gio 21 NOVEMBRE 2024 ore 08.18
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Impara a correre se veramente vuoi la Pace
di Matteo Tafuro

 

“Un giorno il
denaro ha scoperto la guerra
mondiale, ha dato il suo putrido
segno all’istinto bestiale,
ha ucciso, bruciato, distrutto
in un triste rosario e tutta la
terra si è avvolta in un nero
sudario, e presto la chiave nascosta
di nuovi segreti, così copriranno
di fango persino i
pianeti, vorranno inquinare le
stelle la guerra tra i soli, i crimini
contro la vita li chiamano
errori […] Eppure il
vento soffia ancora, spruzza
l’acqua alle navi sulla prora e
sussurra canzoni tra le foglie
e bacia i fiori, li bacia e non li
coglie”
Francesco Guccini

“A me che importa?”

Questa è la frase che sarcastica campeggia all’ingresso del cimitero del Sacrario di Redipuglia, dove sono custoditi i resti mortali di oltre 100.000 (centomila) militari morti nella Grande Guerra.

Non appena sento parlare di guerra penso subito a Caino e Abele, gli interpreti unici della grande messinscena che è stata la prima grande guerra mondiale, la cui causa è stata sicuramente l’invidia. È possibile ancora parlare di pace?

pace2Ma da che parte dirigo la mia ricerca?

Posseggo più una visione?

Mi sento come un levriero che corre per raggiungere la lepre, io sto sempre un po’ indietro e lei, sempre, un po’ più avanti.

Appena la raggiungo, subito parte un’altra lepre e dovrò correre più velocemente lungo questa traiettoria ellittica che è la mia vita.

Ho rinunciato a tutto per poter vivere liberamente in questo mondo, alla convivialità, alla bellezza, alla cittadinanza, al mio Tutto e mi ritrovo senza eternità e fragile, perché non sono più sostenuto dai miei principi e dai miei desideri.

Il mio mondo è ricompreso solo in ciò che posso fare con le mie forze, mi sento mutevole, manovrabile e adattabile.

Mi sento schiavo dell’onnipresente patrigno, il successo, l’affermazione sociale e la fama a tutti i costi, che vuole il mio bene, ma non è la Pace.

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Ecco il punto, appena inizio a riflettere sulla pace scopro che questo vocabolo nel dizionario è somigliante a tanti altri termini ed allora, proviamo a ricercarne i più strettamente legati.

Don Tonino Bello, ha scritto: “Ebbene, uno dei parenti stretti della pace, o se ci piace l’altra immagine, uno dei colori che compongono il raggio di sole della pace, è lo sviluppo. Dal punto di vista filologico non è difficile descrivere che cosa sia “sviluppo”. È lo srotolarsi di una cosa avviluppata, indistinta, confusa. Sviluppare un’idea vuol dire ampliarla, chiarirla, elaborarla esteticamente. Sviluppare una pellicola o una lastra fotografica significa rendere visibile, mediante opportuni reagenti, l’immagine nascosta, impressa sulla pellicola o sulla lastra. Quando diciamo che il nome nuovo della pace è sviluppo, vogliamo sottolineare che c’è la pace là dove l’immagine dell’uomo viene portata alla luce, viene restituita alla contemplazione, viene tolta dal buio o resa chiara nell’armonia dei colori”.

Quindi lottare per la pace significa liberare l’uomo dalle grinfie del massificante potere predatorio del consumismo, per renderlo di nuovo capace di vedere i colori del mondo.

Non penso certo alle grandi figure del pacifismo, ma mi piace pensarmi come un vegano.

Si avete capito bene! I vegani, che rinunciano a ogni forma di sfruttamento degli animali (per alimentazione, abbigliamento, spettacolo e ogni altro scopo).

Talmente che avverto il bisogno di pace che arrivo a pensare, addirittura, che il latte del mio zuppone mattutino non è destinato a me, ma a un cucciolo.

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Ecco, la mia sete di pace comprende il fatto che voglio vivere senza disumanità verso ogni specie, tanto più verso l’homo erectus.

Il vegetariano rifiuta il sacrificio del prossimo e rimuove da sé le idee degli acconciatori di cadaveri, come definì Plutarco i cuochi.

Il vegano in una meravigliosa scelta di vita fonde la propria vita al resto degli esseri viventi.

Ci vogliono far credere che Bene e Pace arriveranno con l’ossessiva caccia al nemico di turno, è falso! Io non sono un pollo in batteria, posso scegliere! “… Sviluppo è cammino nella direzione dell’uomo: è marcia connotata dal riferimento dell’uomo come criterio assoluto di valori. Progresso, invece, è cammino, è marcia: che, però, non necessariamente segue le coordinate dell’uomo, o, per lo meno, di tutto l’uomo. Tante tecnologie avanzate sono senza dubbio segno di progresso, ma non sono indice di sviluppo. Perché non sono al carro dell’uomo globale, bensì al carro di un gruppo di potere, o di una ideologia, o di un’appartenenza. Le sofisticatissime armi moderne si inseriscono nella logica del progresso, non in quella dello sviluppo perché non favoriscono l’uomo integrale. Le articolazioni scientifiche di una economia che privilegia alcuni popoli e ne penalizza mortalmente degli altri sono espressione di avanzamento, ma non certo di sviluppo…”.

Il vento sta cambiando direzione, cittadini di tutto il mondo unitevi è ora di cambiare passo, non sentitevi schiavi del consumismo anaffettivo senza sosta.

Perché ormai l’affannosa e inconcludente corsa del levriero porta alla distruzione del Pianeta e ci distanzia dalla primordiale idea che la soluzione alle nostre paure sia nella sopraffazione dell’altro.

E allora, sono proprio sicuro che “…il compito supremo che oggi ci sovrasta è proprio quello di batterci affinché ogni segno di progresso porti anche la sigla dello sviluppo, e sul volto dell’uomo, di ogni uomo della terra, risplenda la luce della libertà… e della pace. 

Nola, 4 ottobre 2024