La Cappella Sistina del XXI Secolo. Martino Ariano. Madrid
La Cappella Sistina del XXI Secolo
di Martino Ariano
Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta di opere d’arte contemporanea.
Oggi vi mostro un’opera monumentale dello spagnolo Miquel Barceló.
Chiamata Cappella Sistina del XXI secolo o El Mar consiste in un’enorme tela che ricopre la cupola della Sala dei Diritti Umani e dell’Alleanza delle Civiltà del Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra, Svizzera.
Nel 2007 l’ONU volle restaurare e modernizzare la sua sede storica, per la quale fu richiesto il contributo di tutti i Paesi membri.
La Spagna contribuì presentando il progetto di Miquel Barceló, scelto da una giuria internazionale tra 4 candidati.
Realizzata tra il 2007 e l’estate 2008, fu inaugurata il 18 novembre 2008 con una celebrazione ufficiale.
Dietro quest’opera d’arte di 1.400 m² c’è un impianto ingegneristico in quanto la cupola, che copre una struttura di 934 m², poggia su 737 pannelli a nido d’ape in alluminio e una struttura radiale in acciaio.
È su questi pannelli che è fissata l’opera di Barceló, costituita da una tela poliammidica a cui sono stati applicati, come base preparatoria, due strati di pittura mordente e successivamente 6.000 kg di resina epossidica con fibra di polietilene e silice micronizzata, che successivamente modellati hanno restituito uno sciame di stalattiti.
Per la fase di pittura sono stati necessari 35.000 kg di vernice.
Per l’esecuzione, oltre a Barceló, fu necessaria una squadra di 15 persone.
La cupola rappresenta allo stesso tempo una grotta con migliaia di stalattiti ed un mare spazzato da onde.
L’artista spagnolo riassume in quest’opera la sua idea di mondo, un pianeta-grotta che unisce gli uomini.
La cupola si presenta come un susseguirsi di forme e colori, al cambiare il punto di vista dell’osservatore.
Questo aspetto fu voluto proprio per evidenziare metaforicamente il complesso lavoro del multilateralismo compiuto dall’ONU.
L’opera, oltre al clamore e al successo suscitato dalla sua bellezza ed armonia, sollevò anche molte polemiche, tra le quali quella per i costi (circa 21 milioni di euro per la realizzazione e quasi 6 milioni per il soggiorno a Ginevra dell’artista) e quella per la qualità costruttiva.
La prima fu zittita e resa ridicola dal confronto con il valore economico che detiene sul mercato l’artista. La seconda fu smentita con una nota ufficiale e con una serie di visite ed eventi nella sala.
Ma la cosa che dovrebbe far riflettere è la straordinaria importanza che detiene quest’opera d’arte, non tanto per la location in cui si trova, ma soprattutto per lo stile e le istanze artistiche che porta con sé.
La prima riflessione riguarda l’associazione che si suole fare con la Cappella Sistina di Michelangelo, che a ben guardare risulta forzata e poco attinente.
Ad essere più corrette risultano essere l’associazioni con: la “cappella” con il Ciclo di ninfee di Claude Monet nel Museo dell’Orangerie; la cappella aconfessionale a Houston di Mark Rothko; ma soprattutto con la Grotta paleolitica di Altamira e la Grotta di Nerjia.
Anche perché una delle caratteristiche del lavoro dell’artista spagnolo è la costante ispirazione alla natura, in particolare alle sue forme e al suo divenire, simulati mediante l’uso di un impasto denso, voluminoso e solitamente scuro.
Il Mediterraneo e il mondo africano costituiscono le principali fonti d’ispirazione per l’artista.
Barcelò ha lasciato la sua traccia sul nostro territorio.
Nel 1983 lavorò in un laboratorio sulle pendici del Vesuvio, attratto dalla ricchezza materica di natura vulcanica, che fu la base di molte sue opere.
E testimonianza di questo periodo è l’opera L’ombra che trema, che fa parte della Collezione Terrae Motus della Reggia di Caserta, voluta dal gallerista napoletano Lucio Amelio all’indomani del terremoto del 1980.
Concludo dicendo che nell’arte neo-espressionista polimaterica di Barceló, confluiscono e coesistono armonicamente elementi del Barocco, dell’Art Brut, dell’Espressionismo Astratto Americano, dell’Arte Povera e delle opere degli spagnoli Joan Miró e Antoni Tàpies, elevandolo tra gli artisti contemporanei più originali ed importanti del panorama internazionale.
Nonché l’artista spagnolo più quotato.
La sua arte è un grido forte, energetico, che fa eco a quello della natura.
Un grido difficile da ascoltare, soprattutto per il pubblico generale, ma che bisogna assolutamente cercare di comprenderlo.
Un grido è una delle manifestazioni più forte, istintive e dirette connesse alle emozioni, alle situazioni.
Un grido non è mai fine a se stesso, è un atto comunicativo.
Madrid, 22 marzo 2023