacronistica.
Tra i vari tipi di censura la più utilizzata è quella culturale.
Per conoscere tutti i casi di censura culturale basta accedere a The File Room, un archivio online nato nel 1994 grazie all’idea dell’artista Antoni Muntadas.
Ma, nel mondo culturale l’arte resta la più avvezza alla censura, perché per sua natura, intenzionalmente oppure no, smuove le coscienze e le conoscenze, presentandosi come ingrediente principale di scandalo, scontro, critica, ideologie, proteste.
Nel caso dell’arte, la censura risulta essere superflua,
superficiale ma soprattutto invadente,
come ad esempio la pratica di celare i nudi dell’arte antica e moderna con foglie o drappi, vedi:
la Cacciata dei progenitori dall’Eden di Masaccio nella Cappella Brancacci;
Il Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina;
quella costante nei confronti di Caravaggio, che soleva usare come modelle per le sue Vergini delle prostitute;
quella francese e borghese nei confronti dell’Olympia di Manet;
quella della scandalosa Origine del mondo di Courbet.
Per non parlare del Novecento, in cui le dittature, hanno fatto della censura una delle loro armi di propaganda e purificazione, basterebbe ricordare in merito l’esposizione dell’ arte degenerata voluta da Hitler nel 1937.
Nonostante ciò, le Avanguardie hanno dato filo da torcere al pudore e alle ideologie più disparate.
Concentrandoci per un attimo sui casi di censura nel nostro Paese, troviamo due casi molto particolari al limite della follia.
Il primo caso, fortunatamente temporaneo, avvenne a Roma nel 2016 durante la visita diplomatica del presidente iraniano Hassan Rouhani.
Tra i suoi impegni ci fu un discorso in una sala dei Musei Capitolini, in cui sono conservate statue d’arte classica.
Furono quest’ultime, infatti, ad essere censurate, in quanto i responsabili del museo dovettero oscurarle con dei parallelepipedi.
Perché?
Perché il nudo classico fu ritenuto offensivo per l’ospite diplomatico musulmano.
Il secondo dei casi nostrani avvenne a Trieste alla fine del 2018 durante la 50ª edizione della Regata della Barcolana.
Il capo di accusa fu il manifesto realizzato dall’artista Marina Abramovic, in cui si ritraeva con una bandiera recante la scritta “We are all in the same boat”.
Quest’opera fu interpretata dal vicesindaco leghista Paolo Polidori sia come oltraggiosa e provocatoria in quanto la frase riportata fosse un riferimento alla chiusura dei porti italiani voluta dall’allora Ministro degli Interni leghista Matteo Salvini, sia perché la scelta stilistica fu considerata vicina alla propaganda comunista.
Ma se questi casi possono essere considerati deliranti, dovremmo riguardarci anche da una censura a un palmo da noi: quella usata dai Social Network.
Infatti un ALGORITMO, un calcolo matematico, è chiamato a classificare immagini, foto e video, le quali se non rientrano nelle regole della community, vengono oscurate, censurate.
E così un nudo artistico è considerato alla stregua di un’immagine o foto pornografica.
Se in linea di massima può risultare giusto, essendo i social usati da tutti, vi invito a chiederlo a chi con e per l’arte ci vive, ci lavora.
Mi riferisco in particolar modo al caso del Museo di Antonio Canova, che vistosi oscurare alcune foto delle opere di Canova su Instagram, ha ideato un vero e proprio “Manifesto contro la Censura delle Opere d’Arte sui Social” che fa molto riflettere.
Come può l’ARTE, la cui natura si basa sull’espressione, essere privata proprio di quest’ultima?
Perché censurare una cosa, o meglio un’espressione artistica?
Censurare, vietare o semplicemente silenziare un’espressione non fa altro che aumenta l’interesse della cosa stessa.
Oggigiorno dove non ci sono più barriere e dove si è tutti interconnessi, è impossibile e soprattutto disumano filtrare/limitare l’arte e la libertà di espressione.
Anche perché proprio grazie a queste, si ha la possibilità di scambiare opinioni, idee, pareri, gusti e culture; la bellezza, l’umanità e il progresso sta proprio in questo.
Marzano di Nola, 25 agosto 2022