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Il 22 aprile 1970 nasceva la Giornata della Terra. Come crescere senza umiliare le persone?

di MatteoTafuro

 

 

 

“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.” Tommaso Moro

     

Anno Terzo dell’Era Covid19, siete, come al solito, tutti egoisticamente chiusi nelle Vostre solitudini. Attendete il Masterplan che vi diriga lungo la Fase X, dove tutto il popolo dalla libertà costipata troverà le risposte.

Who? (Chi?), What? (Che cosa?), When? (Quando?), Where? (Dove?), Why? (Perché?)

Vivo la mia vita sospesa, nella speranza che sia una parentesi.

Quante volte nel corso del primo ventennio del XXI secolo A.C. (Ante Covid) avete sentito dire: “Dove andremo a finire se continua così?”

O’ viruss, viene fatto nascere a Wuhan città di oltre 11 milioni di abitanti, nella regione dell’Hubei che conta circa 60 milioni milioni di abitanti.

Eccole le nostre megalopoli! Abitate da orde sciroccate di ominidi dalle dita opponibili, che vanno elemosinando l’offerta terminale della globalizzazione, per poter comprare gli ultimi scampoli di felicità.

Tommaso Moro, nel 1516, pubblicò: Dell’ottima forma di Stato e della nuova isola Utopìa. (titolo originale: Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopìa).

Il santo pensatore inglese, nel romanzo, affida la realizzazione della sua visione a Raffaele Itlodeo (Raphael Hythlodaeus), descrivendo il suo viaggio fantastico verso l’isola immaginaria di Utopia. 

Un non-luogo, dal greco ou (non)tópos (luogo).

Nell’isola che non c’è vige un ordinamento politico articolato secondo giustizia e ragione. La parola utopia, quindi, oltre che luogo che non esiste, viene così a indicare anche il buon luogo, una eutopia, da eu (bene)tópos (luogo).

map-utopiaNell’isola di Utopìa, l’occupazione comune a tutti i cittadini è l’agricoltura (quanto servirebbe che molti restituissero le loro braccia all’agricoltura!), per la quale vengono educati sin da piccoli. Oltre a ciò ognuno si dedica ad un particolare mestiere e nel tempo libero si dilettano in studi letterari, così che nessuno venga sopraffatto dalla pigrizia. La guerra è profondamente detestata in Utopìa, poiché viene utilizzata solamente per difendere il territorio, per combattere i nemici che abbiano invaso le terre di amici o allo scopo di liberare un popolo dalla tirannia, poiché i torti fatti ad amici vengono puniti più aspramente che non i propri. Ogni regione o singola città possiede una propria religione, tuttavia esiste una divinità eterna e inspiegabile riconosciuta da tutti chiamata: Mitra. A lui attribuiscono l’origine e la fine di tutte le cose. Chi non è tollerante verso le altre religioni viene punito con l’esilio o la schiavitù.

Credete sempre di essere voi a risolvere tutto, pensate che sia in vostro potere cambiare ogni cosa, avete in testa un modello che volete imporre, salvo poi trovarvi deboli e insicuri, incerti e spiazzati.

Già! A volte ciò che cercate e fate non lascia traccia, ma solo vuoto.

Esiste, oggi, un luogo, dove è possibile raccontare una nuova narrazione del Pianeta Terra, della società e dell’umanità?

Eppure nella sua storia moderna l’umanità ha lottato e manifestato per il mio amato Pianeta, per la mia Gaia. Siamo negli anni settanta. Erano gli anni del presidente Kennedy. Nel 1971 Intel costruisce il 4004, il primo microprocessore della storia, progettato da Federico Faggin. Nasce il consumismo, sull’onda delle prime manifestazioni della globalizzazione.

Gli anni delle proteste contro la guerra in Vietnam.

E’ in quel periodo che nacque l’idea dell’Earth Day, la Giornata della Terra: dalla quale prende il via il moderno movimento ambientalista.

L’intuizione venne al senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson. Dopo aver osservato migliaia di studenti scendere in piazza per manifestare contro la guerra in Vietnam capì che quella era la strada per realizzare una grande manifestazione ambientale a livello nazionale. 

Il 22 aprile 1970 divenne la data in cui celebrare la Giornata mondiale della Terra, nata dall’esigenza di proteggere l’ambiente e le risorse naturali. 

Il movimento, che vide la luce negli Stati Uniti, contò circa venti milioni di cittadini statunitensi che si mobilitarono in una storica manifestazione in difesa dell’ambiente.

Cinquant’anni dopo, siamo in piena crisi climatica e sanitaria e la Giornata della Terra acquista un significato, ancora più profondo.

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Siamo in possesso di tutte le conoscenze scientifiche che ci servono, è chiaro a tutti che l’ antropizzazione del pianeta produce effetti deleteri sul sistema Terra.

È indispensabile, quindi, ripensare il nostro necrocapitalista modello di sviluppo.

E’ diventato fondamentale, per il nostro modello di vita, redistribuire benessere e ricchezza, garantire eguali opportunità e diritti a tutti gli abitanti di questo nostro indifeso pianeta.

C’è bisogno di ritrovare il coraggio e la capacità di trasformare il sogno della costruzione di un’esperienza di economia sociale in un segno concreto di speranza.

Il richiamo è all’ unica cosa al mondo che si moltiplica quando viene divisa: la speranza, il sogno, l’utopia.

Essa è diffusiva, cioè si espande quando viene condivisa, pensate è un’esperienza paradossale, cresce quando viene donata, diminuisce quando è trattenuta.

Forse le difficoltà a diffondersi, dipendono dall’avarizia indotta dal continuo richiamo a una vita dove il risparmio viene vissuto in modo improprio, cioè come una forma d’opportunismo che deve essere compensata dal consumo.

Anche il consumo può andare bene, quando, però, è presentato come l’agire di un roditore che usa cose e persone per compensare le sue frustrazioni, allora quello che avviene è che ci si consuma, cioè si corrode e si erode la base d’umanità su cui dovrebbe edificarsi la libertà come capacità di sperare #aggratis.

La nostra libertà non si specchia nell’uso, ma in ciò che, oltrepassando l’uso, testimonia che la libertà sovrasta il bisogno.

Si tratta della capacità oblativa, che supera la funzionalità.

Oblativa vuol dire essere costruttore di sogni, senza aspettarsi nulla in cambio.

Significa instaurare relazioni lavorative nelle quali ci sentiamo sicuri e quindi non proviamo in modo elevato sentimenti di gelosia e prevaricazioni.

Riconsegnare le nostre utopie a chi le ha smarrite, a questo punto, diventa la meta paradossale di chi desidera affermare sé stesso.

Nella nuova era che si apre, nel nuovo sol dell’avvenire che sorge all’orizzonte voglio sentirmi come una piccola vela contro un uragano, perché con quel poco che ho, voglio gustare l’infinito, l’inimmaginabile, l’incalcolabile.

Voglio essere come il figlio di Madonna Pica, il mio amato Francesco: “… restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi…”.

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 Napoli, 22 aprile 2024